L’artista di origini nigeriane Otobong Nkanga è la vincitrice del Nasher Prize 2025, il ricchissimo riconoscimento promosso dal Nasher Sculpture Center di Dallas e assegnato alle eccellenze della scultura contemporanea. In palio, un premio in denaro da ben 100mila dollari e una mostra personale da organizzare al museo statunitense. L’esposizione monografica di Nkanga, che sarà accompagnata dalla pubblicazione di un volume, aprirà nell’aprile 2025.
Il Nasher Prize, istituito nel 2015, è uno dei premi internazionali più influenti dedicati specificamente alla scultura e nelle scorse edizioni sono stati premiati artisti di grande rilievo, come Doris Salcedo, Pierre Huyghe, Theaster Gates, Isa Genzken, Michael Rakowitz, Nairy Baghramian, Senga Nengudi. L’istituzione ha anche annunciato che d’ora in poi il premio sarà assegnato a cadenza biennale, anziché annuale, per dare al museo e al vincitore più tempo per organizzare la mostra e produrre la pubblicazione.
«Il lavoro di Otobong Nkanga rende manifesta la miriade di connessioni – storiche, sociologiche, economiche, culturali e spirituali – che abbiamo con i materiali che compongono le nostre vite», ha affermato il direttore del Nasher Sculpture Center, Jeremy Strick. «Immergendosi profondamente nei variegati significati che questi materiali assumono, il lavoro di Nkanga rende chiaro il posto essenziale della scultura nella vita contemporanea».
Nata a Kano, Nigeria, nel 1974, Otobong Nkanga è cresciuta tra Lagos e Parigi e attualmente vive e lavora ad Anversa, in Belgio. Negli ultimi 20 anni ha realizzato molte e apprezzate opere che affrontano non solo il fenomeno della migrazione, parlando anche delle sue esperienze personali in tal senso, ma anche dell’utilizzo intensivo delle risorse e dell’interconnessione tra le persone e la terra. La sua arte dall’aspetto enigmatico, utilizza spesso materie prime come minerali, metalli, pietre e piante per evocare nuovi significati, ricordi nascosti e reazioni emotive.
Il lavoro di Nkanga si concentra spesso sulla terra, sulle sostanze e sulle persone a essa associate. Parlando di Landversation, un progetto nato per la prima volta nel 2014, spiega: «Ciò che intendo riguardo al concetto di “Terra” si estende oltre il semplice suolo e il concetto di territorio ma si riferisce alla nostra connettività e ai conflitti in relazione al spazi in cui viviamo e il modo in cui noi esseri umani cerchiamo di trovare soluzioni attraverso semplici gesti di innovazione e riparazione».
Tra le tante mostre in tutto il mondo, anche un progetto specifico per il Castello di Rivoli, a Torino, tra il 2021 e il 2022. Of Cords Curling around Mountains, Corde che si arricciano attorno alle montagne era il titolo dell’installazione, composta da isole di tappeti dalla forma irregolare e pezzi di minerali, disposti in varie sale del museo e collegati da corde infilate attraverso oggetti cavi di legno, ceramica e vetro. Questi contenitori contenevano materiali spesso utilizzati per le loro proprietà curative, come menta, lavanda e camomilla, oltre a litanie registrate che risuonavano al loro interno. Nkanga ha poi scritto poesie sulle pareti con il gesso, che sono sbiadite durante il periodo della mostra.
«Quando ho cominciato il progetto volevo partire dai sassi», ci raccontava l’artista, in una nostra intervista in occasione della mostra al Castello di Rivoli. «Come quando si scala una montagna e poi ci si stende su una roccia che diventa un letto morbido. Da qui parte tutta la mostra. I due tappeti ricordano le forme di minerali come il quarzo e la malachite. C’è la fluidità del paesaggio, l’acqua, la terra. Il paesaggio è inserito in ogni singolo elemento. E anche in questo caso ho voluto immettere elementi legati al corpo. Elementi che possano essere usati per il corpo, con il corpo. Quei tappeti diventano uno spazio performativo».
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