Le Gallerie degli Uffizi ospitano per la prima volta un progetto espositivo di arte contemporanea. Otto artisti italiani e otto belgi dialogano con la pittura paesaggistica medievale e rinascimentale all’interno di un percorso che si snoda tra le sale della collezione permanente del museo vasariano. La mostra Land in Land out – curata da MODO asbl e Francesca Sborgi – è visitabile fino al 17 marzo.
È nel formato panoramico 16:9 che il settore dell’audiovisivo ha codificato la misura della visione umana ed è nella cornice 16x9cm che Land in Land out ha trasferito la propria rilettura del paesaggio. Sacre e magniloquenti, le finestre pittoriche dei maestri del Medioevo e del Rinascimento che hanno inquadrato e definito la tradizione del genere paesaggistico dialogano con le opere di sedici artisti italiani e belgi, nel segno di una riscrittura del paesaggio su piccolo formato. La teoria della finestra albertiana che attribuisce alla cornice visuale il ruolo di dispositivo ottico per registrare il mondo trova una sua traduzione nelle proporzioni di un display; per MODO asbl, la misura dello schermo di un telefono si trasforma nel portale in miniatura che predispone l’accesso alla furia delle immagini dell’epoca contemporanea. In questa riconfigurazione della pratica del guardare, i capolavori delle Gallerie degli Uffizi esercitano la funzione di attivatori della riflessione intrapresa dalle otto coppie di artisti.
Il primo incontro è firmato da Serena Fineschi ed Edith Dekyndt che dialogano con una delle opere più iconiche dell’istituto museale, l’Annunciazione tra i santi Ansano e Massima (1333) di Simone Martini e Lippo Memmi. L’abbagliante distesa oro dello sfondo che consolida la carica spirituale dell’episodio biblico trova una sua restituzione nei paesaggi polimaterici delle due artiste: la perla barocca apposta sulla pietra serena dorata in Tempo di grazia (Stella Maris) di Fineschi e il legno avvolto dalla seta luminosa in The Holy Mountain di Dekindt si fanno oggetti portatori di antica memoria, corpi senza tempo che presiedono la stessa sacralità dell’Annunciazione. L’elemento materico sigilla così il clima di affinità tra le due restituzioni.
Affinità ereditata anche nel dialogo di Marco Neri e Tina Gillen con Ambrogio Lorenzetti e le sue Storie di San Nicola (1330-1335 ca.) dove l’ampio spazio riservato dal maestro senese all’architettura minuziosamente rappresentata si fa segno sintetico e bicromatico nell’opera Finestra oro di Neri e astrazione elementare nella sezione carica e sospesa di Gillen in Mirador. Le personalissime geografie di Luca Vitone e Lucia Bru si affiancano invece in controtempo: unite nel racconto della vulnerabilità e del senso di perdita caratteristico del post moderno, si disallineano nel vocabolario visivo scelto per rappresentare il Terrazzo delle Carte Geografiche degli Uffizi. L’identitaria Carta atopica di Vitone modella lo spazio dei 16x9cm attraverso un processo di disambientamento e sottrazione dei toponimi; in Movidas invece, Lucia Bru costruisce e conferisce monumentalità alla miniatura con piccoli frammenti in porcellana e platino. Luca Pancrazzi e Sophie Whettnall incontrano invece l’Annunciazione (1480-1490 ca.) di Lorenzo Di Credi; Nathalie du Pasquier e Hans Demeulenaere conversano con Allegoria sacra (1490-1500 ca.) di Giovanni Bellini; Alessandro Scarabello e Stef Driesen ricompongono il paesaggio di Fra Bartolomeo in Arcangelo e Annunciata (1497 ca.); Laura Viale e Pieter Vermeersch punteggiano l’Annunciazione (1550 ca.) del Veronese; infine, Serse Roma e Hans Op de Beeck restituiscono il Ritratto d’ammiraglio veneziano (1570 ca.) del Tintoretto.
Ogni duo, formato sempre da artista italiano/a e belga, sottoscrive così un’intima relazione le cui affinità e dissonanze sono da leggere posteriormente rispetto al dialogo con il maestro: la visione co-curatoriale di MODO asbl intende infatti far emergere la spontanea intuizione di ogni ricerca, valorizzando e riattualizzando la plurisecolare tradizione di scambi tra Italia e Fiandre. Come suggerito dal titolo del percorso espositivo, Land in Land out propone un processo bidimensionale di rilettura del paesaggio; la riflessione delle otto coppie di artisti dei due Paesi gemelli, la porzione di territorio – interiore ed estraneo – che entra ed esce dalla cornice, il grande formato e la miniatura, il dialogo tra tradizione e contemporaneità. A completare questo quadro di parallelismi, si insinua anche la letteratura che accompagna la pratica del guardare dello spettatore: il percorso è disseminato di citazioni di celebri autori scelte da Francesca Sborgi per suggellare il patto di complicità di ogni incontro. La prima frase che s’incontra è forse quella che meglio identifica la sintesi di Land in Land out.
Il velo del visibile per un istante si squarcia e […] invisibile soffia un alito che non è di quaggiù: questo e l’altro mondo si aprono l’uno all’altro, e la nostra vita è sollevata da un fiotto incessante. – Pavel Florenskij
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