La Bourse de Commerce – Collection Pinault accoglie Le monde comme il va, una mostra collettiva che presenta opere di una trentina di artisti di rinomanza internazionale fino al 2 settembre. Curato da Jean-Marie Gallais, il percorso espositivo riunisce diverse creazioni che vanno dagli anni Ottanta a oggi, di autori quali Maurizio Cattelan, Cindy Sherman, Sturtevant, Rosemarie Trockel, Anne Imhof e Pol Taburet. Le opere scelte fanno parte della collezione Pinault che in oltre 50 anni ha riunito circa 10mila pezzi. In quest’ambito si inseriscono i lavori di Kimsooja (Daegu, 1957), artista concettuale e multidisciplinare che si è affermata nella scena artistica internazionale dalla fine degli anni Settanta.
I suoi lavori occupano gran parte della superficie espositiva: si va dalla Rotonda, ossia l’area centrale della Bourse de Commerce, alle vetrine che la circondano, fino alle sale del piano inferiore, con installazioni monumentali, video e sculture. Curata da Emma Lavigne, direttrice generale della Collezione Pinault, la mostra tesse un fruttuoso dialogo con lo spazio storico reinventato dall’architetto Tadao Ando come con la luce che scroscia dall’alto della cupola. To Breathe — Constellation è il titolo di una magnifica installazione, che mette in contrasto la semplicità del materiale usato – uno specchio che copre tutto il suolo della rotonda – e il forte impatto emotivo che lascia scaturisce nel visitatore.
Il pavimento e la cupola sono tutt’uno, il pubblico è invitato a entrare non più in un’area regolata dall’alternarsi equilibrato di spazi pieni e vuoti ma in una dimensione mentale, incorporea, quasi da capogiro. La trasparenza procurata dallo specchio rimanda certo all’aria ma anche all’acqua, mentre la luce catturata dalla superficie riflettente illumina angoli altrimenti in ombra.
«Vorrei creare opere che siano come l’acqua e l’aria, che non si possono possedere ma che si possono condividere con tutti», confida Kimsooja. Le sue creazioni occupano anche le 24 vetrine del Passage che circonda l’intera area centrale con sculture, foto e altri materiali, che guardano al corpo, all’esilio, allo spostamento come alla tessitura. Quest’ultima la ritroviamo nelle sale sottostanti con i bottari, un oggetto che Kimsooja prende in esame da oltre 30 anni. Si tratta di tessuti coloratissimi, o meglio di copriletti tradizionali coreani, che l’artista avvolge insieme a mo’ di furoshiki giapponesi. Sono delle vere e proprie sculture che ci parlano di viaggio come di memoria e che guardano al gesto di chi realizza questo manufatto tradizionale lasciandoci immaginare la vita di chi invece l’ha usato.
È proprio con un camion pieno di bottari colorati che nel 1997 l’artista ha attraversato la Corea del Sud per 11 giorni, una performance che l’ha resa celebre nel mondo dell’arte. Alcuni bottari sparsi ci introducono a un video che vede Kimsooja raccogliere, da un parterre di foglie secche lasciate cadere da alberi di un boschetto, tessuti diversi che avvolge per poi creare il mitico oggetto. In questo spazio naturale l’artista si muove agile con passi precisi e lenti che sotto certi aspetti fa pensare a una coreografia di Pina Bausch.
Una sala accoglie A Needle Woman (performance, 1999-2000), si tratta di quattro video realizzati rispettivamente a Shanghai, Delhi, Tokyo e New York che, posti l’uno accanto all’altro, definiscono un quadrato come a indicare i punti cardinali, mentre il centro accoglie lo spettatore. Qui Kimsooja è filmata di spalle, nelle strade di queste metropoli traboccanti di gente che le passa accanto, ora attonita ora indifferente, mentre lei resta ferma senza mai spostarsi o perdere l’equilibrio, sostenuta solo dal respiro «Come un ago che cuce collegamenti simbolici o reali», come lei stessa ama definire il suo corpo.
Un’altra sala accoglie Thread Routes (film, 2010-2019). Qui l’artista esplora diverse zone del mondo per mettere in risalto le culture tessili di alcune comunità filmando le pratiche di tessitura, la coltivazione delle fibre o la produzione tradizionale, artigianale o industriale. Si va dalla valle sacra in Perù, ai merletti di Bruges in Belgio, alle minoranze Miao in Cina, passando per l’India, il Messico, l’Arizona o il Marocco. In questo lungo viaggio senza tempo, in cui l’occhio scorre sulla natura come sull’architettura dei luoghi, si esplora il prezioso rapporto che esiste tra l’umanità e il manufatto tessile. Un bel percorso da non perdere.
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