23 novembre 2024

Viaggio nello studio di Thomas Hirschhorn a Parigi, in cui l’arte risponde alla storia

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In preparazione della sua imminente mostra da Chantal Crousel, Thomas Hirschhorn ci apre le porte del suo studio di Aubervilliers, dove la storia dell’arte dialoga con i conflitti del presente

Thomas Hirschhorn, Studio Visit, Aubervilliers, Parigi, 2024, ph Elisabetta
Thomas Hirschhorn , Studio Visit, Aubervilliers, Parigi, 2024, ph Elisabetta Pagella

Svizzero di nascita (Berna, 1957) ma trapiantato a Parigi da più di 40 anni, Thomas Hirschhorn ha il suo atelier ad Aubervilliers, comune a nord-est di Parigi, che negli ultimi anni ha vissuto un’importante rivalutazione non solo edilizia ma anche sociale e culturale. Proprio qui è nato, nel 2020, POUSH, spazio industriale adibito alla creazione che, ad oggi, conta più di 270 studi d’artista.

Per raggiungere il posto, probabilmente a causa di errori di percorso di visitatori precedenti, il suo assistente Marc invia le indicazioni per raggiungere lo studio in pieno stile dell’artista: sempre lo stesso font in grassetto nero – o rosso per le informazioni più importanti – con una mappa dettagliata. Da Parigi si deve prendere la RER, treno che generalmente ti porta in aeroporto, facendo ben attenzione a non prendere il diretto per Charles de Gaulle, e in poco meno di mezz’ora si arriva alla stazione di destinazione. Fatti due passi a piedi ci si ritrova davanti all’atelier di Hirschhorn.

Una porta bianca in pvc senza maniglia e alla sua sinistra una buca delle lettere. Nome e indirizzo non sono incisi su una targa ma scritti su un pezzo di carta plastificato con del nastro adesivo, marchio di fabbrica dell’artista. Il foglio ha già preso un po’ d’acqua ma, attorno, una cornice di nastro adesivo grigio ben ritagliato ne preserva lo stato precario. Suonato il campanello arriva lui ad aprire con un gran sorriso e comincia subito a raccontare la nuova serie di opere a cui sta lavorando. Il suo studio sembra una piccola azienda, un po’ come quelle a conduzione familiare che tirano avanti nonostante il progresso e le multinazionali con il fiato sul collo. Lo spazio principale è enorme e ospita tutte le sue ultime produzioni e quelle a cui sta ancora lavorando.

Thomas Hirschhorn, Studio Visit, Aubervilliers, Parigi, 2024, ph Elisabetta Pagella

Si comincia con i lavori per la sua prossima mostra alla galleria Chantal Crousel, dal titolo LAST CHANCE: What can we learn from History of Art, for today’s understanding? (visitabile dal 23 novembre 2024 al 18 gennaio 2025). Infatti, la prima cosa che ci dice Hirschhorn è: «History has failed», la storia ha fallito.  E come biasimarlo. Basti pensare al conflitto Russia-Ucraina, l’invasione del Libano da parte di Israele o lo sterminio del popolo palestinese. Si guarda al passato ma non ne traiamo insegnamento, o meglio, il passato lo conosciamo male e lo utilizziamo come capro espiatorio per discostarcene. Ma è finzione. Quello che invece Hirschhorn vuole dimostrare con i suoi nuovi lavori è il potere della storia dell’arte: far sì che le opere d’arte e ciò che simboleggiano e trasmettono possano rispondere ai conflitti territoriali e alle loro rivendicazioni.

Thomas Hirshhorn, Studio Visit, Aubervilliers, Parigi, 2024, ph Elisabetta
Thomas Hirschhorn, Studio Visit, Aubervilliers, Parigi, 2024, ph Elisabetta Pagella

Questa nuova serie si ispira alle military plaques, placche generalmente in legno che negli Stati Uniti vengono donate ai militari a fine carriera come onorificenza. Hirschhorn però sottolinea che non è un’onorificenza ufficiale ma un dono che qualsiasi figura vicina al militare può regalargli. Così, partendo dall’estetica delle pubblicazioni Instagram, l’artista intende realizzare questa nuova serie di 20 opere definite Art-History-Plaques in cartone e costituite da più strati, in modo da rendere la struttura più spessa a ricordare le placche onorarie militari. Ci addentriamo nella nuova serie creata per l’imminente inaugurazione parigina.

Thomas Hirshhorn, Studio Visit, Aubervilliers, Parigi, 2024, ph Elisabetta
Thomas Hirschhorn, Studio Visit, Aubervilliers, Parigi, 2024, ph Elisabetta Pagella

Hirschhorn ha scelto l’opera Returning from the Execution (1937) di André Masson, lavoro che conosce molto bene. Proprio quest’anno in occasione dei 100 anni del Surrealismo il Centre Pompidou aveva dedicato una mostra monografica a Masson e l’artista svizzero ne aveva dato una sua rilettura contemporanea considerandola una “fantastica critica dei tempi in cui viviamo”. L’opera raffigura una terra incandescente su cui giace un cadavere ai piedi di un mulino in fiamme, circondato da un corteo di figuranti della Guardia Civil e da un asino che ci guarda e sembra gridare. Così l’artista attualizza il lavoro ponendo l’opera all’interno di un dm di Instagram sotto forma di botta e risposta. “WHAT CAN WE LEARN FROM HISTORY OF ART FOR UNDERSTANDING OUR WORLD?” E la risposta è semplice: “WE CAN LEARN THAT EVERYTHING COUNTS, THAT EVERYTHING IS IMPORTANT THAT EVERYTHING CAN GET IMPORTANCE, THAT NOTHING IS UNIMPORTANT!”. I personaggi in primo piano si guardano tra loro senza far caso al cadavere sullo sfondo o al mulino in fiamme, così fa la società d’oggi, che giudica da lontano noncurante di ciò che vede ogni giorno tramite uno schermo.

Thomas Hirschhorn, Studio Visit, Aubervilliers, Parigi, 2024, ph Elisabetta Pagella

Proseguendo tra i tavoli da lavoro, incappiamo nell’opera che lui dice, scherzando, di aver realizzato «For the Italians», l’affresco tratto da ciclo delle Storie di San Francesco di Giotto The Renunciation of Property (1295-1300), conversato nella Basilica Superiore di Assisi. Qui la risposta è semplice: “PERSPECTIVE”. La prospettiva giottesca non è solamente architettonica e formale, è una questione di sapersi posizionare. Inoltre la scelta di utilizzare la scena in cui San Francesco rinuncia ai beni terreni sicuramente è un indice di quanto la società contemporanea guardi sempre più alla ricchezza e sempre meno a un atteggiamento caritatevole.

Per la mostra da Chantal Crousel, Hirschhorn preannuncia un allestimento fitto: nella sala principale verranno esposte le 20 Art-History-Plaques molto vicine l’una con l’altra, mentre nella stanza adiacente, più piccola, realizzerà una versione ridotta della medesima ricerca con la possibilità di poter toccare alcuni fogli per capire la consistenza del materiale che è sempre lo stesso: cartone.

Se nella parte sinistra dello studio abbiamo i lavori in corso d’opera, dall’altro lato si trovano tutte le installazioni di grandi dimensioni appena rientrate da mostre passate o in partenza per le prossime. Model for a Monument è un lavoro di grandi dimensioni, circa 3,60 x 2,40 metri, il primo di cinque o sei versioni che seguiranno. La sua nascita deriva dal lavoro 10 Years Gramsci Monument, in cui per celebrare un suo precedente intervento dedicato a Gramsci, del 2013, realizzato con la comunità Forest Houses nel Bronx, aveva realizzato un modellino che, ora, è parte della collezione della Dia Art Foundation di New York.

Da questa idea è giunto al concetto più generico di monumento: «Il fatto che i monumenti vengano distrutti, danneggiati, smantellati o semplicemente trasformati in rovine esiste da quando i monumenti sono stati costruiti. (…) i monumenti che devono cadere sono quelli che sono stati eretti per celebrare tiranni, dittatori, oppressori, ma anche tutti quegli individui che hanno iniziato azioni, magari originariamente straordinarie, che in un modo o nell’altro hanno esercitato una violenza che oggi è semplicemente diventata ingiustificabile (ma lo era già in passato). Inoltre, la mia posizione artistica è sempre stata definita dall’affermazione che solo un monumento eretto per amore può durare per sempre».

Thomas Hirschhorn, Studio Visit, Aubervilliers, Parigi, 2024, ph Elisabetta Pagella

Così, in Model for a Monument il monumento viene rappresentato nella sua versione distopica, nel momento della sua caduta. Esposto a POUSH ad aprile 2023 il lavoro era accessibile al pubblico e inoltre Hirschhorn aveva lasciato ai visitatori tutti gli “strumenti” per scrivere, disegnare e incollare sul suo stesso modellino o anche per distruggerlo, appunto. L’area dedicata al lavoro è diventata anche un salotto di discussione, chiunque poteva parlare con l’artista, decidere di organizzare forum e aprire dibattiti di confronto. L’installazione verrà rinnovata e presentata nuovamente in una mostra nel nord della Francia, l’anno prossimo.

Quest’anno il Musée Précaire Albinet compie 20 anni. Realizzato da Hirschhorn nel 2004, su invito del Laboratoires d’Aubervilliers, questo lavoro «Non è un progetto socio-culturale ma un’opera d’arte», ha tenuto a sottolineare l’artista. Al tempo, infatti, Hirschhorn era riuscito a portare nel quartiere di Landy un “museo precario” in cui vennero esposte le opere più celebri della storia dell’arte del XX secolo, di autori del calibro di Kasimir Malevich, Salvador Dali, Le Corbusier, Piet Mondrian, Fernand Léger, Marcel Duchamp, Joseph Beuys e Andy Warhol.

Il lavoro è stato seguito e supportato dal Centre Pompidou e dal Fond National d’Art Contemporain, coinvolgendo le persone del quartiere nelle diverse fasi del progetto. Così in occasione dell’anniversario Hirschhorn ha desiderato ricordare quest’opera d’arte “precaria” tramite la realizzazione di una maquette. La miniatura dello spazio include non solo la mostra ma anche le persone che hanno vissuto il luogo stesso. Hirschhorn ha riprodotto svariate fotografie in cui si vedono le persone che costituiscono quel luogo e che hanno lavorato e contribuito alla sua nascita. Tra le immagini, mi segnala un ragazzo che grazie a quell’esperienza ha iniziato a collaborare con il Beaubourg e vi lavora tutt’ora.

Thomas Hirshhorn, Studio Visit, Aubervilliers, Parigi, 2024, ph Elisabetta
Thomas Hirschhorn, Studio Visit, Aubervilliers, Parigi, 2024, ph Elisabetta Pagella

Presentata durante una delle giornate europee del patrimonio a settembre 2024 davanti a Cité Albinet, per la ricorrenza è stato allestito uno spazio che ha accolto i visitatori offrendo un denso programma di talk, mostre, video d’archivio, distribuzione gratuita di cataloghi, rinfreschi e musica. Così l’artista ha voluto dimostrare la capacità di creare e conservare una memoria collettiva nel tempo, nonostante la fragilità e l’immanenza dell’opera stessa. L’opera è stata acquistata dalla collezione del Centre Pompidou che ha aiutato la stessa realizzazione e così ha conferito anche nuovi fondi per lo sviluppo di questo spazio collettivo.

Thomas Hirshhorn, Studio Visit, Aubervilliers, Parigi, 2024, ph Elisabetta
Thomas Hirschhorn, Studio Visit, Aubervilliers, Parigi, 2024, ph Elisabetta Pagella

Il giro allo studio si conclude con una visita al piano di sopra, negli uffici, in cui è conservato l’archivio cartaceo di Hirschhorn, con tutti i progetti e una serie di opere che ha deciso di tenere per il suo archivio personale e che provengono dalle varie serie su cui ha lavorato negli anni. «Voglio insistere sul cartone», dice. La sua ricerca vuole continuare a esplorare questo medium e la domanda più che lecita, vista la fragilità, è perché. Oltre a una piacevolezza estetica, Hirschhorn “insiste” perché adora il materiale, è facile da lavorare, è leggero, efficiente, «Offre più possibilità» e intellettualmente le persone capiscono il suo intento. Tutto è iniziato dalla facilità con cui è riuscito a reperirlo sulle strade. In alcuni quartieri, vicino ai negozi, il cartone viene gettato, quindi per un giovane artista si è rivelata la soluzione più immediata per esprimersi senza alcun dispendio di soldi.

Thomas Hirshhorn, Studio Visit, Aubervilliers, Parigi, 2024, ph Elisabetta
Thomas Hirschhorn, Studio Visit, Aubervilliers, Parigi, 2024, ph Elisabetta Pagella

Davanti a un buon caffè, fatto rigorosamente con la moka, la nostra chiacchierata si conclude.

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