Prix Marcel Duchamp 2024 a Gaelle Choisne, un’arte immaginativa contro l’autorità

di - 15 Ottobre 2024

Nella serata di lunedì, 14 ottobre, al Centre Pompidou di Parigi, è stata annunciata la vincitrice della 24ma edizione del Prix Marcel Duchamp, uno dei premi d’arte contemporanea più prestigiosi al mondo: Gaëlle Choisne. Ad aprire la cerimonia di premiazione è stato il presidente del museo, Laurent Le Bon, insieme a Claude Bonnin, presidente dell’ADIAF – l’Associazione per la diffusione internazionale dell’arte francese che si occupa dell’organizzazione del premio –, con il direttore del museo parigino, Xavier Rey, a dare l’annuncio ufficiale. Choisne riceverà un grant di 35mila euro, somma che viene assegnata dal 2000 a un artista per operare in tutti i campi plastici e visivi, al fine di incoraggiare lo sviluppo di ricerche artistiche sempre differenti.

Questa edizione, che come ogni anno consacra gli autori più attivi e influenti della scena artistica francese di ricerca, si sviluppa attorno al tema del “cosmico”, inteso secondo la concezione dell’antica cultura greca di ritorno all’ordine. Di fronte al caos dell’universo e al distacco che tutt’ora vige tra esso e la comprensione umana, le opere attingono dalla scienza, dall’astrologia e dal mito per condurre a una visione più ampia, come in un osservatorio astronomico in cui si ha la sensazione di esplorare l’ignoto.

A decretare il vincitore, una giuria d’eccezione composta da ben nove commissari. Al contrario degli anni passati, a prender parte al board anche due artisti, Thomas Hirschhorn e Otobong Nkanga, insieme a Claude Bonnin, ai collezionisti Estelle Francês e Alain Servais, alla direttrice del Museo di Dijon, Frédérique Goerig-Hergott, al direttore del MoMA Glenn D. Lowryche nel 2025 lascerà il suo lungo incarico – e Akemi Shiraha, rappresentante dell’Associazione Marcel Duchamp.

Prix Marcel Duchamp 2024: l’opera di Gaëlle Choisne

Gaëlle Choisne nasce nel 1985 a Cherbourg, in Francia, da madre haitiana e padre bretone. Il suo lavoro si basa su ricerche che trattano dei disordini politico-culturali, siano essi dovuti allo sfruttamento della natura e delle sue risorse o alle vestigia della storia coloniale. All’interno delle sue installazioni sfarzose mescola «Le tradizioni creole esoteriche, il mito e la cultura popolare».

L’opera principale presentata in mostra si intitola Safe Space for a passing history – Ère du verseau 99999, in riferimento al movimento astrologico dell’acquario, simbolo di una nuova era che cambierà la storia. Così l’immaginazione diventa lo strumento per opporsi alla visione occidentale “materialista e autoritaria” del mondo.

Al centro della scena si attraversa un terreno argilloso e irregolare, compatto ma gommoso: il piede poggia e rimbalza leggermente, mentre ci si sofferma a guardare oggetti preziosi, come catenine d’oro, monete, pietre preziose, chiavi e altri materiali incastonati all’interno della superficie stessa dell’opera. Cinque piedistalli sorreggono sulla cima delle piccole ceramiche di fattura quasi grezza su cui vengono proiettati video differenti. La parete di fondo contiene un insieme eterogeneo di tecniche e materiali che si fanno elementi destrutturanti della cultura occidentale. Scarp paintings, ovvero assemblaggi di immagini, dipinti e oggetti, che sottolineano la forza motrice del progetto: l’ospitalità e lo scambio incondizionato tra le persone. La commistione di stili diventa metaforicamente l’apertura all’altro, così come la possibilità di camminare e interagire con l’opera da parte dello spettatore.

Chi sono gli altri finalisti in mostra al Centre Pompidou

Gli altri tre finalisti del Prix Marcel Duchamp 2024 sono Abdelkader Benchamma, il duo composto da Angela Detanico e Rafael Lain e Noémie Goudal.

Abdelkader Benchamma è nato a Mazamet, in Francia, nel 1975, da genitori algerini. Vive e lavora tra Parigi e Montpellier. Il suo medium prediletto è il disegno in bianco e nero, concepito non tanto come oggetto fisico, bensì come mezzo per la creazione di opere immersive. I suoi studi si rifanno alla letteratura, alla filosofia e all’astrofisica con l’intento di varcare i confini della realtà sensibile.

I disegni presentati in mostra al Pompidou sembrano scappare dall’occhio, proprio perché non stanno costretti in alcuna cornice e a stento riescono a rimanere circoscritti alla pareti. Nell’opera Au bord des mondes riprende il titolo del libro di Mohamed Amer Meziane, invito a spingersi ai limiti del visibile. Quasi a sembrare una nebulosa che si muove nello spazio della sala, allo stesso modo va alla ricerca dell’invisibile, della memoria collettiva, tramite le tracce e le tradizioni dei luoghi in un’ottica decoloniale.

Abdelkader Benchamma

Angela Detanico e Rafael Lain, rispettivamente classe 1974 e 1973, sono nati a Caxias do Sul, in Brasile. Vivono e lavorano a Parigi. La loro ricerca si basa sulla creazione di installazioni che uniscono testo e disegno, video e immagine. Da più di 20 anni studiano un sistema di segni e simboli per rendere comprensibili i fenomeni cosmici e cosmologici. Partono dalla semiologica con l’obiettivo di sovvertire i codici precostituiti della comunicazione odierna. Ragion per cui «Traspongono in un nuovo linguaggio visivo parole o nozioni appartenenti ad altri regimi di leggibilità».

Così gli astri specchianti che formano la costellazione di Éridan si spargono nello spazio espositivo a formare nuovi simboli evocativi aperti: in the night of the time, light flourishes, the first stars blossom, messages from distant times. La doppia proiezione Flowering of Light ci consente una visione dell’universo duplice, micro e macro cosmo a confronto: un campo fiorito lambisce il confine dei campi profondi, immagini di sezioni di cielo lontane anni luce dalla Terra. Lo spaesamento iniziale si attenua grazie alla somiglianza di due mondi materialmente distanti ma visivamente vicini.

Angela Detanico e Rafael Lain

Noémie Goudal, nata a Parigi nel 1984, lavora con il video e la fotografia per mostrare il “tempo profondo”, ovvero la storia geologica del pianeta. Si ispira alla scienza, precisamente alla paleoclimatologia, ovvero lo studio di determinate condizioni climatiche sopraggiunte sulla Terra in ere geologiche passate. Perciò la fotografia risulta il mezzo tramite cui Goudal può ricostruire questi avvenimenti. Mette così in scena i fenomeni fisici e lo scorrere del tempo offrendo una narrazione «Dell’estinzione e della rinascita del mondo».

La sua installazione si apre in un ambiente buio. La luce proviene da due video verticali, posti agli angoli opposti della stanza. Una grotta primitiva, Grand Vide (grande vuoto), esplode davanti allo spettatore ma non è la pietra ad andare distrutta, bensì la scenografia. Perché questa caverna è costituita da livelli scenici che cadono, svelando i fili di queste marionette telluriche. Di fronte un paesaggio geologico, Supra Strata, una foresta con una fonte d’acqua al centro. L’acqua sembra erodere il paesaggio ma non è il verde ad appassire bensì l’immagine che la rappresenta.

Noémie Goudal

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