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Ripensare la natura, a Villa Borghese
Arte contemporanea
Ogni giorno notizie allarmanti ci ricordano quanto il cambiamento climatico costituisca la più grave minaccia alla sopravvivenza della razza umana sul nostro pianeta: una urgenza alla quale Roma Capitale ha risposto con la mostra “Back to Nature“, curata da Costantino D’Orazio a Villa Borghese, che riunisce dieci opere di grandi dimensioni (sculture, installazioni e video) disseminate tra il Parco dei Daini , il museo Canonica e il museo Bilotti. “Il mio intento è quello di far entrare in contatto il grande pubblico, che va a Villa Borghese per passeggiare con la famiglia, con opere di arte contemporanea di grande impatto” spiega il curatore, che ha allestito la maggior parte dei lavori al Parco dei Daini, con incursioni nei due musei situati all’interno di Villa Borghese, in un percorso espositivo che include anche un luogo aperto al pubblico per la prima volta.
Parliamo della Loggia dei Vini, un padiglione ovale costruita da Flaminio Ponzio nel 1618 per conservare vini pregiati, che era collegata alla villa di Scipione Borghese con un tunnel sotterraneo.
All’interno della costruzione è stata allestita Red Map (2020) di Grazia Toderi, una video proiezione di 5 ellissi in movimento che disegnano una mappa celeste caratterizzata da riflessi rossastri , che dialoga con l’architettura in maniera perfetta. Curata da Alessandra Mammi, è stata aperta dalle 21 alle 24 fino al 30 settembre: breve e magica come un incanto, mi è parsa l’opera più esemplare di tutta la manifestazione, con il grande merito di aver fatto scoprire ai romani un angolo segreto della villa storica più famosa della città. Di altrettanta qualità , sia concettuale che emotiva, Vitriol (2020) il video di Nico Vascellari presentato nei primi giorni di apertura alla Casa del Cinema su grande schermo ed ora allestito su monitor in una sala del museo Canonica: un racconto estremo legato al rapporto tra essere umano, natura e vertigine. All’ingresso del Canonica svettano le dieci bandiere realizzate da Mimmo Paladino, ispirate agli stendardi medievali , che combinano elementi artistici e vegetali in maniera efficace.
La terza opera da non perdere è Senza titolo (igloo di Oporto) (1998): un grande igloo di Mario Merz sul quale svetta un cervo dorato, a ricordare l’antica funzione di questo parco, dove vivevano i daini dei Borghese. Al Parco dei Daini il percorso continua con installazioni dal carattere più ludico, legate all’idea di arte concepita come elemento di intrattenimento. In fondo al Parco, davanti ad un antico ninfeo, si stagliano le sette sculture di Andreco Drops (2020): geometrie bianche stilizzate , simili a gocce o a gemme, che si ispirano a forme presenti nei Giardini Segreti della Galleria Borghese. L’Accademia Aracne con l’installazione Yarn Bombing (2020) ha rivestito di tessuti colorati lavorati a maglia alcuni tronchi di alberi del giardino: un intervento che ricorda vagamente le sculture di tessuto dell’artista portoghese Joana Vasconcelos, esposte al Castello di Versailles nel 2012. Wing Project del giovane Andrea Maiuti riunisce due tele bianche con dipinte grandi ali colorate, che le persone possono usare per farsi dei selfie, mentre Etherea (2018) di Edoardo Tresoldi è una scultura trasparente in rete metallica ispirata alle architetture barocche e neoclassiche della villa , simile ad una delle tante follies presenti nella Villa e figlie del gusto neoclassico per i tempietti in rovina da collocare nei giardini delle ville aristocratiche. All’uscita del Parco, quasi a voler suggerire un ipotetico percorso verso la Galleria Nazionale, è posizionata Bufala (2019), la scultura di Davide Rivalta che rimanda ai leoni presenti sulla scalinata del museo di arte moderna poco distante.
La rassegna si conclude nelle sale del museo Bilotti, che ospitano “Radici”, la mostra di Benedetto Pietromarchi curata da Paolo Falcone dedicata alla relazione tra natura e artificio. Una personale che dimostra l’impegno dell’artista, che ha lavorato su diversi registri, tra scultura, pittura e disegno, ottenendo i risultati più convincenti nelle opere che interpretano radici di alberi in maniera simbolica. “Back to Nature” è un progetto ambizioso da potenziare ulteriormente, che nelle prossime edizioni potrebbe dare risultati davvero significativi con un pizzico di coraggio in più e una visione più internazionale: le stesse che hanno caratterizzato il mecenatismo di Scipione Borghese, del quale ancora oggi Roma beneficia.