L’intera opera di Luca Staccioli si snoda tra oggetti della vita frenetica e quotidiana, nelle sue realtà asettiche, nei non-luoghi che sottraggono all’essere umano l’essenza che lo rende tale. Parcheggi, sale d’aspetto, supermercati, uffici: spazi che trasformano l’essere umano in un’ameba serializzata e il tempo in snervante attesa alla ricerca frenetica del primo spazio utile di cui impossessarsi, del proprio turno da non cedere, della malsana impaziente routine. La vena artistica di Staccioli si snoda su una duplice esigenza, che finisce per avvicinarsi senza evitare lo scontro: da un lato la necessità di rappresentare elementi urbani, legati al consumo e alla produttività, dall’altro il paesaggio organico, incontrollato e selvaggio di alcuni scorci della macchia mediterranea. Unione e scontro tra antropico e organico, meccanico e vegetale, tra ciò che distrugge e ciò che rigenera.
È da individuarsi in questa dicotomia l’inedita serie di opere kit eliminacoda multifunzione (fichi d’india), realizzata a Stromboli nella residenza per artisti di Tagli e nata in uno dei momenti di riflessione dell’artista, che ha tratto ispirazione dalla contemplazione del paesaggio mediterraneo, che tanto gli ricorda quello nativo, ligure. La serie sarà presentata dalla Galleria ArtNoble alla 28ma edizione di miart, No time, no space, che si terrà dal 12 al 14 aprile 2024, organizzata da Fiera Milano, con la main partnership del Gruppo Intesa Sanpaolo e diretta per il quarto anno consecutivo da Nicola Ricciardi.
Dall’ammirazione del panorama naturale, l’artista si è soffermato sul fico d’india, pianta che ha ispirato le forme totemiche della sua serie, «Mi ha interessato prima di tutto come forma, familiare e non familiare allo stesso tempo, e mi ha poi, dopo varie ricerche e il confronto con studiosi del paesaggio dal punto di vista botanico, appassionato la capacità del fico d’india di auto-generare se stesso, moltiplicandosi dalle sue stesse parti cadute, e creare, nel tempo, gruppi naturali sempre più grandi, per proteggersi», ci ha raccontato.
Alla base della creazione artistica di Staccioli si può, dunque, aggiungere un desiderio di sostenibilità: privando gli oggetti quotidiani della funzione legata al profitto e al consumo, si può ripensare a un mondo più ecologico abitato da società che si riavvicinano all’autenticità e alla creatività.
Ed è l’inno all’immaginazione che spiega un altro elemento cardine dell’arte di Luca Staccioli: il ritorno all’infanzia, in contrapposizione alla realtà utilitarista ed estenuante del mondo adulto. L’artista gioca con le tonalità cromatiche, se ne avvale per trasmettere i suoi messaggi più intimi: i colori creano una tensione tra familiarità e non familiarità di un oggetto o di una forma. La sua ricerca cromatica ricade su tinte verosimili, che virano poi in qualcosa di inaspettato. Una notevole componente cromatica rimanda anche all’idea di giocattolo, richiamando quindi la spensieratezza infantile, in contrapposizione alla compulsiva omologazione adulta, all’alienante deumanizzazione del mondo dei grandi.
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