L’Arco di Trionfo “impacchettato” per 16 giorni, Sotheby’s che presentava “The Final Christo” per ripercorrere l’iter progettuale e artistico del famoso duo di land artist, mentre al 27Avenue Matignon, veniva inaugurata la mostra “Christo: Early Works & Unrealized Projects” in collaborazione con i Cahiers d’Art, Alessandro Possati di Zuecca Projects e Christopher Taylor.
Fu proprio la “città dell’amore” a dare i natali a uno dei binomi più famosi della storia dell’arte: Christo Javašev e Jeanne Claude Denat de Guillebon. Dalle opere realizzate in solitaria, la coppia si fece conoscere per la poetica effimera e fortemente pubblica, in grado di scardinare il sistema dell’arte e di rompere definitivamente tutte le barriere esistenti tra le varie discipline artistiche.
Pur seguendo il filone del temporaneo infatti, le creazioni di Christo e Jeanne-Claude continuano a essere vive e presenti nella mente delle persone. A quei coraggiosi interventi artistici, la capitale francese ha voluto dedicare un importante pagina di storia con l’obiettivo di rivivere la capacità del duo di creare ambientazioni simili ai set cinematografici, di modificare i paesaggi, “infagottare” gli edifici e di ri-svelare le città.
Ma, anziché limitarsi al “celare” un monumento per ricordare ciò che è stato tolto dal nostro sguardo e che merita importanza, la città francese ha voluto porre l’attenzione sul “meno noto”. Così, grazie al supporto dell’organizzazione culturale Zuecca Projects e dei Cahiers d’Art con i quali Christo ha realizzato i progetti finali della sua vita, il pubblico è stato invitato a scoprire una serie di lavori incompiuti, disegni abbozzati e modelli in scala in cui ritrovare tutte le intenzioni sconvolgenti e coinvolgenti che Christo e Jeanne-Claude hanno saputo regalare e per cui hanno ottenuto l’eternità.
Per due settimane, all’interno degli spazi chiusi del 27Avenue Matignon, sono stati esposti moltissimi lavori: dai primissimi, di evidente ispirazione dadaista, a quelli indicativi di una ricerca che avrebbe continuato a svilupparsi nei cinque decenni successivi. Tra i vari documenti d’archivio, su progetti più o meno recenti e inerenti agli interventi realizzati in Florida, Giappone, Germania e Francia, era possibile entusiasmarsi di fronte ad oggetti di uso quotidiano, come bottiglie, lattine, mobili e fusti per l’olio, avvolti nello spago o in diversi strati di colla. In queste prime e istintive sperimentazioni – esposte tra l’altro al Frieze Masters 2021 presso la Galleria Colnaghi di Jorge Coll e Victoria Golembiovskaya – insieme agli studi ingegneristici, fatti per la passerella galleggiante sul Lago d’Iseo “The Floating Piers” o per “The London Mastaba”, emergono vigorose le indagini espressive atte a violare la nostra relazione con gli oggetti.
Tutto molto breve, tutto molto intenso. D’altronde, come disse Christo stesso «ci vuole più coraggio a creare cose che poi se ne vanno, che a creare cose che restano». Questo perché il tempo, nelle opere di Christo e Jeanne-Claude, è sempre stato un fattore imprescindibile. La durata limite, per contemplare “L’Arc de Triomphe Wrapped, così come per “Christo: Early Works & Unrealized Projects” – concepito da Alessandro Possati e Christopher Taylor, unitamente all’iniziativa “Estate di Christo e Jeanne-Claude” – è strettamente legata, tanto alla processualità artistica professata dal duo, quanto al provare emozioni impattanti e diverse per ciò che sappiamo scomparire. Parigi ha dunque catalizzato su di sé le attenzioni del mondo e generato in ognuno di noi l’urgenza di vedere, capire e riscoprire la dimensione pubblica ed effimera del fare arte.
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