Esausti dalla densa infilata di opere dell’Esposizione Internazionale della 59ma Biennale d’arte di Venezia – “Il Latte dei Sogni”, a cura di Cecilia Alemani – e dal canonico percorso tra i Padiglioni main stream e più attesi, può capitare di tralasciare alcune proposte nazionali alle quali sono stati dedicati una superficie meno estesa o uno spazio più defilato. Non ve ne facciamo una colpa, la stanchezza può giocare brutti tiri e per venirvi in aiuto, vi proponiamo una breve guida in quattro tappe, per una vera caccia ai tesori nascosti nell’Arsenale.
Posto alle spalle del celebratissimo Padiglione Ucraina, quello del Kosovo è davvero un antro seminascosto ma vitale e coloratissimo, uno spazio saturo di tappeti e dipinti con animali fantastici, non lontani dal linguaggio dei cartoons, con una interpretazione pop dai vasti e vivaci confini geografici e connotata culturalmente. Realizzata da Jakup Ferri, in collaborazione con artigiane dell’Albania, del Kosovo e del Burkina Faso, la produzione tessile per l’artista è infatti simbolo di creatività condivisa.
Al piano terra della Sala d’Armi, non lontano dall’altro altrettanto amabile Padiglione dell’Arabia Saudita – che ha però il vantaggio di un ingresso appetibile, cioè proprio di fronte alla caffetteria – lo spazio riservato al Messico, seppur non molto esteso, riesce a ospitare in maniera organica e ben strutturata quattro artisti, Mariana Castillo Deball, Naomi RIncçn Gallardo, Fernando Palma Rodriguez, Santiago Borja Charles, creando un ambiente caratterizzato da segni e suggestioni riferiti alla cultura autoctona. Un discorso su tradizioni, usi, linguaggi e rituali residuali, non inquinati dalla retorica egemonica dei colonizzatori. Nel Padiglione del Messico, magia e mitologia si fondono in uno spazio tanto reale quanto surreale, sicuramente coinvolgente.
Scrittura e conoscenza sono profondamente connesse tra loro. Ma quando questo nesso si spezza, è la stessa consapevolezza identitaria e sociale a essere messa in pericolo. “Pulp III: A Short Biography of the Banished Book” va oltre il momento della 59ma Biennale d’Arte di Venezia, facendo parte di un progetto decennale condotto da Shubigi Rao, artista che rappresenta per questa edizione il Padiglione Singapore. Un labirinto di carta conduce il visitatore verso una video installazione che pone l’attenzione al ruolo delle biblioteche, al destino delle lingue in via di estinzione, la libertà di espressione.
Non è proprio così defilato e può contare su una discreta estensione ma vale la pena segnare il Padiglione di Malta, curato dal vicepresidente della Dante Alighieri comitato di Malta, Keith Sciberras, e da Jeffrey Uslip, con la collaborazione creativa di Giuseppe Schembri Bonaci, Arcangelo Sassolino e del direttore d’orchestra e musicista maltese Brian Schembri. Concettuale e suggestivo, rigoroso e affascinante, il Padiglione presenta l’installazione “Diplomazija astuta”: al ritmo del canto gregoriano “Ut queant laxis” e di due testi latini della “Missa Mundi”, gocce incandescenti di acciaio fuso piovono dall’alto per ricadere in vasche piene d’acqua, la cui disposizione ricalca la composizione del capolavoro del Caravaggio, La decollazione di San Giovanni Battista, esposto nella Concattedrale della capitale maltese La Valletta.
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