Oliver Ressler (1970, Knittelfeld; vive e lavora a Vienna) è da sempre un artista impegnato nella difesa dell’ambiente, per il quale si batte soprattutto grazie alla documentazione di azioni di gruppi di attivisti nel mondo. Egli si confronta artisticamente con i movimenti per la giustizia climatica, finalizzati alla resistenza contro la distruzione del clima terrestre.
Fino al 12 marzo, The Gallery Apart ospita la seconda personale di Ressler; in questa occasione sono presentati video e fotografie che dimostrano la straordinaria capacità dell’artista di raccontare le urgenze del mondo contemporaneo, tenendo conto allo stesso tempo dell’armonia del visibile. Il titolo “In and Against the War on Terra” si riferisce al fatto che tutti siamo coinvolti in questa guerra alla sopravvivenza, una guerra nei confronti della quale, tuttavia, possiamo ancora opporci.
L’opera principale è costituita da sei video che costituiscono un’unica installazione: Everything’s coming together while everything’s falling apart (2016-2020). I film si soffermano sulle attività del movimento per la giustizia climatica e sulle lotte per smantellare un sistema economico fortemente dipendente dai combustibili fossili, i quali rappresentano la principale causa dell’inquinamento atmosferico a livello globale.
Nel primo film gli attivisti contestano la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che ha avuto luogo a Parigi nel 2015; invece, Ende Gelände sposta l’attenzione su una massiccia azione di disobbedienza civile nelle miniere di lignite in Lusatia, vicino a Berlino. Il terzo video racconta la ZAD (zone à defendre), ovvero l’occupazione da parte di attivisti, contadini e allevatori nei dintorni di Notre Dame des Landes per impedire la costruzione di un aeroporto a nord di Nantes. Un altro video ancora è quello a proposito di Code Road che si concentra su un’azione di disobbedienza civile nel giugno 2017 nel porto di Amsterdam, il secondo porto d’Europa per la movimentazione del carbone. Il quarto film documenta con immagini spettacolari il blocco della miniera di carbone di Bílina nella Repubblica Ceca del 2018. Infine, il più recente (2020) racconta il Venice Climate Camp del settembre 2019, durante il quale 200 attivisti si sono introdotti nel recinto del Festival del Cinema di Venezia occupando il tappeto rosso per nove ore.
In esposizione anche un ciclo di fotografie intitolate How is the Air Up There?. La serie è stata realizzata nella foresta di Hambacher in Germania, dove gli ambientalisti hanno costruito case sugli alberi per impedire alla RWA – uno dei colossi europei per la fornitura dell’elettricità – di abbattere il bosco millenario al fine di estrarre la lignite. Nonostante i numerosi tentativi della polizia di sfrattare gli occupanti, un ordine del tribunale del 2018 ha imposto la sospensione dell’autorizzazione allo sfruttamento della foresta di Hambach: una grande vittoria per i manifestanti.
Oltre a queste opere, la mostra prevede anche altre fotografie che si riferiscono sempre alle crisi climatiche, nel tentativo di risvegliare le coscienze collettive e di tutti coloro che potrebbero avere gli strumenti per cambiare una situazione che a breve diventerà irreversibile.
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