L’intero museo dedicato all’esposizione delle opere della collezione. Il Guggenheim di Bilbao chiude le celebrazioni per il proprio 25esimo anniversario con una mostra, Sezioni/Intersezioni, che ha la dimensione poderosa del progetto che a fine XX secolo ha portato una città in crisi a reinventarsi – con enormi investimenti, ma anche con una visione di politica culturale fortissima – intorno a un edificio impossibile di Frank Gehry, divenuto rapidamente un simbolo del turismo globale. Dentro quello spazio museale è cresciuta una collezione che ora si mostra per quella che è, ossia una lampante negazione dell’idea, circolata per anni, che “il contenitore fosse meglio del contenuto”.
Oggi che il museo celebra questa ricorrenza è possibile scrivere che l’edificio e la collezione si sono sviluppati insieme, simbioticamente, ciascuno in un certo senso integrandosi e ibridandosi con l’altro. Per ovvi motivi di dimensione: alcune opere sono universali anche nella misura, si pensi a certi Kiefer da fine del mondo o all’illuminante Rothko giallo e rosso del 1952-53: per contenerli serve uno spazio che sia sconfinato come le loro ambizioni.
Ma non si tratta solo di questo: c’è anche un elemento più sottile, ossia la fondamentale inafferrabilità sia dell’architettura, sia delle opere d’arte. Il mare di alluminio e rame di El Anatsui, 14 metri per 8 di pura meraviglia, per esempio, è un lavoro che va oltre i confini tradizionali di “un’opera da appendere alla parete” perché quello che vediamo è realmente un mare. La sala di Francesco Clemente, qualunque cosa si pensi della Transavanguardia (e si può esserne legittimamente scettici), non è solo una stanza con molti dipinti di uno stesso pittore, ma somiglia a uno spazio che prova ad aggiungere un’altra dimensione, esattamente come cercano di fare le strutture di Gehry. A partire da questa di Bilbao.
Alla luce di tutto ciò, anche se l’opera si trova al primo piano del Guggenheim, ha senso arrivare a Yayoi Kusama e alla sua Stanza dagli specchi infiniti a fine visita, dopo avere assorbito tutta la potenza monumentale di Jenny Holzer o di Richard Serra, di Baselitz, di Yves Klein o di Thomas Struth. In quel piccolo ambiente, l’artista giapponese si prende delicatamente gioco di noi, catapultandoci in uno spazio senza fine di cui, è chiaro, conosciamo i limiti fisici, ma del quale accettiamo la proiezione sconfinata, la serissima e decisiva facezia (verrebbe da dire, citando David Foster Wallace, l’Infinite Jest) che l’arte innesca quando vuole andare più lontano ancora.
E noi con essa.
Info:
Sezioni/Intersezioni
25 anni della collezione del Museo Guggenheim Bilbao
19 ottobre 2022 – 22 gennaio 2023
A cura di Lekha Hileman Waitoller, Manuel Cirauqui, Geaninne GutiĂ©rrez-GuimarĂŁes, LucĂa Agirre e Maite Borjabad
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