ChissĂ cosa penserebbe oggi il filoso Johann Gottfried Herder, che intravedeva nel caso e nel tempo i piĂš grandi tiranni della storia, di un possibile effetto dellâincontro tra questi due dominatori dellâindividuo: il primo, rappresentabile con il piombare violento della pandemia e il secondo, che da questa ne è uscito profondamente cambiato. PerchĂŠ nulla, infatti, è piĂš impalpabile dello scorrere del tempo, dellâimpossibilitĂ di arrestarlo e manipolarlo a proprio piacimento: è qualcosa la cui supremazia va oltre ogni possibilitĂ umana. Discorso analogo per il caso, il cui flusso avanza al di lĂ delle nostre fantasie e della nostra volontĂ .
E qual è la conseguenza di questa consapevolezza? Il prodotto del sapere di questo limite insormontabile è un avvicendarsi di ansie, di desideri, e di tentativi gestionali delle giornate; bramosie che accendono un circolo vizioso di malessere che induce alla revisione continua dei programmi quotidiani, con cancellazione, talvolta, di momenti o piacevoli esperienze che potrebbero giovare o arricchire. Questâassuefazione al susseguirsi del ritmo reiterato delle giornate, soggette alla âdittatura dellâorologioâ, ha subito uno scossone radicale in seguito allo stravolgimento portato dallâemergenza pandemica. Lâimprovvisa quantitĂ di tempo riversatoci addosso ha destabilizzato il rodato approccio alla quotidianitĂ , ma ha consentito (in buona parte delle persone) di prendere coscienza dellâimportanza del tempo, talora sottovalutata. Se nâè compresa la definizione e si è colta lâimportanza dellâaspetto psicologico nella sua fruizione. La necessitĂ di dover riprogrammare unâimprovvisa quantitĂ di ore âsvuotate dalla solita routineâ, dopo una presa di coscienza iniziale, ha permesso di tornare a riappropriarsi delle proprie passioni al di fuori degli scarsi spiragli di libertĂ che la societĂ , sino al primo lockdown, concedeva.
ChissĂ , invece, come avrebbe vissuto questo periodo e questa condizione esistenziale Concetto Pozzati (Voâ 1935 â Bologna 2017, tra i massimi esponenti della Pop Art italiana) â âtornatoâ in mostra grazie al sodalizio tra lâArchivio Pozzati e la bolognese GallleriapiĂš con âVulvâareâ, lâultimo ciclo pittorico realizzato prima della morte (GalleriapiĂš, 09.10.2021 â 18.12.2021) â che contro la tirannia del tempo ha dedicato diverse opere nella sua carriera.
Pozzati ha incontrato spesso il tempo, come era solito dire, e lo ha sfidato sotto diverse luci; lo ha indagato dal punto di vista tecnico, ovvero nella successione di secondi, minuti, ore e lo ha studiato nelle sue sfaccettature piĂš concettuali e profonde: come custode della memoria, degli incontri e delle opportunitĂ .
Ne ha fatto in qualche modo un filo conduttore, un tema che ciclicamente interagiva e si interfacciava con il lavoro.
Il primo confronto strutturato con il tempo, come una sorta di rito iniziatico, avviene nel 1977, con il ciclo di opere Lâimpiego del tempo (titolo che ci ricorda il prezioso testo di Michel Butor) il cui intento era rendere percepibile e dimostrabile lâuso del tempo da parte degli individui con oggetti âritrovatiâ. Ambizione indubbiamente molto complessa, risolta strategicamente facendo âgalleggiareâ, prendiamo in prestito il termine direttamente dagli scritti del maestro, fotografie, âaccessoriâ, buste, lettere spedite da/a persone sconosciute su pannelli di legno, sulla tela o sulla carta. Questi oggetti cartacei colorati, sbiaditi, talvolta laceri, testimoni del tempo e di una memoria altrui, sono stati recuperati e resi eterni attraverso condivisone, con un gesto apparentemente semplice: stesura della colla e affissione o, per rendere ancora piĂš significativo il messaggio, fissaggio con punti metallici sul supporto scelto. La tecnica del collage, del resto, è un escamotage stilistico ricorrente nelle opere dellâartista, proprio per lâopportunitĂ di creare dialoghi e rapporti tra materiali eterogenei o composizioni di elementi monotematici originariamente lontani tra loro.
Altrettanto frequente è lâuso dellâassemblage, a cui Pozzati ricorre per il secondo importante lavoro legato al tema del tempo. Il tempo va dâintorno con le force, del 1978, presenta infatti lâaccostamento di una vecchia sedia, ormai usurata, ad alcuni oggetti appartenuti al padre e ad alcuni prodotti dallâartista (âisole di cera spesse dove immagini affioravano come filigranaâ). La seggiola è unâoggetto presente sin da subito nella vita delle persone ed è un arredo che può evocare la figura di chi lâha utilizzata e consumata. Ă un arredo che, ad un certo punto, smette però di svolgere la sua funzione e si trasforma in un reperto archeologico del passato. Eppure, lâoggetto appartenuto ad una persona può essere tolto dalla stratificazione della polvere del tempo e riportato in vita con un gesto artistico che pone sullo stesso livello, letteralmente, epoche e ricordi diversi; il senso del lavoro, talvolta, non è solo nellâopera finita, ma è custodito nel valore dellâazione. Ma dove va a finire il presente quando è passato? Nella scrittura, secondo Proust, e grazie alla scrittura può essere recuperato. Possiamo infatti salvare il tempo e chi lo ha vissuto scrivendo, perchĂŠ scrivendo fissiamo il tempo e, dal momento in cui siamo memoria, la scrittura attiva il ricordo che rende nuovamente presente il passato. Anche scolpire e dipingere, in qualche modo, sono azioni di recupero come la scrittura. Lo sapeva molto bene Pozzati (artista/scrittore) quando sottolineava lâimportanza dellâappropriazione del tempo in quanto componente essenziale per la comprensione del senso autentico del passato e della sua irreversibilitĂ . Con Tempo sospeso del 2008, un articolato ciclo pittorico, lâartista sfida la fisica sperimentando una smaterializzazione della misura del tempo. Tra pirografia, smalto e acrilico pastoso osserviamo una ricca gamma di orologi variopinti e variegati, antichi e moderni, da tasca, da polso, preziosi e comuni, ma soprattutto, spesso, senza lancette o con lancette ferme e âobliterateâ. In tutti i casi, comunque, sul quadrante di questi orologi ribellati alla convenzione, il tempo è fissato, è fermo e non può piĂš comandare, ma può essere ascoltato e percepito. Sospendere il tempo, in una societĂ dominata dagli orologi, è la condizione indispensabile per poterlo apprezzare nuovamente. Pozzati, in qualche modo, lotta contro i tiranni di Herder e, riflettendo sui concetti di âquotidianitĂ â e âesistenzaâ teorizzati dal filosofo Heidegger, cristallizza lâunicitĂ , lâesclusivitĂ e lâimportanza del âmomentoâ.
E se la âlancetta obliterataâ fosse una personale madeleine proustiana? Il morso dato al piccolo dolce, superando il limite temporale, fa tornare alla mente un pezzo dâinfanzia dello scrittore. Ogni occasione di âabbondanza di tempoâ, se compresa, coltivata o stimolata da incontri positivi, quelli che anche la pittura (aiutata dal collage o lâassemblage di âoggetti ritrovatiâ) può trasmettere, è occasione di riflessione e di ricordo.
Ă interessante, perciò, domandarsi realmente come Pozzati avrebbe impiegato questo âtempo sospesoâ universalmente concesso, cosa avrebbe prodotto e quale lezione ci avrebbe trasmesso.
Certamente, studiando i suoi scritti e i suoi lavori possiamo fare tesoro della trascrizione in opera dellâimportanza di impiegare il tempo come presenza decisa e cosciente, perchĂŠ, come scrisse il giornalista Art Buchwald, âche sia il migliore o il peggiore dei tempi è il solo tempo che abbiamoâ.
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