Nashira. Come la stella della costellazione del Capricorno, come la parola araba che preannuncia una buona novella. E di buona novella si tratta, in effetti, se l’obiettivo è uno spazio per l’arte contemporanea. Ed eccola la nuova galleria in centro a Milano, all’ombra dei bagolari di via Vincenzo Monti (ve l’anticipavamo a novembre qui): una realtà intergenerazionale, dove i maestri di una collezione di famiglia, la Collezione 54, si incontrano e dialogano ad uno ad uno con gli artisti emergenti del presente, senza limiti di tempo, di cultura, di medium, di geografia. Né di luna, né di congiunzioni astrali. Si parte con Profezia, in scena fino al 24 febbraio.
Nashira Gallery si propone come nuovo punto di riferimento in città per l’arte contemporanea. Qual è il vostro legame con Milano? Perché l’avete scelta come quartier generale?
«Milano ci è sembrata la scelta più naturale innanzitutto perché è già la sede della Collezione 54, il progetto parallelo con cui collaboriamo e organizziamo le esposizioni collettive. La città inoltre ci rispecchia per la vivacità e per l’internazionalità delle proposte – sia delle altre gallerie d’arte che come noi vivono la città, sia per i settori della moda e del design. Ci piace l’idea, in futuro, di poter creare dei network culturali con le altre realtà e gli altri mondi. Senza dimenticare poi che Milano è sede di alcuni musei unici in Italia come Hangar Bicocca o Fondazione Prada».
L’obiettivo sembra chiaro: creare un dialogo continuo, un incontro, una relazione intergenerazionale, senza limiti di medium né di categoria. Come selezionate gli interlocutori di questo scambio – gli artisti delle vostre esposizioni?
«Ci piace essere aperti agli artisti di tutte le generazioni, nazionalità e medium, esatto. Questo spirito di totale apertura rispecchia le nostre personalità. Essendo un gruppo di più persone, la selezione degli artisti nasce spesso dal dialogo tra di noi, da incontri casuali durante la visita di mostre, da studio visit, da suggerimenti di altri artisti e anche da ricerche sui social. Instagram per esempio è un ottimo canale di informazione e scoperta. Come è giusto che sia, la proposta di una mostra all’interno del nostro spazio nasce, però, da una serie di incontri e discussioni con l’artista stesso. Senza il giusto feeling non è possibile cominciare un percorso di crescita insieme».
Si inizia così con la mostra Profezia, in scena fino al 24 febbraio. Ce la introduce brevemente?
«Profezia è una collettiva in cui opere della collezione privata, Collezione 54 – di cui fa parte il video di William Kentridge Waiting for the Sibyl che dà il titolo alla mostra – dialogano con quelle di artisti emergenti, in questo caso Andrea Grotto e Andreas Zampella. Nell’esposizione, anche attraverso l’allestimento, abbiamo cercato di amplificare l’immaginario del video di Kentridge grazie alle opere degli altri artisti Kutala Firmino, Wim Botha, Mafafo Kimathi (tutti della Collezione 54) e di Grotto e Zampella. É una mostra che vuole riflettere in chiave contemporanea sulla figura del profeta.
A questo proposito, chi sono i profeti del presente?
«Sono tutti quegli artisti, non solo visivi, che attraverso le loro opere aprono a chi li guarda nuovi mondi e riflessioni».
Diamo uno sguardo più ravvicinato all’esposizione, allora. Tre opere emblematiche in mostra?
«Sicuramente il già citato video Waiting for the Sibyl di William Kentridge: sulle pagine di un dizionario si susseguono, in un vorticare di colori in cui domina il blu cielo, disegni di danzatrici, oggetti quotidiani, alberi, frasi e motti legati alla libertà e alla censura, con alcuni volti tratti dal Giudizio universale di Michelangelo che appaiono bendati. Grazie anche all’accompagnamento di una colonna sonora unica in cui la voce femminile prevale, Waiting for the Sybil è senz’altro uno dei capolavori di William Kentridge e rappresenta una riflessione del grande autore sudafricano sul tema dei profeti e della censura. Poi menzionerei Sul blu d’inverno avvolti da uno spazio profondo, un’opera su più livelli di Andrea Grotto, quattro cappotti i cui colori vogliono rappresentare il colore del cielo dei mesi invernali. La fodera di ciascun capo inoltre presenta una grande mappa di costellazioni e un ricamo eseguito a mano, frutto della rielaborazione di quattro iconografie della tradizione ermetica sulla creazione del cosmo. L’artista come creatore di mondi. Per finire, è giusto citare l’opera che chiude la mostra, Applausi di Andreas Zampella: una pittura in argilla e grafite su tela. Mani che applaudono sé stesse e lo spettatore. Un ringraziamento per tutti quelli che sono venuti a trovarci in questa nostra prima mostra».
E non si tratta solo di una mostra, tra l’altro, Profezia è stata anche un’occasione di team building…
«Una mostra, a nostro avviso, non si esaurisce con l’esposizione delle opere, ma deve vivere e creare momenti di partecipazione per tutta la sua durata. Per questo il 26 gennaio, in occasione della giornata della memoria, abbiamo voluto invitare Filippo Riniolo a realizzare la sua performance Selezioni. Lo stesso artista ha poi realizzato un team building dal titolo Pre/Vedere sul tema dei profeti moderni, partendo da una rilettura e riflessione dell’Odissea di Omero. Gli ottimi risultati ottenuti da questo primo episodio – condotto in questo caso con la società medica Denti e Salute – ci hanno confermato, come già credevamo, che l’arte può tornare a essere un mezzo attivo per la crescita sociale e culturale»
Che cosa racconta di Nashira Gallery e della sua futura linea curatoriale questa prima mostra?
«Nashira Gallery è un progetto in continua crescita ed evoluzione. Di base alterneremo mostre collettive a tema, in cui opere della Collezione 54 dialogheranno con le opere degli artisti che proporremo ai nostri collezionisti e che avranno nei mesi successivi delle personali nei nostri spazi. Per esempio posso già anticiparvi che rimarrete stupiti su come cambieranno i nostri spazi, da metà marzo con la personale di Andreas Zampella. Mentre a giugno seguirà la mostra di Andrea Grotto. Sono entrambi due artisti in cui crediamo molto e che ci stanno regalando dei bellissimi progetti di mostra che non vediamo l’ora di condividere con voi».
Per concludere: il vostro buon proposito per il 2023.
«Regalare emozioni uniche a chiunque ci verrà a trovare».
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