Per la seconda volta, ITALICS, il consorzio di gallerie costituitosi nel 2020, ha dato appuntamento al mondo dell’arte per Panorama, mostra diffusa a cura di Vincenzo De Bellis. E, dopo Procida nel 2021, è arrivato il turno di Monopoli dove, per quattro giorni, strade e luoghi storici della cittadina pugliese si trasformano in spazi espositivi per una temporanea e gioiosa “invasione” da parte degli addetti ai lavori – facilmente individuabili grazie alla shopper disegnata per l’occasione da Francesco Arena – cui si aggiungono tanti turisti e abitanti incuriositi dal viavai per il centro storico.
A ispirare la manifestazione di quest’anno, è la parola greca “Xenia”, che tiene insieme senso di ospitalità e rapporto con lo straniero e che, a partire dalla posizione di crocevia delle coste pugliesi, intreccia storie del passato con riferimenti al presente. Pur rinnegando un valore strettamente politico di “Panorama Monopoli”, De Bellis ha sottolineato, anche durante la conferenza stampa, come sia impossibile non far riecheggiare i temi della mostra nella situazione geopolitica attuale, dove i concetti di vicinanza e lontananza appaiono ancor più stratificati.
Panorama è quindi non solo una mostra, ma «Un’opera d’arte partecipativa e generosa», ha evidenziato Lorenzo Fiaschi, presidente del consorzio. Sul significato di generosità e ospitalità, è tornato anche Arnaud Champenois, vice presidente e capo del marketing di Belmond, da quest’anno main sponsor di Panorama, che si allinea agli intenti della manifestazione nell’evidenziare la capacità del patrimonio culturale italiano di ispirare la creatività in tutti i campi. A conferma di tale mission condivisa, viene rimarcata l’apertura di spazi a lungo chiusi al pubblico e in buona parte dimenticati, con l’augurio che Panorama – che gode anche del patrocinio dell’UNESCO – possa servire da motore di avviamento per un processo di valorizzazione sul lungo periodo.
Si parte quindi alla scoperta di questa nuova edizione, che sembra confermare la volontà di scrollarsi di dosso la percezione di un evento impostato su meccanismi “da fiera”, anche grazie all’introduzione del programma di eventi pubblici realizzato in collaborazione con Treccani Arte. Punto di partenza ideale per iniziare il percorso è il Castello Carlo V, sulla punta più estrema del borgo che si proietta verso un mare aperto incredibilmente tranquillo, nonostante la giornata piovosa. Qui sembrano risuonare in misura più evidente i temi della mostra, dall’orizzonte tratteggiato da Paolo Bini, al valore simbolico dell’approdo nel trittico di Edi Hila, al retro tela in trompe-l’oeil di Luca Bertolo che ci lascia solo immaginare una costa vista dal mare durante un’alba mediterranea.
C’è spazio anche per lavori site-specific, come le stanze di Luca Vitone, acquerelli realizzati con pigmenti ottenuti da polvere raccolte nello stesso castello, o l’altalena di Francesco Arena che invita a riflettere sul valore del tempo, facendosi pendolo tra una Madonna con bambino di Lorenzo Lippi e un’intensa opera su carta di Marisa Merz. Spostandosi nel borgo ci si muove tra location dedicate a singoli artisti (o coppie a confronto) e sedi invece dove trovano posto opere in numero più elevato.
Tra queste, lo storico Palazzo Martinelli appare la più affollata e anche meno entusiasmante. Si accende qui il dialogo tra arte antica, moderna e contemporanea seppur in maniera non sempre convincente. Se Carl August Wilhelm Sommer e Medardo Rosso appaiono a loro agio con le tele di Gianni Politi, così come le sculture di Nathalie Djurberg & Hans Berg sembrano sintonizzarsi con la natura morta seicentesca di Carlo Manieri, altre sale appaiono più soffocate. Il pur interessante confronto tra Nicola Samorì e Francesco Laureana, che vive della continuità di sguardi tra l’effigie del committente quattrocentesco e il volto della Vergine della pietra, trova a malapena il loro spazio in una stanza dominata dallo storico lavoro di Alighiero Boetti, Copertine, e da due décollages di Mimmo Rotella.
Va decisamente meglio alle Stalle della Casa Santa, dove il pubblico è accolto dal video Il pianto di Pier Paolo Calzolari, e al Complesso S. Leonardo dove invece anche ai lavori di natura più installativa viene data la possibilità di interagire meglio con gli spazi, come nel caso dei lightbox di Alfredo Jaar o delle rette spezzate al neon di François Morellet. Spiccano in questo contesto le presenze femminili: Adelaide Cioni, con una intrigante videoinstallazione a diapositive, Maria Adele Del Vecchio, con i suoi foulard stampati pregni di rimandi a storie personali che si fanno collettive, il confronto tra le sagome di Adelita Husni-Bey, risultato di incontri performativi individuali cui si aggiungono quelli realizzati nella stessa Monopoli, e gli Abiti mentali di Franca Maranò che condividono attenzione al corpo e leggerezza.
È tuttavia nelle tante chiese disseminate lungo il percorso che si individuano le interferenze più interessanti, a partire dalla mini-monografica dedicata a Gianfranco Baruchello nella Chiesa di S. Maria della Zaffara, con la casa in fil di ferro che occupa quasi naturalmente la navata centrale della chiesetta, passando per l’incontro fortunato tra Mario Merz e Stefano Arienti nella Chiesa di S. Salvatore, l’ardito ma curioso accostamento tra le prostitute raffigurate da Michelangelo Pistoletto e Cesare Fracanzano nella Chiesa SS. Giuseppe e Anna, l’intervento minimo con mucchietti di sabbia di Mario Airò nella Chiesa S. Angelo in Borgo, il pavimento di polveri colorate recuperate in luoghi diversi da Alessandro Piangiamore nel Monastero di San Martino.
Più che azzeccata la location scelta per i tavoli da poker nel Casinò cubano di Eugenio Tibaldi, il Chiostro di Palazzo S. Martino, che con la sua architettura dal retrogusto coloniale rimanda a L’Avana dove il progetto è stato originariamente realizzato nel 2015. Meritano nota anche i lavori ispirati ai riti locali dedicati alla Madonna della Madia: l’installazione con vari elementi di Matteo Fato nella Chiesetta S. Giovanni e quella sonora di Luzie Meyer sotto l’arco della Porta dell’Antico Porto.
Infine, i bellissimi scatti a Palazzo Palmieri di Lisetta Carmi, cui il consorzio ha conferito quest’anno l’Italics d’Oro, suggellano la collaborazione con il Festival internazionale di fotografia e arte PhEST e portano alla luce i veri esordi della fotografa scomparsa di recente, le cui ceneri sono state disperse per sua volontà proprio nelle acque della vicina Polignano a Mare.
Tanti spunti, dunque, per una manifestazione che si conferma solida, all’alba di un prossimo passaggio di consegne da De Bellis, fresco di nomina alla direzione delle quattro fiere di Art Basel, a Cristiana Perrella, secondo rumors sempre più insistenti circolati tra i vicoli di Monopoli. In attesa di una conferma – che probabilmente arriverà nelle prossime ore – e di conoscere la città scelta per la terza edizione, non resta che dichiarare ufficialmente avviata la stagione delle mostre per il 2022-2023.
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