Una nuova luce per la metropolitana dell’arte di Napoli: sono stati presentati i lavori di riallestimento delle due splendide opere di Carlo Alfano, Luce-Grigio e Frammenti di un autoritratto anonimo, che dal 2002 erano esposte negli spazi della stazione Dante. Le tele del grande artista napoletano avevano subito diversi danni, causati non solo dal tempo ma anche da alcuni atti vandalici, favoriti dalla disposizione incauta, in particolare, dell’Autoritratto, spostato, alcuni anni fa, in una zona di passaggio. A promuovere l’ormai improrogabile intervento, la figlia dell’artista, la professoressa Flavia Alfano, e l’imprenditore e mecenate Gianfranco D’Amato. I lavori sono stati seguiti dalla restauratrice e docente Karin Tortora, mentre il nuovo allestimento è stato curato dall’architetto Lucio Turchetta. L’occasione è stata buona per completare anche un intervento di manutenzione sui neon che compongono Queste cose visibili, opera altrettanto suggestiva, realizzata da Joseph Kosuth nel 2001 per illuminare l’atrio della stazione con una frase tratta da Convivio di Dante Alighieri.
Insomma, un modo significativo per commemorare il trentennale della scomparsa di Alfano, che nacque a Napoli, il 22 maggio 1932, e morì il 25 ottobre 1990. Intellettuale inquieto, artista enigmatico e autonomo, la sua ricerca spaziava tra gli ambiti della rappresentazione e della narrazione, procedendo sulla sottile linea di demarcazione tra reale e irreale, visioni e parole, sfociando in opere tanto esuberanti quanto liriche.
«L’idea di restaurare e preservare i delicati lavori pittorici di Carlo Alfano ha avuto una lunga gestazione ed è frutto dell’autentica passione, per questo insigne artista, di tante persone», ha dichiarato Flavia Alfano, intervenuta alla presentazione della risistemazione insieme a Gianfranco D’Amato e al vicesindaco Enrico Panini, all’assessore Carmine Piscopo, all’Amministratore Unico di ANM Nicola Pascale. «Il progetto ha incontrato la piena condivisione e la disponibilità del Comune di Napoli e di ANM che hanno dimostrato sensibilità e interesse nel voler ricordare ufficialmente, a trent’anni dalla scomparsa, un meritevole figlio di Napoli e cittadino del mondo. Le opere sono un tramite diretto per onorare la memoria degli artisti, seguendo le tracce della loro ricerca scopriamo una fonte inesauribile di espressioni vitali. Attraverso il loro percorso affrontiamo la complessità di interrogativi umani da condividere con la collettività», ha continuato Alfano.
Presentato alla Biennale di Venezia del 1982, Luce-grigio è un lavoro complesso anche nella struttura: su due tele affiancate e asimmetriche, acrilico, grafite e filo scandiscono un momento di passaggio, con il profilo dello stesso artista che sembra estroflettersi in una piccola figura in caduta, riferimento alla Tomba del Tuffatore di Paestum, un simbolo dai forti connotati esoterici ed esistenziali. L’opera, imponente nelle misure ma fragile, era stata danneggiata da teppisti e presentava diversi sfondamenti.
Nel percorso di Alfano – di cui scrivevamo più diffusamente qui, in occasione di una mostra allo Studio Trisorio – una posizione rilevante occupano i generi e i temi del ritratto e dell’autoritratto, attraverso cui esprimere il dualismo tra oggetto e soggetto in forma visiva. Realizzato nel 1985, all’interno di una serie di lavori iniziata nel 1969 e proseguita ininterrottamente fino alla sua morte, Frammenti di un autoritratto anonimo è la registrazione della crisi dell’individuo, la trascrizione della perdita della sua centralità. Dallo sfondo nero e opaco, emerge una scrittura fitta, ordinata, che poi però si interrompe, si cancella, ritornando al silenzio.
Nell’intenzione di Gae Aulenti, che progettò la stazione Dante e la risistemazione urbanistica della piazza soprastante, l’Autoritratto di Alfano avrebbe dovuto essere collocato in una posizione adatta per apprezzarne la delicatezza, finendo però ricoperto dagli espositori un tantino esuberanti del vicino bar. L’opera fu poi spostata in una zona poco illuminata e di passaggio. Ora l’Autoritratto è stato inserito in una cornice blindata, a prova delle borse e dei gomiti dei fruitori della metro, sempre di corsa per non perdere la coincidenza.
«La ricerca per garantire maggiore sicurezza alle opere di Alfano non è mai stata separata dalla necessità della loro valorizzazione», ci ha spiegato Turchetta, che abbiamo raggiunto per farci raccontare nel dettaglio i vari passaggi del lungo lavoro di risistemazione delle opere di Carlo Alfano nella stazione Dante.
«Si è trattato di un percorso durato oltre due anni, in cui nella prima fase – la più concettuale, per così dire – sono stati stabiliti i criteri per garantire la massima visibilità e protezione delle opere, criteri elaborati con la responsabile scientifica dell’iniziativa, Flavia Alfano, con la restauratrice, Karin Tortora, e altri tecnici ed esperti. Il progetto allestitivo che ne è scaturito è stato, rielaborato innumerevoli volte (parlo di sei mesi di tentativi!) fino a che tutti i responsabili hanno ritenuto che quella raggiunta fosse la soluzione migliore. Solo a questo punto il progetto, grazie all’intermediazione di Maria Corbi, responsabile delle opere d’arte nelle Stazioni della Metropolitana, è stato presentato, e approvato, dall’Anm – che ha la responsabilità tecnica e logistica della Stazione Dante – e all’Amministrazione comunale, proprietaria delle due opere, entrambi hanno dato un appoggio essenziale alle complicatissime operazioni di montaggio delle vetrine, lavorazioni avvenute tutte di notte, al termine del servizio viaggiatori, e qui non posso non ringraziare Serena Riccio, ingegnere dell’Assessorato ai trasporti del Comune di Napoli, che ci ha facilitato enormemente il lavoro», ha continuato l’architetto, che nella sua carriera, tra le altre cose, ha lavorato al riallestimento del piano nobile del Museo Pignatelli di Napoli e all’allestimento di mostre come “Pompei@Madre. Materia Archeologica” al Museo Madre, oltre che di monografiche dedicate ad artisti come Luca Giordano, Jusepe de Ribera e Caravaggio, presso importanti sedi museali in tutta Italia, tra cui il Palazzo delle Esposizioni di Roma, il Museo di Capodimonte e le Scuderie del Quirinale.
«Bisogna pensare che le dimensioni dei vetri – antiriflesso su entrambi i lati – sono le massime consentite dagli ingressi alla stazione, valutate al centimetro, e si tratta, per il più grande, di una lastra di 240 x 440 cm, movimentata grazie a una complicata struttura di tubolari innocenti che scorrevano a cannocchiale in alto e in basso per seguire le sinuosità della scala (credo che non sia mai stata tentata un’operazione così ad alto rischio per dei vetri temperati che sono, come si sa, fragilissimi)».
E poi ci si messo anche il Covid: «La prima fase del lockdown ci ha praticamente costretto a sospendere le attività ma volevamo a tutti i costi presentare il nuovo allestimento il 25 ottobre, trentennale della scomparsa di Alfano, purtroppo questa data non abbiamo potuto rispettarla perché la nuova ondata del Covi ha rallentato il percorso. So che queste ‘narrazioni’ rischiano di diventare una sfilza di nomi che non dicono nulla ai più ma non posso non nominare, oltre a Gianfranco D’Amato, vero nume tutelare, oltre che mecenate, dell’intera operazione, Stefano Rovere, che ha minuziosamente e ininterrottamente cercato le soluzioni tecniche più appropriate alle due opere, di complessa risoluzione: Luce-Grigio scorre all’interno della vetrina grazie a una lastra d’acciaio di oltre quattro metri su cui è poggiata, mentre Frammenti di un autoritratto anonimo è ancorata al fondo di una vetrina che ruota su un asse laterale per consentire l’inserimento del quadro; entrambe le vetrine sono sigillate grazie a una serie di accorgimenti tecnici, in modo da impedire che l’enorme quantità di aria contenente pulviscolo ferroso magnetizzato che si solleva ad ogni partenza e arrivo dei treni penetri all’interno».
«Confesso che sono oltremodo soddisfatto del risultato, non solo di quello “estetico” e tecnico, ma soprattutto perché i problemi che sorgevano nel corso delle varie fasi di progettazione-lavorazione sembravano insormontabili – e la notte in cui sono stati movimentati i vetri è stato forse il punto di maggior suspense – ma alla fine, grazie alla buona volontà e all’intelligenza di tutti, li abbiamo risolti uno a uno», ha concluso Turchetta.
Oltre ai restauri e alla risistemazione delle opere d’arte – nella stazione Dante sono presenti anche lavori di Nicola De Maria, Jannis Kounellis e Michelangelo Pistoletto – sono stati promosso anche altri interventi, come la posa di un nuovo tappeto tattile per non vedenti, la sostituzione dei vetri danneggiati negli accessi esterni della Stazione e di 370 lampade di illuminazione. E adesso l’arte ha la giusta luce. Ma sarà ancora meglio quando potrà attuarsi il progetto del Museo della Metropolitana, che dovrebbe tutelare le tante opere diffuse tra le stazioni della Linea 1 – il progetto delle Stazioni dell’Arte risale agli anni ’90, coordinato da Achille Bonito Oliva – ma che, al momento, è ancora al vaglio della Giunta e del Consiglio Comunale.
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