Dal 1963 la Fondazione Zucchelli sostiene le nuove generazioni assegnando, attraverso il Concorso Zucchelli, borse di studio agli allievi più meritevoli dell’Accademia di Belle Arti di Bologna.
Lo scorso 7 maggio 2021 ha inaugurato presso Zu.Art, giardino delle arti di Fondazione Zucchelli, “Open-Close. Mostra dei Vincitori del Concorso Zucchelli 2021”, parte del circuito di ART CITY Bologna 2021, promosso dal Comune di Bologna nell’ambito di Bologna Estate.
“Open-Close” presenta sei giovani artisti, vincitori del Concorso Zucchelli e scelti da una giuria composta dal direttore artistico del MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, Lorenzo Balbi e da Valerio Dehò e Carmen Lorenzetti, curatori e docenti.
L’Accademia di Belle Arti di Bologna da sempre tiene conto della diversità degli stimoli e delle diverse tendenze che imperano oggi a livello artistico e permette agli studenti di conoscere nuove modalità espressive, ma anche di esternare la propria indole in modo del tutto naturale, attraverso l’utilizzo dei media più disparati: la pittura, l’installazione, la scultura, la fotografia e il video, tutto ciò unito anche all’utilizzo e all’indagine di supporti e tecniche sempre nuovi, complice anche la provenienza degli studenti da svariate parti del mondo e la possibilità di approfondire il proprio percorso formativo grazie a workshop e seminari, che permettono loro di sviluppare una visione di respiro internazionale, sfruttando un punto di vista dapprima interno, ma sempre volto alla scoperta di nuovi orizzonti.
Il periodo trascorso e l’orizzonte post pandemico, che si presenta oggi, hanno portato gli studenti a riflettere sui temi della solitudine, della malattia, della segregazione, unitamente alla necessità di comunicazione che utilizza come valvola di sfogo l’arte nelle sue declinazioni.
Per questa ragione anche gli ambienti in cui è allestita la mostra hanno un ruolo fondamentale nella lettura della stessa: l’ambiente interno si contrappone all’esterno e alla serra, luogo di isolamento e meditazione; il passaggio tra volumi pieni e vuoti, chiusi e aperti è dato sempre dal confine/non confine della vetrata che permette il passaggio della luce, ma, al contempo, isola e protegge. La difficoltà di uscire dal luogo sicuro per riappropriarsi della realtà avviene in ogni caso all’interno di un luogo protetto: il giardino.
Il tema della natura diventa quindi protagonista: l’habitat sottostà ai cambi di stagione inesorabili, la vita nelle sue forme più arcaiche non si è fermata nonostante gli impedimenti e le chiusure che hanno frenato gli spostamenti e lo svolgersi degli eventi culturali.
Il vincitore del Primo Premio (Premio al Talento) è Gioele Villani (Firenze, 1994) con l’opera tree gen/habitat/; l’artista inventa un linguaggio generativo, Succosa, che disegna forme geometriche e sottili, ma insolite e sorprendenti, che sembrano rimandare all’intrico vegetale di foglie e fiori stilizzati. Villani concepisce il codice informatico come testo poetico che, come tale, necessita di un linguaggio specifico. L’opera, in continua evoluzione, è dettata dalle leggi del codice binario e, in grado di generare infinite variazioni, apre una riflessione estremamente interessante sul rapporto tra l’uomo e la macchina, sulla dipendenza dell’uno nei confronti dell’altra e sulla volontà della natura, infine, di svincolarsi dalle leggi dell’automazione.
Michele Di Pirro (Forlì, 1995) ha proposto l’opera dal titolo Opere di Nero Induzione, composta da una tela di recupero completamente ricoperta di brandelli di carta termica, questi, sottoposti al calore, rilasciano un colore nero intenso. Di Pirro ha ottenuto una Menzione d’Onore grazie alla profondità della sua creazione che porta ad un’attenta riflessione in merito all’idea di tempo e al suo trascorrere, alla necessità di un corretto e consapevole uso dei materiali al fine di preservarne le peculiarità e prorogarne la durata in un’ottica di riuso; le qualità degli stessi e la loro stratificazione successiva porteranno infine alla loro uniformazione, date le caratteristiche formali degli stessi.
Il Terzo Premio è stato assegnato, ex aequo, a quattro partecipanti: Nikola Filipovic, Mór Mihály Kovács, Alice Mazzei e Mehrnoosh Roshanaei.
Nikola Filipovic (Kotor, Montenegro, 1994) realizza The theory of youth, un’intensa opera costituita da tre stampe monocromatiche blu su fondo bianco; l’utilizzo di un pattern floreale che fa da sfondo al rincorrersi ondivago dei corpi rimanda a situazioni oniriche, in cui i soggetti non hanno la piena padronanza di sé, ma fluttuano in uno spazio-tempo in cui non si avverte gravità, quasi a voler rappresentare su superficie lo stato d’animo dell’essere umano in una condizione di costante incertezza, tra spinte potenziali e stop reiterati.
Hopscotch è l’opera di Mór Mihály Kovács (Budapest, 1998) caratterizzata dal dualismo tra parte visibile e parte da scoprire, appare come una sorta di reminiscenza archeologica liscia in superficie, che lascia intravedere un mosaico nella curvatura interna; è costituita da pietra calcarea, marmo nero, C2FTE S2, elastorapid e una struttura di ferro.
Alice Mazzei (Pontremoli, 1998) realizza il dipinto ad olio Patìa, il panneggio del blocco centrale, unito alla solidità della forme, crea importanti giochi di luci e ombre, quasi a voler sottolineare il significato sotteso delle cose, quanto un oggetto cambi in relazione alla luce che lo illumina, alla sua provenienza, alla sua forza vitale e all’inclinazione dei suoi raggi.
Nel video di animazione The Last Song, Mehrnoosh Roshanaei (Teheran, 1988) ricrea in 3D i fiori di Franklinia alatamaha, una pianta che dall’inizio del XIX secolo è stata dichiarata scomparsa in natura; la crescita accelerata della pianta è poetica e vorticosa, danzante sul canto d’amore di un uccello estinto, riprodotto in sottofondo.
La mostra è visitabile su prenotazione fino al 29 luglio, anche di sera ogni giovedì in occasione della rassegna International Jazz & Arts Performing | Cinque incontri musicali dell’estate 2021 con gli studenti del Conservatorio di Bologna e personalità di spicco nel mondo del jazz.
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