Ripartire dal contemporaneo. E dallo sguardo attento dell’artista che – durante la pandemia più che mai – si interroga sulla percezione dell’arte oltre alla sua essenza. E’ quello che accade a Terni, attraverso la galleria CRAC (Chiara Ronchini Arte Contemporanea), che riapre dopo una lunga serrata provocata dalla pandemia. Ad interrogarsi (e interrogarci), però, non è un singolo artista bensì due: 108 e CT, entrambi piemontesi, ma per la prima insieme all’interno di una galleria. A loro viene affidato il compito di aprire la quarta stagione di Crac, questo volta incentrata su un’unica mostra dal titolo: “POKA-YOKE”.
Con una serie di analogie e differenze pittoriche, i due artisti indagano su uno dei temi più complessi dell’arte: è possibile identificare o valutare come “errato” il dispositivo “arte”? Soprattutto in questo particolare momento storico, quando la mancanza di riferimenti certi ha posto l’opera d’arte fuori da un contesto critico preciso, in che modo è possibile valutarne la sua efficacia? Sempre che sia necessario farlo, per giunta. “Poka-Yoke” intende quindi interrogare lo spettatore sulle diverse modalità di creazione di un’opera, a prova di errore.
108 e CT, pongono un quesito visivo, una provocazione, facendo proprie, terminologie tecnico-industriali e applicandole al processo creativo, ipotizzando una possibile lettura del loro percorso di ricerca. Senza voler fornire risposta esaustive, puntando piuttosto a instaurare un dialogo aperto con lo spettatore.
Il termine Poka-Yoke appartiene alla lingue giapponese e identifica uno strumento o una procedura a prova d’errore, che previene la creazione di difetti nel processo di gestione ordini o in quello produttivo. Lo strumento in questione deve essere in grado di rendere difficile e improbabile l’errore anche da parte di personale non particolarmente accorto. I sistemi Poka-Yoke sono introdotti nelle due fasi di creazione del valore: Poka-Yoke di progetto e Poka-Yoke di processo. In entrambi i casi l’obiettivo è eliminare le possibilità di incorrere in errori, che potrebbero generare difetti sul prodotto finale. La semplicità di esecuzione deve guidare i fautori di questi sistemi, la laboriosità comporterebbe il generarsi di attività non a valore.
E mai come nell’arte contemporanea si intrecciano i temi di “creatività ”, “esecuzione” e “valore”. Da qui il percorso esplorativo proposto dai due artisti e sviluppato appositamente per la galleria ternana. Dove si possono quindi trovare (fino al 26 settembre 2021) lavori inediti, pittorici, site-specific, che rappresentano il continuum di ciò che i due artisti piemontesi portano avanti, ormai da anni, nei muri dei luoghi abbandonati o ricercati, in Italia e nel mondo. Due pitture pulite e lineari, si incontrano e si attraggono anche da molto lontano. Con i segni morbidi e pieni di 108 che si legano perfettamente alle linee asciutte e ben definite di CT, un elegante contrasto, sottile e ricercato, sono il risultato di una coppia in continua crescita ed evoluzione, dove punto di incontro sono l’amore per l’arte, la natura e la purezza del segno. “La meraviglia e lo stupore di vedere con quanta naturalezza due contrasti come industria e natura riescono a fondersi, sono il risultato dell’impossibilità di errore per questi due artisti, che hanno saputo trovare il loro punto forza in un’armonia a prova di errore. Sono loro i Poka-Yoke dell’arte”, spiega la gallerista, Chiara Ronchini. Raccontando un’arte che ancora una volta afferma la sua indiscutibile innata capacità del “tutto è possibile”: dove l’errore non esiste, perché se una cosa provoca incanto, non ci sono più domande ma possono trovarsi infinite risposte.
In oocasione della mostra gli artisti hanno presentato anche il loro primo libro, una pubblicazione limitata a 100 copie numerate, dal titolo: “VLNV”. Un documento su un progetto di 108 e CT con lavori realizzati tra il 2017 e il 2020. “Il progetto VLNV ha come base il territorio piemontese con il suo presente post industriale che si perde in territori urbani e rurali”, spiegano gli artisti. “E’ una specie di manifesto del nostro lavoro, con pitture speculari connesse e contrastanti ma soprattutto con l’idea di trovare nuovi usi per gli spazi pubblici abbandonati. In un paese in cui questi spazi vengono lasciati all’incuria e alla decadenza gli artisti vengono a loro volta abbandonati a loro stessi senza spazi espositivi e studi in cui lavorare. Da decenni noi abbiamo rimediato a questa e ad altre assurdità trovandoci i nostri spazi senza aspettare permessi e sovvenzioni. Questa volta abbiamo voluto utilizzare un fabbricato intero, curandocelo e creando nella pratica un nostro museo pubblico. Anche i materiali usati sono stati recuperati o trovati in loco, dimostrando che è possibile creare un prodotto artisti di qualità e all’avanguardia a livello internazionale senza attendere sponsor, sovvenzioni e permessi dall’alto.”
Alle Gallerie d'Italia di Vicenza, in mostra la scultura del Settecento di Francesco Bertos in dialogo con il capolavoro "Caduta…
La capitale coreana si prepara alla quinta edizione della Seoul Biennale of Architecture and Urbanism. In che modo questa manifestazione…
Giulia Cavaliere ricostruisce la storia di Francesca Alinovi attraverso un breve viaggio che parte e finisce nella sua abitazione bolognese,…
Due "scugnizzi" si imbarcano per l'America per sfuggire alla povertĂ . La recensione del nuovo (e particolarmente riuscito) film di Salvatores,…
Il collezionista Francesco Galvagno ci racconta come nasce e si sviluppa una raccolta d’arte, a margine di un’ampia mostra di…
La Galleria Alberta Pane, 193 Gallery, Spazio Penini e Galleria 10 & zero uno sono quattro delle voci che animano…