Il 4 giugno, presso il Tribunale Commerciale del Central Jakarta District Court, gli eredi di Chris Burden hanno presentato causa contro il Rabbit Town, un parco a tema in Indonesia, e contro il suo proprietario, Henry Husada. Motivo della denuncia, la somiglianza tra l’opera di Burden, Urban Light, e una delle attrazioni del parco, Love Light.
Chris Burden, famoso per le sue performance e scomparso nel 2015, ha realizzato Urban Light nel 2008. Si tratta di un’opera scultorea composta da 202 lampioni antichi che, esposta all’esterno del Los Angeles County Museum of Art, è diventata uno dei simboli artistici più iconici della città californiana.
Come Urban Light di Burden, anche Love Light presenta decine di lampioni in una formazione a griglia, anche se il numero di lampioni dell’attrazione non è lo stesso della scultura di Chris Burden. La somiglianza del titolo, però, può indicare che Rabbit Town abbia tratto spunto dall’opera di Los Angeles. Yayoi Shionoiri, direttore esecutivo dell’eredità di Burden, ha dichiarato: «Siamo abbastanza sicuri che Rabbit Town stesse cercando di trarre vantaggio dalla popolarità di Urban Light e dalla sua notorietà sui media». Ad avvalorare questa dichiarazione, basti pensare che c’è anche un’altra attrazione che replica un’opera dell’artista giapponese Yayoi Kusama. Insomma, le attrazioni di Rabbit Town prenderebbero ispirazione dall’arte contemporanea, per poter così attrarre più turisti. In effetti, Rabbit Town si può considerare una di quelle destinazioni particolarmente adatte per la pratica del “selfie tourism”.
Fin dell’apertura del parco, gli eredi di Burden hanno cercato di entrare in contatto con il board di Rabbit Town e avevano persino considerato di offrire una licenza post-fattuale per il lavoro di Burden. Questi tentativi non hanno avuto esito positivo e, quindi, si è deciso di intraprendere un’azione legale.
Tale operazione ha richiesto motlo tempo, prima per contattare uno studio legale in Indonesia e poi per passare attraverso le pratiche di approvazione destinate a un querelante straniero. Inoltre, la pandemia da Coronavirus ha ulteriormente allungato le tempistiche.
Ad Artnews, Shionoiri ha spiegato il motivo che ha portato a presentare causa: «Gli eredi di Chris Burden credono nella diffusione di informazioni sulle sue opere dal punto di vista storico, informativo ed educativo. Tuttavia, facciamo una distinzione quando un’entità terza vuole trarre vantaggio dall’opera di Chris Burden e fare soldi. Proprio l’aspetto commerciale del caso Rabbit Town è ciò che ci ha spinti a far valere i nostri diritti».
Re Lear è morto a Mosca, Re Chicchinella, Lo cunto de li cunti: tanti gli spettacoli che hanno spiccato per…
Dai film cult alle ultime uscite del 2024. Una selezione di titoli estremamente vari, accomunati soltanto da case d'asta, vendite,…
Dai costumi e scene per balletto di Yves Saint Laurent, all’evoluzione del colore rosso esplorato attraverso tessuti e documenti storici:…
Sulle note di All I Want for Christmas Is You di Mariah Carey o di Last Christmas, ma anche dell’intramontabile…
Oggi l’enorme accessibilità dell’arte attraverso il digitale apre interrogativi inediti: guardare un quadro al PC può avere gli stessi effetti…
Cristiano Carotti torna a Venezia con una nuova mostra personale presso Crea Cantieri del Contemporaneo: un progetto installativo e site…