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Public Art Abu Dhabi: report dalla città che cresce, tra arte e architettura contemporanee
Arte contemporanea
Abu Dhabi, 20 marzo 2023. Nella sala del Qasr Al Hosn – il museo è stato aperto nel 2018 ma il forte fu edificato nella seconda metà del XVIII secolo, prima costruzione in pietra di Abu Dhabi – la foto, ingrandita tanto da occupare un’intera parete, mostra lo Sheikh Zayed bin Khalifa (Zayed I) durante una riunione all’aria aperta (“majlis”). Quest’immagine è stata scattata nel febbraio 1904 dall’esploratore-fotografo tedesco Hermann Burchardt proprio all’esterno delle mura di Qasr Al Hosn: sullo sfondo un orizzonte di sabbia e palme. Circondato dal gruppo di uomini, alcuni più anziani e altri meno, lo sceicco è colto in un momento di quotidiana amministrazione con il giovane servitore di caffè in primo piano con le tazzine in una mano e nell’altra la “dallah”, tipica caffettiera con il becco ricurvo. La ritualità del caffè arabo (“qahwa”), offerto e bevuto all’insegna dell’ospitalità e della socialità, rappresenta ancora oggi nei paesi del Golfo un invito alla condivisione.
All’epoca l’insediamento di Abu Dhabi, conosciuto con il nome di Milh (“sale” in arabo), aveva un’economia per lo più basata sulla pesca, sulla raccolta delle perle (attività successivamente messa in crisi dall’immissione nel mercato delle perle coltivate giapponesi), sulla produzione di datteri e l’allevamento di cammelli e dromedari. Il grande sviluppo, come è documentato anche nel percorso espositivo del museo, è avvenuto soprattutto dalla fine degli anni ’50, negli anni ’60 e ’70 con la scoperta del petrolio e la visionaria intraprendenza dello Sheikh Zayed bin Sultan Al Nahyan (nipote del personaggio ritratto nella foto d’inizio secolo), considerato il padre fondatore del Paese.
Oggi Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti, continua a proiettarsi nel futuro con lo stesso slancio entusiastico di un tempo puntando a cultura e turismo. Negli ultimi dieci anni sono stati portati a compimento stupefacenti «Contenitori culturali» per ospitare eventi, mostre, incontri, tra cui il Louvre Abu Dhabi, progettato da Jean Nouvel, con la sua cupola di 180 metri che sembra un cielo stellato, la Casa della Famiglia Abramitica, di David Adjaye, e la Casa degli Artigiani (Kossmanndejong, Tellart e MAF. Studio).
In corso d’opera molti altri edifici, tra cui il Museo Nazionale di Zayed (Forster + Partners), il Museo Marittimo (Tadao Ando), il Museo delle Arti Visive e Performative (Zaha Hadid), il Museo di Storia Naturale (Studio Mecanoo), il Guggenheim Abu Dhabi (Frank Gehry) e il restyling dell’edificio dell’Abu Dhabi Cultural Foundation, costruito nel 1981 in uno stile che riecheggia il Bauhaus.
L’arte, quindi, è protagonista a pieno titolo, in tutti i suoi aspetti, del piano di promozione dell’eredità creativa del paese e dell’implemento delle infrastrutture, della vivibilità e del benessere dei cittadini emiratini nel rispetto dell’eco sistema. Nonché «Attraverso la creazione di luoghi per la memoria collettiva», come hanno affermato all’unisono tre figure chiave del Dipartimento di Cultura e Turismo (DCT) di Abu Dhabi, Mohamed Khalifa Al Mubarak (Presidente), Saood Abdulaziz Al Hosani (Sottosegretario) e Rita Aoun (Direttore Esecutivo del settore culturale) nel presentare, il 20 marzo scorso, all’auditorium della Fondazione Culturale (la cui direttrice è Reem Fadda) il programma di Arte Pubblica 2023-2024.
L’ambizioso piano, che può contare su un budget annuale di oltre 35 milioni di dollari americani a sostegno del potenziamento di tutte le «Industrie culturali e creative», prevede una presenza cospicua di arte pubblica in tutto il Paese: nella capitale, nella città di Al Ain e nella regione di Al Dhafra dove «il deserto incontra il mare». L’intento è quello di celebrare le risorse naturali di Abu Dhabi creando un dialogo con l’arte contemporanea. Il primo progetto, in programma per novembre 2023, riguarda la piattaforma di arte pubblica Manar Abu Dhabi con una serie di sculture luminose tra le mangrovie dell’arcipelago.
Fortemente connessa con l’habitat marino che caratterizza il territorio di Abu Dhabi è, tra l’altro, l’opera digitale Wave (2020) del collettivo d’istrict, collocata in un angolo esterno dell’edificio della Fondazione Culturale (per la prima volta era stata esposta nel distretto di COEX a Seoul) che dà l’illusione di un’onda in movimento, in sintonia con il suono e con le luci al Led. L’immagine proietta l’osservatore in un tempo sospeso creando un corto circuito con il contesto urbano quotidiano.
Un altro grande progetto riguarda le 30 commissioni di opere pubbliche, temporanee e permanenti, che saranno affidate ad una cinquantina di artiste e artisti che si relazioneranno con l’intero territorio urbano – tunnel, rotatorie, ponti, parchi – ridefinendo idealmente l’identità di luoghi in parte anonimi. Un po’ come ai tempi della monumentale Fontana del Vulcano, emblema della città dal momento in cui fu costruita, negli anni ’80, fino al 2004 quando venne demolita per lasciare spazio all’ampliamento della viabilità lungo la Corniche: luogo d’incontri, la fontana era un’icona onnipresente nelle cartoline postali e nella memoria di tutte e tutti.
Altrettanto impegnativo, infine, il programma della realizzazione della I edizione della Biennale di Arte Pubblica di Abu Dhabi (novembre 2024) con un team curatoriale già collaudato, costituito dalla stessa Reem Fadda (palestinese, nata in Kuwait nel 1979) con Galit Eilat (Israele, 1965). Il loro progetto guarda, tra passato e presente, alle radici del patrimonio culturale ma anche alle meraviglie della natura e dell’essere umano all’insegna del superamento di barriere visibili e invisibili.