La mostra “Dialoghi: Pino Pascali e Ugo Mulas”, alla Fondazione Museo Pino Pascali con la curatela di Alessio de’Navasques in collaborazione con l’Archivio Ugo Mulas, ricostruisce l’ascesa dell’artista Pino Pascali mostrando quanto fertile fosse quel periodo storico, della fine degli anni’60, nel quale confluivano iconiche le connessioni tra arte, moda ed editoria. La vita straordinaria di Pascali è costellata di incontri speciali: amicizie o collaborazioni lavorative decisive, rapporti che hanno in qualche modo attraversato il suo percorso artistico come scrive Alessio de’Navasques, nel testo introduttivo alla mostra.
Una di queste figure decisive è Ugo Mulas, il fotografo italiano più noto e rispettato all’estero i cui rapporti con l’arte e gli artisti sono stati documentati magistralmente, da Marcel Duchamp a Robert Rauschenberg, da Lucio Fontana ad Arnaldo Pomodoro, dagli scatti a New York a quelli realizzati alla Biennale di Venezia.
Mulas ha dato una riflessione capitale sul metodo, la grammatica sul presente, e sul futuro della fotografia. Anche da questo incontro con Pascali, Mulas riuscirà a rendere l’intensità della vita, il tuttouno tra l’artista e l’opera Cavalletto, catturando dei momenti veramente ineluttabili della sua vita. Regalandoci uno scorcio estetico inedito, che decreta il mito assoluto di Pino Pascali. Mulas coglie – con quel distacco tipico da testimone ed interprete i tratti caratteristici della personalità di Pascali: la verve ironica, l’anticonformismo, l’intenzione profonda nella ricerca del gesto e nel rapporto con l’opera.
L’artista si muove come uno sciamano immerso nel suo elemento, ne coglie anche i momenti conviviali al Florian e quelli della contestazione politica, dal confronto con gli studenti che manifestavano nei Giardini della Biennale, all’immagine del telegramma con cui Pascali annuncia la chiusura della sua sala.
Il recupero del mito, arriva a noi in quarantuno immagini in bianco e nero, rare vintage print, serie poco conosciute o mai esposte interamente, tracciando uno spaccato di incontri e destini incrociati, tra il fotografo milanese e l’artista pugliese, in un racconto inedito attraverso l’esperienza pionieristica per i primi due numeri de L’Uomo Vogue.
Questa esperienza seminale nel panorama editoriale internazionale, viene ricostruita per la prima volta attraverso tutte le immagini, degli editoriali più belli di Mulas pubblicati sui primi numeri della testata, quello con gli artisti in pelliccia del 1967 e Sette più sette artisti d’oggi le loro opere i loro abiti del 1969. Per queste serie posarono personaggi di spicco della scena culturale di quegli anni: da Lucio Fontana a Ettore Sottsass da Alighiero Boetti, ad Aldo Mondino, Tommaso Trini, Getulio Alviani e molti altri. In questa occasione Mulas scatta il più iconico dei ritratti di Giangiacomo Feltrinelli editore e rivoluzionario, tra gli avventori celebri del Bar Giamaica che appare, elegante e dandy, in astrakan e colbacco, come un personaggio di Pasternak, di cui era stato il primo a pubblicare in Italia le opere.
Nell’editoriale del 1969 sarà pubblicata postuma l’immagine di Pascali scattata a Roma l’anno precedente: tutto vestito di nero, con sandali e un foulard al collo, fedele alla sua uniforme d’artista che indossa abiti di Porta Portese, in una forma di resilienza alla seduzione della moda e della comunicazione.
Le immagini ci riportano in un divenire nel quale il mito e la sua storia, è un cielo animato da bagliori, variazioni luminose, un cielo grigio, con discontinuità di diverso segno ed intensità. Una rinascita, che attraverso la fotografia di Mulas, forgia quel senso di immortalità al mito assoluto di Pino Pascali.
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