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Other identity #1. Altre forme di identità culturali e pubbliche: intervista a Giorgio Galimberti
Arte contemporanea
Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana, l’ospite intervistato è Giorgio Galimberti.
Other Identity: Giorgio Galimberti
Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?
«Credo che la mia missione sia portare un po’ di bello nella vita di chi anche solo per una frazione dei secondo guardi una mia fotografia…Forse una pretesa pomposa ma mi piace pensare di portare nel mio mondo dei sogni chi guarda le mie immagini».
Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?
«Cerco di fare una fotografia visionaria , di portare le mie emozioni nelle immagini, diciamo mi piacerebbe essere ricordato come “Fotografo sognatore”».
Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?
«Io fotografo innanzitutto per me stesso perché mi fa stare bene, sarei bugiardo se non ammettessi anche che appaga il mio ego artistico…
Credo che in quello che faccio ci sia tutta la mia sincerità emotiva e intellettuale, un fotografo è in primis un comunicatore quindi il giudizio sono convinto che sia una conseguenza di quello che il pubblico percepisce».
Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?
«Sono convinto che tutto quello che abbia scritto una pagina importante della storia dell’arte sia un importantissima fonte di ispirazione per noi autori contemporanei, le contaminazioni e lo studio della storia sono convinto siano alla base per chi vuole intraprendere un percorso di fotografia autoriale.
Io molto semplicemente cerco di raccontare il mio modo di vedere il mondo, cercando di essere coerente con il mio linguaggio e il mio stile. Essendo consapevole di non avere inventato nulla di nuovo ma con la voglia di raccontare il mio viaggio, il mio “Sogno fotografico”».
ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un artista agli occhi del mondo?
«Io mi definisco un romantico, un cantastorie che con la sua fotografia cerca di raccontare il bello che splende nel quotidiano».
Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?
«Sono molto affascinato dal cinema, mi sarebbe piaciuto essere un regista».
Biografia di Giorgio Galimberti
Giorgio Galimberti nasce a Como, il 20 marzo 1980. Da sempre appassionato di fotografia, complice anche un clima familiare aperto all’arte e alla creatività, fin da piccolo comincia ad avvicinarsi al mezzo fotografico attraverso le Polaroid.
Con i primi tentativi di manipolazione e alterazione dell’immagine, Giorgio esplora approfonditamente la dimensione giocosa del supporto istantaneo. Durante l’adolescenza, la passione non viene mai meno e, attraverso la frequentazione di numerose mostre ed esposizioni, unitamente ad un’intensa attività pratica in camera oscura, si costruisce un personalissimo background fotografico, basato principalmente sulle tecniche di sperimentazione dei grandi maestri che hanno fatto la storia della fotografia. Dopo un periodo di momentaneo distacco, durato qualche anno, Galimberti si riavvicina al mondo della fotografia digitale senza mai abbandonare del tutto la fotografia analogica.
Attraverso la sperimentazione del bianco e nero perfeziona i suoi gusti e, memore della lezione dei grandi maestri della fotografia, si avvicina ad una visione del mondo incentrata prevalentemente sugli effetti della luce sui corpi e sui paesaggi urbani, riprendendo alcuni elementi tipici della street photography e rielaborandoli in funzione di un linguaggio fotografico moderno e narrativo che unisce agli scorci di vita quotidiana le visioni sospese dell’architettura urbana con uno stile fortemente personale e riconoscibile. Numerose le sue partecipazioni a mostre personali e collaborazioni con importanti gallerie d’ arte Italiane e Internazionali che gli hanno permesso di entrare nella fotografia autoriale.
Si dedica alla didattica trasmettendo durante i suoi workshop e seminari il suo punto di vista sulla fotografia d’autore.