Torna l’arte contemporanea nella splendida Certosa di Capri con una personale del torinese Paolo Cirio, dal taglio estremamente critico nei confronti delle grandi multinazionali dell’energia, veri e propri colossi che anche in epoca covid hanno continuato a macinare utili.
La mostra a cura di Marina Guida è frutto della collaborazione con la galleria Giorgio Persano di Torino, e di NOME gallery con sede a Berlino. L’evento espositivo è inoltre patrocinato dal comune di Capri e gode del matronato della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee.
L’esposizione si inserisce agevolmente nel contesto storico attuale, fatto di vibranti proteste contro imprese pubbliche o private che senza scrupoli inquinano e sfruttano le risorse del pianeta senza né etica né rammarico, e spesso con l’accondiscendenza di politiche internazionali scellerate che permettono la distruzione di interi ecosistemi e territori. La salvezza del pianeta non può aspettare e non si può delegare alle future generazioni; è per questo che anche l’arte dunque fa la sua parte e si prende il ruolo storico di animatore di coscienza e incubatore di nuove proposte.
Paolo Cirio così mette in mostra una ricerca approfondita fatta di dati ed elementi conoscitivi delle principali compagnie energetiche: Exxon, Shell, Statoil, Gazprom, Petrochina e tanti altri che hanno visto i propri fatturati crescere assieme agli stipendi pagati ai dirigenti. Tutto diventa schematizzato ed esteticamente ben rappresentato in grafici dai colori brillanti che quasi smorzano la realtà apocalittica o comunque di grande problematicità.
In un lavoro successivo, Cirio seleziona numerose specie di animali e piante provenienti dai più disparati ecosistemi, tutti accomunati però dal fatto di essere in via d’estinzione (l’elenco è disponibile su Extinction-Claims). Ogni essere vivente diventa così immagine stampata in bianco e nero, fregiata poi da tocchi di colore dello stesso artista ma non solo: nei giorni precedenti alla mostra si è tenuto infatti un laboratorio didattico per bambini dove sono state discusse e raccontate tutte queste tematiche delicate. L’installazione finale Climate Species Plaintiffs è un grido disperato che anima le pareti della certosa di Capri, frutto del lavoro congiunto dell’artista e dei partecipanti alle attività educative e laboratoriali.
Nel chiostro grande della certosa invece trova spazio Climate Culpable che consiste in 24 bandiere in tessuto sulle quali sono stampati i loghi di grossi produttori di gas serra, tra i principali responsabili dell’inquinamento dell’aria su questo pianeta. È interessante notare come ogni brand ha una sua identità spesso in contrasto con le reali attività dell’impresa; un greenwashing che altera la percezione dei consumatori e dell’opinione pubblica, diverse volte fiacca nei confronti di tali enti. Cirio così colora le bandiere di nero grazie all’uso di olio di motore, e creando così un’installazione circolare che invita a “entrare” e riflettere sulla truce natura di queste compagnie, spesso sconosciute al pubblico e operanti in paesi con forme di governo autoritarie nei confronti dei suoi abitanti ma complici di questi colossi dell’energia. Quasi una Stonehenge contemporanea dove non si osservano gli astri ma un presente con diversi lati oscuri e un futuro di lotta e speranza.
Particolarmente interessante all’interno del percorso espositivo anche l’opera Climate Geopolitics composta da un mappamondo sul quale l’artista traccia semplicemente con un pennarello nero le infinite complessità della geopolitica del cambiamento climatico, in cui i maggiori governi responsabili per le emissioni entrano in relazioni politiche ed economiche. Il mappamondo svetta su un tessuto che indica attraverso dati e grafici i maggiori responsabili della produzione e del consumo di carbone, gas e petrolio.
L’arte ha spesso avuto nel corso della storia un ruolo didattico e comunicativo nei confronti dei grandi dibattiti dell’umanità. A prescindere dalle rispettabilissime opinioni di ogni singolo individuo su argomenti così importanti, possiamo salvare il pianeta (e la nostra specie, di conseguenza) solo attuando politiche più rispettose di ogni ecosistema, evitando gli sprechi, e alimentando la consapevolezza anche attraverso interventi e operazioni come questa.
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