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Nuns+Monks. Ugo Rondinone in mostra a Roma
Arte contemporanea
(Tratto da una storia vera)
“Nel mezzo della crisi causata dall’AIDS, ho voltato le spalle al mio dolore e ho trovato un barriera di protezione spirituale nella natura: un luogo di conforto, di rigenerazione e ispirazione. Quando entriamo nella natura accediamo a uno spazio dove sacro e profano, mistico e secolare, si riverberano l’un l’altro”. Era il 1988 quando Manfred Kirchner, a quel tempo partner di Ugo Rondinone, morì a causa di una malattia correlata all’AIDS.
Trentadue anni dopo ci troviamo nel pieno di un’altra emergenza sanitaria in cui tutto è rilevante e irrilevante al contempo. Ma proprio quando la nostra dimensione sociale è radicalmente cambiata, accade di potersi ancora stupire davanti a qualcosa che si apre verso il mondo e al contempo ripiega su stessa. È il caso di Nuns+Monks di Ugo Rondinone, la scultura che si impone monumentale all’interno dell’Ex Chiesa di Sant’Andrea dei Vascellari di Roma, ora sede della galleria Sant’Andrea de Scaphis.
Interprete della dialettica interno-esterno, l’opera suggerisce ma non impone, evoca ma non indica, lasciando intravedere l’intrecciarsi inesausto che ‘in’ e dà forma la vita di noi individui. Radiosa nei contrasti cromatici e armoniosa grazie alla giustapposizione delle due parti del corpo, la testa e il mantello, la scultura è concatenata a livello spaziale in maniera così esemplare da evocare la statuaria medievale. È così che l’unica navata della Chiesa, priva di abside, coperta con un soffitto a travi lignee e illuminata dalla luce naturale che filtra da due finestre rettangolari, assume i contorni di un terreno sospeso tra percezione fisica e mentale, simile allo stato di dormiveglia in cui si mescolano elementi reali, desideri e immaginazione, diventando un luogo, dove il tempo non ha finalità, ma è incluso e compreso. Realizzata in bronzo e scansionata tridimensionalmente sul modello originale in pietra calcarea, Nuns+Monks si articola in una compenetrazione di opposizioni e intervalli che rende necessario cercarne il significato, instabile – ça va sans dire – come spesso accade nell’opera di Rondinone.
Ma non è del resto dal guardare che si irradia l’enigma del senso e che si innesca il tentativo di fissare la propria esistenza nel tempo? Ecco allora proprio quando siamo esposti a migliaia di messaggi visivi ma, paradossalmente, siamo sempre meno capaci di vedere, vale la pena lasciarsi meravigliare da quest’angolo tra via dei Vascellari e via dei Saluti, nel rione di Trastevere bello all’inverosimile, ora che brilla di una luce propria che non ha niente a che vedere con quella riflessa dei flash. Perché di fatto è qui, e ora, che Rondinone ha seminato per lasciare gemmare e sbocciare storie, emozioni ed esperienze. Ed è proprio questo il punto focale: il principio di trasfigurazione che sottende Nuns+Monks lavora proprio sulle distanze e sulle vicinanze, non come pratica, bensì come un modo di vedere, ovvero come una soggettiva e mobile presenza al mondo. La sua bellezza naturale risiede nella capacità di indurre l’occhio a insediarsi nella totalità della superficie espositiva e a insinuarsi negli intervalli che intercorrono nel suo insieme, calandosi invero nella posizione privilegiata, quella in cui si infiltra la vita.
Perché è proprio negli spazi interstiziali e apparentemente inessenziali che possiamo trascendere e “trovare una barriera di protezione spirituale”, significhi essa abbracciare e avere addosso il nostro tempo e il nostro posto, inevitabilmente infinito, uno e indivisibile.
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