Rinaldo Invernizzi, pittore e scrittore, co-direttore artistico di Barovieri&Toso, libero nel pensiero e nel gesto espressivo, a Venezia nella incantevole cornice di Palazzo Marinengo affacciato su Canal Grande, espone per la prima volta oltre venti dipinti su tela inediti ispirati alla natura e al paesaggio dipinti nel 2021. La mostra a cura di Henry-Claude Cousseau e Andrea del Guercio, è l’occasione per ripensare il paesaggio alla ricerca di nuove sfumature di smeraldo, antracite e cobalto, come indica il titolo della personale di Invernizzi, comprensiva di una sequenza di colori apparentemente monocromatici, ma in realtà venati da una insolita luminosità, di riflessi vibranti emersi da fondi scuri, dati da pennellate fluide, direttamente sulla tela per ‘trascinamento del colore’, volti a trasfigurare paesaggi di una Venezia immaginata in un atlante emozionale, in cui astrazione e figurazione s’infrangono come le onde dell’acqua sulle gondole.
Rinaldo Invernizzi nato a Milano nel 1962, vive e lavora tra Lugano e Murano (Venezia), dipinge dal 2000 natura e paesaggi analitici, come presupposti di riflessioni spirituali intorno all’arte come pratica di conoscenza interiore. Come lo si evince osservando i suoi paesaggi espressivi, che piacerebbero a Herman Hesse, dalle campiture cromatiche emotive, fluide come i moti dell’acqua, dalla pennellata controllata e insieme profonda, che mappano luoghi dell’anima e indagano la metamorfosi della natura, dissolti in distese cromatiche da contemplare per meditare sul fluire del tempo, in cui l’acqua, la terra, l’aria sono materia di ricerca della sua pittura riflessiva.
Lo caratterizza una pennellata estesa a tratti grumosa e filamentosa, dagli intenti pseudonaturalistici, in cui la linea si fa tramite di orizzonti immaginati e profondità illusorie. Il colore, la forma, la linea nelle sue composizioni di paesaggi interiori metamorfici, configurano vedute che tracciano sentieri inediti, come si osserva nelle serie di Terra, acqua e Terra, del 2021, che dilatano lo spazio scandito da ritmi orizzontali; pennellate dall’alto verso il basso, quasi a pioggia come preludio di una tempesta in cui il colore è materia grumosa di profondità altrimenti invisibili. Le sue geografie cromatiche, sembrano terre emerse dal buio, visioni di skyline onirici che includono riflessioni, dialoghi tra l’Io e il mondo al cui interno si svolge la vita umana.
C’è un non so che di mistico e profetico nei paesaggi di Invernizzi, cultore di arte orientale e di storia delle religioni, le sue Terre non sono quelle abitate, ma luoghi silenti, metafisici di contemplazione, in cui l’acqua e l’orizzonte sembrano segnare percorsi di redenzione, come principio di conoscenza di sé e del mondo. La dove tutto sembra risolversi in superfice, in realtà Invernizzi con pennellate di smeraldo, antracite e cobalto porta in superfice qualcosa di sotterraneo, aereo e misterioso con colori che implicano l’invisibilità cioè l’oscurità, l’interno e non l’esterno, la profondità alla ricerca di chissà quale origine del mondo.
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