Ci accoglie un boschetto.
Racchiuso tra dolci aiuole, le finestre spalancate, l’aria che passa attraverso, le bacche che tremano e sorridono, gli alberi alti piantati nella terra.
La stessa che compone i mattoni che compongono i muri della Casa degli Artisti, terra che torna terra ci spiega l’artista, Sergio Breviario, che ha passato gli ultimi sei mesi qui in residenza e che per questo spazio ha creato “Avrei brio”, un progetto apposito.
Brio, quello ci inebria in mezzo alle foglie e all’ansia una città in perenne costruzione.
Foglie, che ci fanno strada verso quelli che mi paiono grandi telescopi sospesi. Solo che sono rettangolari, sono anzi grandi parallelepipedi che attraverso un sistema semplificato di funi e agganci che li issano nell’aria ci attirano verso di loro.
Forme così concrete che fanno da contrappunto all’aria breve e arzigogolata instabile tra le foglie.
I telescopi, anzi ogni telescopio ci presenta sull’estremità a noi più prossima un disegno incantevole. Dalla Treccani: incantévole agg. [der. di incantare1]. – Che incanta; di solito fig., che rapisce in ammirazione: spettacolo
I disegni di Breviario sono così, non ve li descrivo uno a uno perché quelle forme morbide e scivolose vanno ammirate da vicino, col tempo dovuto, all’altezza adatta. Umane e non, si amalgamano dentro agli occhi di chi guarda creando illusioni e sorprese, sorrisi e sussulti, dell’animo e non soltanto. Linee delicate e soffici che proiettano profondità inaudite. No, non sono serigrafie, ci spiega l’artista, ma disegni su poliestere sospesi su vetro e poi nello spazio, quasi fossero raggi solidificati di luce.
A quello io penso.
L’artista ci parla invece di plinti sospesi e a quel punto la mia prospettiva si ribalta, sono plinti! Plinti che svolazzano allegri per aria, se li tocchi – li tocchi! – si muovono e l’installazione assume tutta una nuova vitalità, si tratta di saltimbanchi in mezzo alle capriole. “Avrei brio” si chiama giustamente la mostra. Il brio sta nella sfida elastica dei disegni al cielo, l’artista tra l’altro mi racconta che prima di installarli li ha portati in giro in carriola per la città. Si sono divertiti questi disegni e, ora, l’ultima stazione, quella fatta per il riposo e la contemplazione.
Un plinto rovesciato e un tappeto. L’invito è ad abbandonare la verticalità, a stendersi e lasciarsi scrutare da vicino dall’ultimo dei disegni sospesi, che ci guarda fisso negli occhi. Noi immobili davanti a lui. È un bellissimo contatto, perché, stese a terra, lo scambio è molto rilassante.
Per salutarci, l’ultimo disegno e il primo a muro, contempla, ve lo rivelo, un drago, che a me pare addormentato. Consiglio davvero di non perdere questa preziosa mostra.
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