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Other identity #31. Altre forme di identità culturali e pubbliche: Marco Rèa
Arte contemporanea
Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana l’ospite intervistato è Marco Rèa.
Other Identity: Marco Rèa
Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?
«La mia rappresentazione di arte è legata molto al mondo dell’inconscio e delle emozioni. Posso dire che è esattamente ciò che hai nominato…Cioè un “privato pubblico”, amo rappresentare i miei soggetti in solitudine, come se fossero scatti rubati alla loro intimità, atti a indagare se stessi, i loro pensieri, a volte tristezza altre serenità…Ma poi non sono mai davvero momenti privati perché dall’altra parte dell’opera c’è lo spettatore, sia che fosse in una galleria o ancora di più quando lavoro su muri pubblici».
Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?
«La mia identità nel mondo è maschile mentre la mia identità nell’arte è senza dubbio “il femminile”, la donna, in tutta la sua forza o fragilità, passione, fierezza, realtà. Cerco di immedesimarmi il più possibile nella mente e nelle emozioni delle donne e raffigurarle non dal punto di vista maschile ma da una soggettiva femminile. O almeno questo è il mio intento».
Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?
«È importante quando questa apparenza è sincera, non credo che chi indossi una maschera totalmente estranea al proprio essere possa prendere in giro se stesso e gli altri per molto. Poi sicuramente in alcune situazioni è anche bello accentuare il proprio essere ma sempre rimanendo veri».
Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?
«Dopo lo stravolgimento di Duchamp e di Warhol nell’arte contemporanea non credo si possa far a meno del readymade e del “campionamento artistico”. Ogni artista è la somma di tutte le sue fonti di ispirazione e del bagaglio degli artisti passati oltre al proprio tocco di unicità. Il mio valore aggiunto è essere nato Marco Rèa».
ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?
«So di essere un’artista da quando mi sveglio la mattina a quando torno a dormire. Semplicemente un artista».
Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?
«Avrei voluto essere un professore, amo molto questa figura e più di una volta ho tenuto corsi e laboratori a ragazzi di varie età. Insegnare come fare arte è un modo di lasciare qualcosa di noi anche oltre la nostra morte».
Biografia
Marco Rèa nasce nel novembre del 1975 a Roma, città dove attualmente vive e lavora. Attualmente è uno degli artisti più rappresentativi della corrente lowbrow / nuovo contemporaneo. Le sue opere, realizzate con bombolette spray, sono il risultato della reinterpretazione di immagini già esistenti, alterate fino a mostrarne un’anima segreta, oscura e malinconica.
L’arte di Marco Rèa esprime una personalità emotiva, in costante eccitazione, sempre alla ricerca della sua perfezione. I volti stanno perdendo la forma della realtà e si materializzano nel vuoto. Proprio come sotto l’ipnosi, attireranno la tua attenzione e trasmetteranno un vago senso di ansia. La sua produzione artistica introduce un nuovo stile originale e inconfondibile. È un pezzo unico nell’arte italiana contemporanea.