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Other identity #5. Altre forme di identità culturali e pubbliche: intervista a Monica Mura
Arte contemporanea
Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana abbiamo raggiunto Monica Mura.
Other Identity: Monica Mura
Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?
«Lavoro abitualmente sul corpo per mezzo della performance e dell’autorappresentazione in formato fotografico e video. Esploro la costruzione dell’identità nella memoria personale e collettiva mettendo in dialogo il presente con il passato, tanto nello spazio reale come nel virtuale. Le mie proposte artistiche tracciano differenti percorsi dove il concetto di personale si trasforma in universale. In alcune opere, come per esempio IL RITRATTO (2015), TU IO IO TU o ROMPICAPO (2018) la combinazione dell’autoritratto e del ritratto danno vita a nuove identità ibride. Un’arte che vuole rompere le norme relazionate con l’identità sessuale, l’identità di genere o l’orientazione sessuale. Nell’azione artistica “CondON PezON, PezON CondON, PRESERVATIVO CAPEZZOLO CAPEZZOLO PRESERVATIVO (2022)”, per esempio, trasferisco la tecnica pittorica del “trompe-l’œil” alla performance, giocando con l’ambiente architettonico del Palazzo Nettuno di Madrid. Questo progetto si ispira all’omonimo polittico iniziato nel 2018, con il quale ero riuscita a burlare gli algoritmi di riconoscimento dei diversi social network che rilevano e “cacciano” i capezzoli femminili in modo discriminatorio, per “liberare” queste controverse parti del corpo femminile, censurate secondo il sistema egemonico che governa l’arte, e la nostra vita».
Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?
«Viviamo in un mondo in cui le nostre identità, la reale e le virtuali, coesistono inevitabilmente e si impongono nelle nostre vite. Come individuo e come artista, ho sempre cercato di mantenere la stessa identità: farla coincidere nella sfera pubblica come nelle privata. L’ io persona e l’io artista coincidiamo. È una scelta voluta e pensata da anni. Quando creo un’opera autoreferenziale o una performance, la realizzo essendo me stessa, non mi travesto, non mi maschero, non creo un personaggio. Anche nel caso in cui, utilizzo un attrezzo determinato o un abito specifico, come per esempio nel caso di LA NUOVA ARMATURA (2020) e ANTENNA GIRL (2021), lo indosso essendo me stessa. Questa riflessione, apparentemente semplice, è una decisione in certi casi difficile, perché implica creare l’arte nel rispetto dell’autenticità. Per questo le opere che realizzo mantengono, indipendente del formato che le supporta, un componente umano, dettato dall’incontro tra forza e fragilità. Ho conosciuto diverse persone ed artisti che lavorano con identità differenti, spesso paradossalmente distanti e opposte. Questa possibilità, senza dubbio permette di spaziare esplorando situazioni e identità diverse e contrastanti, però spesso si trasforma in un gioco pericoloso. Quando si vestono troppe maschere, si dimentica il volto di chi le indossa».
Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?
«L’errore nasce proprio dal dare importanza all’apparenza quale aspetto, contegno o comportamento esteriore contrapposto a sostanza e realtà. Come ho già spiegato, tanto nella vita privata come nella pubblica prediligo la sostanza alla forma».
Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?
«Mi chiedo se realmente oggi possiamo parlare di un valore proprio di rappresentazione. Come artista spero di non dover mai arrivare al punto di dovermi plagiare, richiamandomi e rieditandomi infinite volte per finalmente ribattezzarmi come un “ready made” di me stessa. L’auto-plagio è una costante nel mondo dell’arte che ci colloca nella fragile linea che separa il genio dallo stolto».
ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?
«Sono sempre stata chiamata “artista” sin da bambina, anche quando mi risultava una definizione scomoda. Disegnavo per catturare le immagini che passavano per la mia mente. Sentire il suono della mina della matita sulla carta mi tranquillizzava, ma rifiutavo condividere le mie creazioni. Esporre le mie opere, in un certo qual modo, corrispondeva a mostrare me stessa nuda e cruda al resto del mondo. Un mondo che sembrava osservarmi attento, pronto a giudicare. Mi sentivo vulnerabile. Oggi finalmente vivo l’arte come un dialogo. Ho accettato il mio destino, e ogni giorno cerco di trasformare le mie fragilità in autentici strumenti di forza».
Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?
«In realtà, non sento la necessità di voler essere nient’altro. Anzi, molto spesso mi piacerebbe poter rinunciare anche alle identità culturali e pubbliche che mi appartengono, soprattutto quando implicano convivere con delle etichette prestabilite».
Biografia
Artista interdisciplinare, performer e attivista, Monica Mura è nata a Cagliara nel 1979. Dottoressa magistrale in D.A.M.S., Discipline dell’Arte, della Musica e dello Spettacolo con specializzazione in Linguaggi Multimediali presso UNITO Torino. Nel 2002 studia alla Facultade de Xornalismo USC grazie alla borsa di studio Socrates/Erasmus, da allora vive e lavora costruendo ponti tra Spagna e Italia.
È membro dell’associazione MAV Mujeres en las Artes Visuales e A Colectiva, Asociación Profesional de Artistas de Galicia e fa parte delle artiste di Womarts. Ha partecipato ad atti volti a promuovere la visibilità della donna nella produzione culturale e in progetti di azione di lotta contro la violenza di genere, tra i quali vale la pena evidenziare Violencia Zero e Compostela en Negro.
È stata selezionata in concorsi tra Spagna, Italia, Portogallo, Belgio, Dubai, Ecuador, Argentina e Costa Rica ricevendo riconoscimenti, premi, borse di studio e residenze. Grazie alla sua opera dedicata alla donna e alla terra sarda “Sas Diosas. Miradas, sa arèntzia mea” è stata scelta come artista dal Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid per formar parte del gruppo di lavoro di Nos+Otras: en Red (Noi+Altre: in Rete) 2015-2017, un progetto integrato nel programma Educazione e Azione sociale di EducaThyssen che ha ricevuto la Menzione d’Onore nell’VIII Premio Iberoamericano per l’Educazione e i Musei.
Ha svolto le sue azioni e ha esposto le sue opere in spazi chiave dell’arte contemporanea e in istituzioni prestigiose e ha preso parte a diverse performance dirette da Esther Ferrer al Palacio de Velázquez del Museo Reina Sofía. Le sue azioni artistiche si sono distinte per aver dimostrato l’impatto sociale che l’arte può avere nella società di oggi. “La Nuova Armatura 2020”, ad esempio, esplora le difficoltà che sorgono quando si mantiene la distanza fisica interpersonale necessaria per contrastare la diffusione del Covid-19.
Il suo lavoro (fotografia, paesaggio sonoro, video, installazione, action art, arte digitale …) è stato presentato a festival, fiere, seminari e conferenze. Nel corso della sua carriera artistica, Mura ha rilasciato numerose interviste a radio e televisioni, a riviste e a quotidiani. Le sue opere sono state pubblicate su articoli di recensioni, libri, tesi di ricerca e cataloghi d’arte e sono state trasmesse in programmi specializzati emessi su canali locali e nazionali della televisione pubblica spagnola, come per esempio ZigZag della TVG e La aventura del saber. LaBolsa della TVE.
Tra le sue mostre personali si distingue “E tu chi (di chi) sei?”, un viaggio multisensoriale che riflette l’evoluzione della riflessione su memoria, generi e identità dal paradigma dell’intersezionalità. Nel 2021 ha aperto inoltre la sua Galleria Virtuale. La sua opera fa parte di collezioni pubbliche e private, tra cui spiccano i fondi del Museo Provincial di Lugo e quelli del Museo de Arte Contemporáneo MAC Fundación Florencio de La Fuente di Huete, Cuenca.