Un film-saggio è un documentario in cui il visuale viene combinato con una serie di commenti autoriflessivi e autoreferenziali che permettono al regista/artista di descriversi in maniera diversa da come si farebbe in un film autobiografico. Nel film-saggio, l’autore è presente in ogni momento ma senza essere autoritario, si tratta dell’esserci senza dominare la scena. Ed è esattamente quello che riesce a compiere Riccardo Benassi nel suo ultimo lavoro, Phonemenology, una serie di sequenze singole create dal 2015, inizialmente destinate a essere esposte in installazioni autonome, ora assemblate a formare un vero e proprio film d’autore di 92 minuti.
Per la creazione dei video, l’artista ha comprato alcune immagini che si trovano sul web, stock images, screenshot di videogiochi o video presi da YouTube; tutte immagini che nascono con la pretesa di descrivere la realtà, ma che finiscono per essere banali o scadenti. Benassi le monta in modo inedito per creare una nuova finzione: il film. Qui l’autore presenta le sue riflessioni sull’impatto che la tecnologia esercita sulle nostre vite quotidiane, ma non si sentirà mai la sua voce o quella di un altro per lui, perché, a parte in qualche battuta iniziale, tutta la visione sarà accompagnata da un’infinita musica e lo spettatore si ritroverà a leggere i fiumi di parole che appaiono o scorrono sullo schermo.
Divise in cinque capitoli, le scene si presentano dunque in un loop di parole e immagini. Il passaggio da un capitolo a quello successivo è spesso indicato dall’ingresso nella scena di oggetti esterni, a volte un telefonino, altre un container, che si aprono e ci permettono di accedere a un nuovo capitolo di questo vortice di sequenze.
Già dal primo capitolo, The Umbrella Paradigm, lo spettatore sarà accolto da una serie di stock images. Immagini create attraverso sistemi tecnologici avanzati, spesso utilizzate per la vendita di prodotti commerciali. Alla fine del video, sarà attraverso l’ingresso in scena di uno schermo televisivo che lo spettatore potrà accedere al secondo atto: Post-Ringtone Society. Un filmato girato con gli studenti di una classe dell’Accademia di Belle Arti di Carrara, in cui l’artista insegna Sound Design dal 2012.
In occasione della conversazione con Andrea Lissoni, curatore e direttore della Haus der Kunst di Monaco, avvenuta all’interno del Festival Lo Schermo dell’Arte, l’autore ha spiegato che è solito proporre ai suoi studenti dibattiti nei quali si affronta una tematica a partire da una domanda. Solitamente, ha detto Benassi, si discute in aula per ore, finché non si giunge a essere tutti dello stesso avviso o tutti d’accordo sul fatto che si abbiano opinioni diverse. Post-Ringtone Society mostra dunque una di queste conversazioni tra gli studenti, a seguito della domanda “Come sono cambiate le nostre vite quando sono arrivate le suonerie telefoniche?”. Le risposte e considerazioni dei ragazzi scorrono allora sullo schermo nella forma di un testo.
Tramite l’arrivo in scena di un telefonino si accede al terzo capito: European Gangsta Rap. Il video adesso mostra scorci di palazzi e quartieri di periferia, è qui che vengono esposte, attraverso un’analisi delle architetture sociali, acute riflessioni sull’Europa. Secondo la prospettiva proposta, le periferie delle grandi città europee sono ormai l’unica cosa rimasta in comune agli stati comunitari. Riccardo Benassi dimostra che, cercando su YouTube la voce “European Gangsta Rap”, i risultati che appariranno saranno videoclip di canzoni che, tutti allo stesso modo, esibiscono il panorama di periferia delle più disparate città europee. Un solo punto in comune che non fa altro che alimentare una distorta idea di appartenenza comunitaria.
È con l’incedere del suono delle onde del mare che si entra nel quarto capitolo, Aqualypse. Qui l’artista giunge a divertenti ma geniali conclusioni sugli oceani contaminati dalla plastica. Ma è poi un container rosso che dà accesso all’ultimo atto del film-saggio: Agronymous, il quale, mostrando gli screenshot di videogiochi, espone un’analisi sulle logistiche internazionali, le cui considerazioni riecheggiano le ricerche di Allan Sekula o di Hito Steyerl. Il video conduce così ad alcune conclusioni sulle intelligenze artificiali. Internet ha messo in cielo ciò che la natura pone sottoterra: una fitta rete di radici che collega le piante, anche le più distanti. Uno stesso reticolo con l’unica differenza che internet veicola solo informazioni, mentre le radici scambiano sostanze a garanzia della sopravvivenza dell’ecosistema, ecco che il vero social network è forse quello delle radici.
Adesso Benassi riesce finalmente a far scaturire la propria voce, a conclusione di un percorso che lo porta, infine, a svelarsi. Fin dalla prima scena è dietro ogni immagine e parola che scorre lungo il video, ma solo nelle ultime battute trova la libertà di farsi scorgere in questo flusso di scene e pensieri. Il film, in un loop di immagini e informazioni, che emula il processo stesso di internet, restituisce un sagace e cinico quadro di una realtà che, pervasa dall’intelligenza artificiale, ormai ci caratterizza.
Per gli altri film in programma al Festival Lo Schermo dell’Arte, potete dare un’occhiata qui.
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