-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Premio Henraux 2024, contemporaneità del marmo: le opere vincitrici in mostra
Arte contemporanea
di redazione
Un progetto che rappresenta la continuità della storia ma anche la possibilità della scoperta. Act III (Spellbound) di Olivia Erlanger, Omag Tower 7 CNC di Nicola Martini e Reconciliation di Tarik Kiswanson sono le tre opere in marmo inedite entrate a far parte della collezione di sculture della Fondazione Henraux: per i tre artisti, vincitori della sesta edizione del Premio Internazionale di Scultura Henraux, si tratta dell’esordio assoluto con il marmo. D’altra parte, il Premio vuole celebrare la storia di Henraux nella Versilia delle Apuane e del marmo, ricordando il dialogo con la scultura contemporanea che l’azienda ha avviato all’inizio negli anni ’60 del Novecento.
La scultura, uno scenario in evoluzione
Paolo Carli, Presidente di Henraux Spa e Fondazione Henraux, ha sottolineato come, in questi anni, le interazioni tra tecnologia e figurazione abbiano composto uno scenario in evoluzione. «Gli stessi processi di lavorazione del marmo a calcolo numerico ne sono parte e hanno contribuito a dar forma a nuovi pensieri e realtà», spiegano dall’organizzazione. Proprio sul rapporto tra ricerca tecnologica e ricerca espressiva è incentrato il Premio Henraux, con l’azienda che mette i propri impianti a disposizione degli artisti per la realizzazione delle opere.
Come ricordato nel testo in catalogo da Edoardo Bonaspetti, Direttore Artistico della Fondazione Henraux, i progetti sono stati selezionati per la loro originalità e per gli affascinanti sviluppi intorno alle potenzialità di questa materia. Le opere di Olivia Erlanger, Nicola Martini e Tarik Kiswanson saranno esposte per la prima volta nella sede della Fondazione Henraux a Querceta di Seravezza, fino al 30 settembre 2024, nello spazio espositivo dedicato al Premio, la antica segheria di Henraux.
Il Premio non è l’unico progetto di Henraux nell’arte contemporanea. In occasione di miart 2023, è stata presentata la Fondazione Henraux Sculpture Commission, che prevede la commissione di un’opera in marmo a un artista selezionato in fiera. La prima edizione è stata affidata all’artista cipriota Haris Epaminonda, presente nello stand di Galleria Massimo Minini. L’artista ha realizzato il suo progetto nel corso di una residenza presso la Fondazione a Querceta di Seravezza e, successivamente, la sua scultura è stata esposta al Museo del Novecento di Milano durante l’Art Week 2024.
Premio Henraux 2024: le biografie degli artisti vincitori
La Giuria, composta da Edoardo Bonaspetti, direttore artistico della Fondazione Henraux, Eike Schmidt, direttore del Museo di Capodimonte di Napoli, Eva Fabbris, direttrice del Museo Madre di Napoli, Nicola Ricciardi, direttore Artistico di miart Fiera Internazionale d’arte contemporanea di Milano, e Chiara Costa, head of programs di Fondazione Prada di Milano, ha assegnato il Premio Henraux 2024 dopo una selezione delle proposte e degli artisti presentati dal Comitato di selezione.
Carina Bukuts e Liberty Adrien, curatori di Portikus, Francoforte sul Meno, Nadim Samman, curatore del KW Institute for Contemporary Art, Berlino, Ilaria Marotta e Andrea Baccin, fondatori e direttori del Magazine CURA e del Centro d’Arte Contemporanea Basement Roma, Alessandro Rabottini, curatore e direttore artistico della Fondazione In Between Art Film, Roma, e Ilaria Bonacossa, direttrice di Palazzo Ducale, Genova, sono i membri del Comitato di selezione, ciascuno ha candidato i progetti di due artisti alla Fondazione Henraux per la selezione dei vincitori del Premio 2024.
«È stato assolutamente incredibile! Visitare la cava è stato come andare sulla luna, o forse più come essere su una ziggurat bianca a testa in giù, o addirittura, mi verrebbe da dire, come finire nella prima scena di Prometheus (2012) di Ridley Scott», ha raccontato Olivia Erlanger, originaria degli Stati Uniti, classe 1990, attualmente a New York. «È stato pazzesco approfondire la conoscenza sulla regione e le sue connessioni storiche, scoprire che è stato Michelangelo (quelMichelangelo) a iniziare la cava di Querceta. E mi sento in debito con Michele, l’ingegnere con cui collaboro, per avermi insegnato così tanto sulla produzione e costruzione contemporanea del marmo».
Nella sua ricerca, Erlanger esplora il modo in cui gli ambienti e gli oggetti influenzano le nostre identità e percezioni. Per il Premio, l’artista creato la sua prima opera in marmo, Act IlI (Spellbound), focalizzandosi sulla serie di “sculture-occhio” (2022-in corso), le cui iridi rappresentano spazi mentali. In particolare, l’opera esplora la memoria e l’effetto soglia, un fenomeno psicologico che implica la perdita di ricordi a breve termine durante il passaggio da un luogo all’altro: una serie di porte aperte forma un corridoio e va a comporre l’immagine di una pupilla dilatata, ricordandoci che la nostra esperienza nel tempo e nello spazio è segnata dagli ambienti in cui viviamo.
Nato in Svezia nel 1996 e attualmente di base a Parigi, Tarik Kiswanson è cresciuto in una famiglia di esuli palestinesi. «Il primo ricordo che ho del marmo è il pavimento della casa dei miei nonni a Gerusalemme», spiega l’artista. «Da bambino mi stendevo sul pavimento senza la maglietta per rinfrescarmi. È rassicurante sapere che la natura è, e sarà sempre, senza confini». Le sue opere sono permeate da sensazioni di instabilità e trasformazione, la sua ricerca si concentra sugli stati interstiziali e transitori della condizione umana, indagando temi come l’identità, la metamorfosi e il rinnovamento.
La scultura vincitrice del Premio Henraux, intitolata Reconciliation, è a sua volta una trasformazione di un’opera precedente, The Wait (2023), e si presenta come una crisalide o un bozzolo in marmo in cui è innestato uno schedario di un ufficio immigrazione. Questi due elementi si fondono in uno stato di instabilità e levitazione, dove il bozzolo simboleggia nascita e divenire, mentre l’archivio, interpretabile sia in senso individuale che collettivo, evoca le dinamiche di assimilazione nella società.
Nicola Martini è nato in Italia, nel 1984, e vive e lavora a Milano. Il lavoro presentato per il Premio si intitola Omag Tower 7 CNC, proprio come una delle macchine a controllo numerico di Henraux, impiegata prevalentemente per fresare e asportare il marmo. Ponendo l’attenzione sui rapporti tra uomo, artefatto e natura, Martini ha selezionato un “informe”, un blocco residuale proveniente dalla cava delle Cervaiole sul Monte Altissimo, perforandolo in ogni direzione fino al limite della sua resistenza meccanica. L’artista invita a superare sistemi dialettici che oppongono soggetto e oggetto, promuovendo una visione non antropocentrica e non gerarchica.
«Per troppo tempo la materia inorganica, e all’interno di questa la materia minerale, è stata considerata inerte, una risorsa da sfruttare senza porsi questioni etiche», ha spiegato Martini. «Eppure questa materia è la stessa che ci compone e che ci compenetra ogni volta che respiriamo: essa scorre nel nostro sangue come sale minerale, il nostro essere biologico collabora con l’essere minerale e viceversa. È una rivoluzione dell’oggetto dentro il soggetto, che non è più attante, non cerca più di dominare l’altro, ma accetta la moltitudine dei soggetti non biologici che partecipano al flusso della vita».