22 ottobre 2024

Segni sulla bandiera: il progetto di arte partecipata di Irene Macalli, in un borgo della Campania

di

Arte e partecipazione contro lo spopolamento dei borghi rurali: la bandiera di Irene Macalli a Pietraroja, in Campania, è un simbolo di resistenza contro l’oblio

Irene Macalli, Ccà sotto ‘nun ce chiove. L’arte come riscatto sociale nei piccoli comuni, Pietraroja, 2024, ph. Maddalena Tartaro

Uno dei temi centrali al dibattito attorno l’arte contemporanea è la relazione fra centro e periferia: ciò è particolarmente evidente in Italia, dove il rapporto fra il mondo metropolitano e quello rurale ha caratteri estremamente determinanti. Da un lato la valorizzazione del turismo di prossimità ha permesso di osservare l’Italia lontana dai grandi centri metropolitani sotto lenti nuove; dall’altro, questo fenomeno non ha fatto che accelerare un preesistente processo di omologazione e perdita di identità specificatamente locali. Se poi questo tema è trasportato al Sud Italia, dove la questione rurale si interseca con quella meridionale, la questione non fa che assumere un carattere di particolare urgenza.

È in questo contesto che l’artista Irene Macalli (Sant’Agata de’ Goti, 1999) si pone in relazione con il borgo di Pietraroja (BN), una realtà rurale e pastorizia sui monti del Matese. Scultrice di formazione, Macalli con Ccà sotto ‘nun ce chiove. L’arte come riscatto sociale nei piccoli comuni, ha dato vita al suo primo progetto di arte partecipativa o, come da lei specificato, partecipata, inaugurando una nuova fase della sua ricerca artistica. L’iniziativa è nata grazie alla collaborazione con il comune di Pietraroja (BN), la Pro Loco Pietraroja, la Scuola di Scultura dell’Accademia di Belle Arti di Napoli e la Fonderia Nolana.

Irene Macalli, Ccà sotto ‘nun ce chiove. L’arte come riscatto sociale nei piccoli comuni, Pietraroja, 2024, ph. Maddalena Tartaro
Irene Macalli, Ccà sotto ‘nun ce chiove. L’arte come riscatto sociale nei piccoli comuni, Pietraroja, 2024, ph. Maddalena Tartaro

Il titolo del progetto si rifà a un omonimo detto napoletano, che per l’artista assume un carattere quasi apotropaico: nei piccoli paesi, secondo Macalli, nonostante le difficoltà “non può piovere per sempre”, in quanto il legame tra le persone e la propria terra è talmente radicato da resistere a qualunque difficoltà.

L’ispirazione per il progetto di Macalli si lega a una sua precedente esperienza in Turchia, nel 2023, dove ha vissuto e lavorato. Lì l’artista ha avuto modo di riflettere sulle differenze fra centro e periferia all’interno del paese e, in particolare, sui cambiamenti culturali ben evidenti nella capitale turca. Questa esperienza ha poi portato Macalli a maturare la decisione di guardare con occhi nuovi alla provincia di Benevento, da cui proviene, per analizzarne le complessità e le sfide, soprattutto per ciò che concerne la cultura materiale e la memoria collettiva dei piccoli borghi, che rischiano di scomparire se non attentamente valorizzate.

C’è un filo sottile che unisce, infatti, l’esperienza turca di Macalli alla riflessione contemporanea sulla Campania rurale, dai caratteri parzialmente autobiografici. Come Orhan Pamuk ha raccontato della città di Istanbul, mostrando nel suo Il museo dell’innocenza (2008) il malinconico tramonto di una cultura antica per far posto alla contemporaneità omologante, così Macalli ha deciso, con gli strumenti propri dell’arte contemporanea, di combattere contro l’oblio che rischia di avvolgere le realtà più vicine alle proprie origini e alle proprie radici.

Irene Macalli, Ccà sotto ‘nun ce chiove. L’arte come riscatto sociale nei piccoli comuni, Pietraroja, 2024, ph. Maddalena Tartaro

Il borgo di Pietraroja è stato scelto in seguito a una serie di sopralluoghi, che hanno poi portato Macalli a trasferirsi temporaneamente in questa piccola realtà montana. Nel corso della residenza – che ha avuto luogo dal 12 agosto al primo settembre 2024 – l’artista si è calata all’interno delle piccole realtà di cui è composta Pietraroja. Un ruolo importante per l’identità del paese è, in particolare, ricoperto dalla tradizione pastorizia che, per via dello spopolamento e del conseguente declino demografico, sta lentamente scomparendo: da qui la volontà di dare vita a un lavoro storico-archivistico volto alla conservazione di queste memorie.

Il materiale raccolto ha dato vita a un archivio composto da testimonianze fotografiche, video e scritte, che costituisce il nucleo fondante del lavoro di Macalli e del suo sviluppo partecipativo successivo. Parliamo di un archivio vivo e vivente, nato dai dialoghi che Macalli ha avuto con le persone e in continua espansione: la memoria collettiva è custodita, in primis, in quelle personali degli abitanti di Pietraroja, involontari testimoni di una realtà che sta scomparendo.

Irene Macalli, Ccà sotto ‘nun ce chiove. L’arte come riscatto sociale nei piccoli comuni, Pietraroja, 2024, ph. Maddalena Tartaro

La dimensione che ha maggiormente caratterizzato questa esperienza, però, non è tanto quella archivistica quanto quella antropologica. Nel corso della residenza, Macalli ha deciso di calarsi pienamente nella realtà del borgo, accettando che il suo rapporto con il luogo e con le persone fosse legato dalle circostanze che, di volta in volta, le si sono presentate. Non vi è stato un lavoro sistematico di interazione con le parti sociali del borgo: ponendosi di fronte agli abitanti di Pietraroja come “semplicemente Irene”, Macalli aveva rifiutato il divario tra artista e comunità, adottando invece la dinamica pienamente antropologica dell’osservazione partecipata. Confrontando questo progetto con la lucida analisi di Hal Foster sul fenomeno “dell’artista come etnografo”, si può constatare come l’artista abbia cercato in questo modo di evitare una romanticizzazione – e quindi una feticizzazione – della comunità di Pietraroja.

La restituzione pubblica della residenza ha portato alla creazione di una bandiera bianca ricamata a mano, realizzata in collaborazione con le donne del borgo. L’opera è da considerarsi un’affermazione dell’identità del borgo, un simbolo che si contrappone alle ben note bandiere arancioni dell’associazione I Borghi più belli d’Italia. Per Macalli quest’opera racchiude le possibilità di riscatto che l’arte può offrire ai piccoli comuni, permettendo loro di emergere in maniera autonoma e di rivendicare su un panorama quanto più ampio la propria identità e le proprie tradizioni, evitando così la perdita di un enorme patrimonio culturale, materiale e umano.

Irene Macalli, Ccà sotto ‘nun ce chiove. L’arte come riscatto sociale nei piccoli comuni, Pietraroja, 2024, ph. Maddalena Tartaro
Irene Macalli, Ccà sotto ‘nun ce chiove. L’arte come riscatto sociale nei piccoli comuni, Pietraroja, 2024, ph. Maddalena Tartaro

La scelta della bandiera e, in particolare, del ricamo inserisce questo progetto in una storia più ampia, che vede nell’arte tessile un’arma di esistenza e resistenza femminile. La storia dei piccoli borghi come Pietraroja si tramanda, tradizionalmente, di generazione in generazione attraverso il racconto orale e spesso sono proprio le donne le custodi di questa memoria collettiva.

L’opera si caratterizza per il suo essere site specific, in quanto è stata pensata per essere posta sul punto più alto del borgo di Pietraroja, Costa Sant’Anna. L’idea è quella di creare un simbolo della comunità in grado di essere visto da quanto più lontano, comunicando così un’identità e sfuggendo a quell’idea di “periferia concettuale” che si associa tradizionalmente ai borghi. La periferia può essere una connotazione mentale, che ha le sue radici nel modo in cui ci si relaziona ai grandi centri, a prescindere dalla dimensione più strettamente geografica. Non è la distanza, quindi, a dettare necessariamente cosa sia centrale e cosa non lo sia, cosa sia visibile e cosa, invece, sia in secondo piano.

La bandiera è stata il frutto di un processo partecipativo, essendo nata grazie alle interazioni che l’artista aveva innescato, coinvolgendo la comunità nella creazione dell’opera. L’opera, infatti, è stata realizzata all’interno di laboratori che sono stati parte integrante della residenza e si sono svolti dal 19 al 29 agosto. La bandiera è nata in momenti di condivisione collettiva nella piazza del borgo, in cui su invito di Macalli ci si radunava alla fine della messa per condividere non solo la creazione di qualcosa di comune, ma la compagnia dell’Altro.

Le relazioni sociali che sono originate dal primo input proposto da Macalli hanno dato vita a processi creativi tali da mettere in discussione il concetto tradizionale di autorialità. Il potere decisionale delle donne di Pietraroja e il loro contributo diretto alla realizzazione dell’opera d’arte hanno, di conseguenza, portato la bandiera di Pietraroja in una dimensione autoriale collettiva e condivisa. Il ruolo di Macalli, quindi, si può considerare un agente sociale, le cui azioni hanno portato alla nascita di qualcosa al di là della propria azione individuale.

Irene Macalli, Ccà sotto ‘nun ce chiove. L’arte come riscatto sociale nei piccoli comuni, Pietraroja, 2024, ph. Maddalena Tartaro

La bandiera issata dalla comunità di Pietraroja permette anche una riflessione su ciò che oggi si può considerare arte pubblica. Il pattern del ricamo sulla bandiera, l’azione stessa del ricamare, il rito collettivo di issare una bandiera a simbolo della propria identità collettiva: tutto ciò origina dalle interazioni cui hanno dato vita gli abitanti di Pietraroja a partire dal primo stimolo prodotto da Macalli. Lo stesso ricamo sulla bandiera ha origine dal contributo delle persone che hanno preso parte al progetto: ogni partecipante ha lasciato un segno sulla bandiera, dando vita a un intreccio astratto e al di là del controllo autoriale di Macalli in grado di contenere simbolicamente la collettività.

La bandiera bianca di Macalli è quella che si alza in battaglia, un simbolo di resistenza prima della sconfitta, prima della vittoria del tempo e del suo scorrere, prima della perdita di quella memoria collettiva il cui valore non viene necessariamente riconosciuto.

È di fronte questa bandiera che viene spontaneo interrogarsi su cosa significhi, quindi, arte pubblica in un contesto del genere e, nello specifico, come il desiderio di portare arte nei piccoli borghi possa conciliarsi non solo con i tempi e gli spazi propri di questi paesi, ma con le comunità che abitano questi luoghi e li rendono, conseguentemente, vivi, interessanti e importanti.

L’opera è stata inaugurata l’8 settembre 2024 e resterà installata a Costa Sant’Anna, Pietraroja, fino al 5 novembre.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui