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Nico Vascellari chiude il ciclo d’incontri al Teatrino di Palazzo Maffei di Verona
Arte contemporanea
Il sole del primo sabato di primavera non ha scoraggiato la platea del Teatrino di Palazzo Maffei, a Verona, prima della pausa estiva. A ottobre si riprenderà con il Direttore della Quadriennale di Roma, l’artista Gian Maria Tosatti, che ha rappresentato il nostro Paese alla scorsa Biennale d’arte di Venezia.
L’ultimo protagonista, Nico Vascellari, introdotto dalla Direttrice della casa-museo Vanessa Carlon e dai curatori Roberto Lacarbonara e Pier Paolo Pancotto, ha mantenuto la “suspence”, commentando dopo la visione di due video la sua vittoria del Premio istituito nel 1969 dalla famiglia Pascali (a un anno dalla scomparsa di Pino), e presieduto inizialmente da Palma Bucarelli, nonché attribuito a Vincenzo Agnetti, Vettor Pisani, ai fratelli Chapman, Natalie Djuberg, Jannis Kounellis, Zhang Huan, tra gli altri.
Due video, quelli proposti al pubblico veronese, «L’uno il complemento dell’altro», ha sottolineato Vascellari, classe 1976. Il primo DOOU (2020) è stato girato in diretta sui social durante l’ultimo giorno del lockdown pandemico, quando l’artista ha ballato e vocalizzato ininterrottamente per 24 ore la frase: I trusted you. Il secondo video, VIT – Visita Interiora Terrae del 2021, è invece quasi un cortometraggio, perturbante per l’artista stesso, narcotizzato, totalmente incosciente e trasportato, da un elicottero, per oltre mezzora, su di un panorama boschivo.
«È la Foresta del Cansiglio – precisa l’artista di Vittorio Veneto – dove lavorava mio nonno, morto un anno prima che io nascessi». Un dato anagrafico e affettivo che non ammansisce la struggente brutalità di VIT. «È un video che ancora oggi non guardo volentieri. Era una situazione illegale e molto stressante; ho sofferto di ripercussioni fisiche nei mesi successivi», ricorda l’autore. Tra le suggestioni dell’opera, La Dolce Vita di Federico Fellini, con il Cristo trasportato da Milano a Roma in elicottero, il cui frastuono assordante acuisce il pathos, così come nell’opera di Vascellari. «Volevo simboleggiare la solitudine – chiarisce l’artista -, quella de Il Viandante davanti al mare di nebbia di Caspar David Friedrich, in cui l’Uomo, nonostante la sua piccolezza, si staglia ancora con orgoglio davanti alla Natura».
Natura che l’Essere Umano contribuisce a mettere a repentaglio al punto di rendere necessario il proprio intervento successivo, come nel caso dei grandi mammiferi, anestetizzati e trasportati da un luogo all’altro per scongiurarne la scomparsa. Relazione, quella ancestrale tra elemento umano e naturale, che resta al centro della ricerca di Nico Vascellari ed è tra le motivazioni della sua vittoria del Premio Pascali, concretizzatasi nella mostra in corso fino al 9 aprile al Museo di Polignano a Mare (BA), produttore e acquirente dell’intervento installativo inedito Tre, Quattro Galline.