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Other identity #12. Altre forme di identità culturali e pubbliche: intervista a Luca Matarazzo
Arte contemporanea
Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana abbiamo raggiunto Luca Matarazzo.
Other Identity: Luca Matarazzo
Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?
«Principalmente faccio il fotografo, uso quindi la fotografia per raccontare me stesso in rapporto con ciò che mi circonda, le persone, i luoghi e i loro cambiamenti, ma soprattutto i miei. Magari qualcuno ci si riconosce e questa cosa mi farebbe sentire piacevolmente bene».
Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?
«Non ho una identità definita, o forse non mi è mai piaciuto definirmi, mi piace poter cambiare pelle, non per piacere a tutti, ma per non farmi schifo nel momento in cui decido di cambiare. Nei miei lavori ci sono molte tracce di chi sono o di chi ero, è terapeutico liberarsene. Trovo invece interessante capire come ci si rapporta chi le osserva».
Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?
«Fingo di non preoccuparmene eccessivamente, ma mi piace piacere, ma con scarsi risultati, ho cosi deciso di apparire pubblicamente come appaio privatamente, e non piaccio neanche cosi».
Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?
«Si lega indissolubilmente al tempo che vivo, piegandosi al racconto dei bisogni, dei sogni e delle necessità che mi guidano nella vita di ogni giorno».
ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?
«Mi piacerebbe a volte guardarmi con gli occhi del mondo. Sono cosi autocritico nei miei confronti che se solo riuscissi a vedere nitidamente quanto sono indifferente al mondo e quanto poco gli importa di me sicuramente potrei sentirmi più leggero e sollevato. Tipo quella cosa che dice Zerocalcare sui fili d’erba, hai presente?».
Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?
«Mi piacerebbe essere un bravo comico, uno di quelli che sa leggere e interpretare bene la società, e ci sa scherzare su, con leggerezza».
Biografia
Sono nato nell’82. Si vincevano i mondiali quell’anno, e le partite si ascoltavano alla radio, i cartoni in tv erano quelli giapponesi e i giocattoli americani, la TV era quella di Mediaset, e il mio cibo preferito erano gli hamburger del Burghy e i Soldini della Mulino Bianco, cosi si è formato il mio primo immaginario che oggi molto influenza tutto il mio lavoro.
Faccio il fotografo, gioco con l’immagine e l’immaginario, usando spesso altri medium per creare i miei lavori, mi piace scrivere, disegnare, tagliare la carta e incollarla, mi piace mixare elementi incompatibili per raccontare me stesso, le persone che incontro e il mondo che osservo. Sempre di più cerco di utilizzare i materiali del mio archivio, magari creati per un motivo, e ripensarli, riutilizzarli con altri significati, ridargli vita, ricontestualizzare questi materiali.
Nel 2012 ho iniziato un progetto erotico chiamato Eromata, una raccolta, ad oggi, di 7000 istantanee erotiche, una sorta di personale raccolta di figurine…per adulti. Questo lavoro è in continua crescita, e spesso è fonte di materiale per altre sperimentazioni.
Nel 2019 sono coautore del volume “Ultima Edizione – Storie nere dagli archivi de La Notte”, un libro che esplora la fotografia di cronaca nera attraverso gli scatti inediti dei fotografi dello storico quotidiano lombardo.