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RUFA 2020-2023: i mille giorni dell’arte dopo l’apocalisse, in un Manifesto
Arte contemporanea
di redazione
Il lockdown della primavera scorsa non è servito soltanto per contenere il propagare di un virus che ha modificato abitudini e approcci alla vita. Quel periodo di riflessione forzata ha permesso di riflettere sulla condizione dell’artista, sulla trasmissione dell’espressività e, ovviamente, su quelle che saranno le metodologie che, da qui in avanti, caratterizzeranno il comparto. Le stanze, le case, i balconi e i tetti sono stati, a volte, celle chiuse, altre spazi aperti in cui vagare per cercarsi, con il solo obiettivo di immaginare il futuro. Il ruolo dell’arista, in questo contesto decisamente insolito, ha coinciso con quello dell’esploratore che, per un attimo, ma solo per un attimo, abbandona le aule e i processi di sperimentazione per inseguire una vocazione personale del domani. Del resto solo chi ritiene che l’impossibile sia qualcosa che deve essere ancora determinato, si approccia all’isolamento e alla limitazione fisica opponendo la propria lungimiranza alla costruzione di una nuova realtà. RUFA – Rome University of Fine Arts ha inteso dare il proprio contributo all’edificazione di una nuova modalità di iterazione con le arti, intese nella loro complessità e diversità.
Nel compiere questo cammino, l’Accademia legalmente riconosciuta dal Ministero dell’università e della ricerca ha mantenuto fede alla propria missione formativa: sfuggire il banale modificando le premesse, generando così le condizioni migliori possibili per giungere a conclusioni innovative, per fare in modo che in quello sguardo d’artista possano manifestarsi mondi ancora più lontani. Si è così dato forma e sostanza a un gruppo di lavoro per determinare i prossimi mille giorni dell’arte: tre anni, dal 2020 al 2023, per adeguarsi all’evoluzione, per ripensare alla fruizione, per sollecitare istituzioni ed enti pubblici e privati ad operare in maniera sinergica.
Ma soprattutto con il chiaro obiettivo di dare voce agli studenti – artisti: i futuri protagonisti dell’industria creativa. A presiedere questa task force il maestro Alfio Mongelli, presidente RUFA, colui che nel 1998 ha dato il via a un progetto formativo che in questi anni ha saputo sempre rinnovarsi. Ad affiancarlo, il direttore Fabio Mongelli, i docenti Nicolas Martino, Raffaele Simongini, Davide Dormino e il direttore artistico del RUFA Contest Emanuele Cappelli. E poi i diplomati che, nel corso di questi ultimi cinque anni, con le loro proposte, vincitori tra i vincitori, si sono aggiudicati proprio il RUFA Contest: Francesca Salvati, Riccardo Quattrociocche, Alain Parroni, Yunfeng Liu, Francesca Cornacchini. Loro il compito di rappresentare le aspettative ed i sentimenti di una comunità che va oltre RUFA.
O2 – Manifesto per le arti dopo l’apocalisse, questo il nome del progetto dedicato a un’opera del maestro Alfio Mongelli, di recente collocata a Wuhan, in Cina, da dove la pandemia ha avuto inizio – è un manifesto che intende porsi come punto di riferimento soprattutto per le nuove generazioni che, in questa fase storica, si trovano di fronte a decisioni non certo semplici. L’obiettivo è analizzare il rapporto tra arte e formazione, come chiave di lettura dell’ingresso nel mondo delle professioni: un documento che possa essere propedeutico all’apertura di un dibattito nel mondo dell’arte, tra intellettuali, giornalisti di settore, curatori, professionisti ed esperti del comparto. Un documento che possa originare opinione e che possa essere di sostegno e supporto a coloro che credono nei valori universali della bellezza e della meraviglia.
O2 – Manifesto per le arti dopo l’apocalisse vuole essere un documento di resistenza culturale “powered by RUFA”, ma che possa poi essere sposato dalla cultura e dalla politica. Un documento del fare, un agire comune per volare alto, per esplorare nuove opportunità e per indicare una via.
Sei punti di facile attuazione, per aprire un dibattito chiaro nel processo della formazione artistica. Sei punti per credere in un nuovo Rinascimento ed in un made in Italy completamento rinnovato. Sei punti per consentire agli organi governativi e alle istituzioni di approcciarsi all’arte con il linguaggio dirompente e diretto delle nuove generazioni.
O2 – Manifesto per le arti dopo l’apocalisse: i sei punti
1- Immaginare mostre ed eventi in ambito virtuale. Pensarli, come facciamo spesso, a partire dai limiti temporali e spaziali della realtà-reale è una castrazione delle infinite potenzialità creative. Online abbiamo la possibilità di caricare un film che duri centinaia di anni facendo sopravvivere la sua riproduzione a quella dello stesso autore e degli spettatori. La virtualità nella quale siamo stati gettati va pensata come un’occasione estetica per moltiplicare le nostre possibilità creative. Musei e gallerie possono ripensare le loro attività espositive a partire da questo nuovo paradigma: possono e devono reinventarsi a partire da e nel virtuale.
2- L’arte è da sempre un elemento di resistenza e tutto è da sempre interconnesso. Questo significa che il sapere tecnologico è un bene comune che può e deve essere messo a servizio della costruzione collettiva di un mondo post-capitalistico. Il sapere generale, la pangea intellettuale, annuncia un mondo in formazione che parte da qui, da questo nostro essere in comune. Ma ciò significa anche che l’epoca dell’antropocene può e deve essere l’occasione per ripensare, artisticamente, il rapporto con l’ambiente circostante e la nostra collocazione in questo ambiente, in relazione al mondo vegetale, animale e minerale. La separazione dei mondi e il loro ordinamento gerarchico secondo i principi aristotelici non ha più senso. Costruire mondi non gerarchici è quello che vogliamo fare.
3- Allo stesso modo non ha più senso, nelle città nelle quali lavoriamo, la distinzione storica tra centro e periferia. Le mappe urbane vanno ripensate a partire dai distretti creativi, per lo più collocati nelle periferie che continuano a essere tali per mancanza di collegamenti e strutture adeguate. In quei territori al confine tra l’urbano e ciò che urbano non è, tra città e campagna, si sarebbe detto una volta, è cresciuta sempre di più una rete di artisti, musicisti, produttori e lavoratori della cultura e dell’arte, che producono ricchezza e innovazione diffusa. Questa rete ha bisogno di strutture e investimenti pubblici che riescano a potenziarne ulteriormente la spinta propulsiva: è da qui, da queste reti e da questi territori che nasce un mondo nuovo.
4- E ancora, a proposito di territorio: «La vera terra inestetica non è quella che l’arte non fecondò, ma quella che, coperta di capolavori, non li sa né amare né conservare; la morta terra dove l’arte non abita più, cacciata dalla sazietà, dal disgusto e dall’incomprensione». L’affermazione di Marcel Proust anticipa quello che potrebbe essere il futuro dell’Italia. Per la straordinaria capillarità e ricchezza dei suoi beni artistici e monumentali, proponiamo che il territorio italiano venga dichiarato, nella sua totalità, Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO.
5- In questo processo di costruzione di un mondo nuovo la formazione ha, per noi, un ruolo assolutamente strategico. Una formazione artistica adeguata alle nostre sensibilità non potrà che mettere al centro le pratiche sociali e politiche. In questo senso pensiamo a una post-public art che intende le pratiche creative come soluzioni possibili a problemi reali e collettivi. Non ci interessa l’arte come espressione privata dei propri drammi personali, ci interessa invece un’arte che sia espressione dell’intelligenza collettiva e delle sue capacità di trovare soluzioni per costruire un mondo sostenibile. Riteniamo anche che sia fondamentale ripensare tutto il processo formativo, a partire dall’infanzia, valorizzando l’educazione all’immagine e alle diverse espressioni artistiche, musicali, corporee, performative, oggi ingiustamente sacrificate.
6- Infine il reddito. Non vogliamo sottostare a un ricatto economico che limiti le capacità creative individuali e collettive. Vogliamo essere messi nelle condizioni di lavorare insieme, secondo ritmi sostenibili, in uno spirito di reale condivisione e collaborazione. Vogliamo condividere i nostri saperi e non competere inutilmente tra di noi. Solo la condivisione accresce veramente la ricchezza collettiva. Ma per questo è necessario che anche gli artisti, come tutti, abbiano un reddito di esistenza indipendente. Ci sembra inoltre indispensabile facilitare l’accesso ai bandi per le attività culturali e artistiche attraverso una loro diffusione pubblica che immaginiamo concentrata su un unico portale, e attraverso l’istituzione di specifici corsi di formazione che ci mettano nelle condizioni di poterli gestire in autonomia. L’accesso a questi fondi è una condizione imprenditoriale minima per uscire dalla crisi e lavorare insieme al mondo che viene.