09 ottobre 2021

Shirin Neshat, Dreamers trilogy – Chiesa di Santa Maria ad Nives

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Il PRAC di Ponzano, negli spazi affrescati della Chiesa di Santa Maria ad Nives, ospita un progetto espositivo "place specific" ideato dall’artista iraniana Shirin Neshat

Shirin Neshat, Sarah (2016), Courtesy of the artist and Gladstone Gallery, New York and Bruxelles

Il PRAC – Centro per l’Arte Contemporanea accoglie, fino al 9 gennaio 2022, negli spazi affrescati della Chiesa di Santa Maria ad Nives di Ponzano Romano, un progetto espositivo ideato dall’artista iraniana Shirin Neshat (Qazvin, 1957). Intitolata “Dreamers trilogy: llusions & Mirrors, Roja, Sarah”, la mostra è curata da Graziano Menolascina e Annina Nosei, con il sostegno della Gladstone Gallery di New York e Bruxelles.
«L’idea dell’esposizione nasce proprio dalla suggestiva location seicentesca che la ospita, nonché una delle sedi del PRAC. I quattro freschi all’interno della Chiesa raffigurano le scene più rappresentative del panorama sacro, legate alla figura della Vergine; ciò ha innescato in me il pensiero di continuare questa catena, inserendo in essa un’artista contemporanea che potesse avere caratteristiche poetiche e tematiche, legate al mondo delle donne. Ho pensato subito a Shirin Neshat, della quale parlo anche nel mio libro dedicato ad Annina Nosei, The Difference is Woman», spiega Graziano Menolascina in un nostro colloquio.

Shirin Neshat, Illusions & Mirrors (2013), Courtesy of the artist and Gladstone Gallery, New York and Bruxelles

Shirin Neshat è nota a livello internazionale per la sua firma fuori dagli schemi, per le serie fotografiche e le costruzioni filmiche che le sono valse nel 1999, nell’ambito della Biennale d’Arte, il Leone d’Oro come migliore artista internazionale e dieci anni dopo, il Leone d’Argento per la migliore regia alla Mostra del Cinema di Venezia. I raffinati e rigorosi lavori dell’autrice si pongono come un’esplorazione introspettiva della propria cultura. Come Man Ray si formò sotto l’ala di Marcel Duchamp e Francis Picabia, Neshat assimila dal fotografo statunitense l’uso della lastra di vetro davanti all’obiettivo della fotocamera, tecnica impiegata anche in Illusions & Mirrors. Assorbendo eventuali vapori acquei, la distorsione che ne consegue altera l’immagine del reale, lasciando immergere il pubblico nello spazio indistinto del suo inconscio.
Quella di Dreamers è un’opera tripartita in video installazioni in bianco e nero, che mostrano differenti mondi di matrice onirica, percepiti dall’artista a nome delle donne iraniane, come loro “testimone e icona”. Tali visioni appaiono in contrasto con l’aspra realtà che costringe il paese, in particolare a seguito delle restrizioni emanate alla fine degli Anni Settanta. Questo trigger storico è simbolicamente testimoniato dalla processione di donne velate nel cortometraggio Sarah (2016), le cui uniche parti scoperte rimangono le mani. I personaggi sono intrecci di narrazioni tessuti dall’interiorità dell’autrice che corrispondono, in maniera simbolica, all’ambientazione del mare, della foresta e dell’isola.

Shirin Neshat, Roja (2016), Courtesy of the artist and Gladstone Gallery, New York and Bruxelles

In Illusions & Mirrors (2013), il cui personaggio principale è interpretato dall’attrice Natalie Portman, Neshat rinuncia al linguaggio parlato e utilizza gli effetti visivi e sonori come forma di un dialogo surreale che, citando le parole del curatore, “non ha lingua, non ha religione, non ha razza, ma è universale e comprensibile a tutti”.
Il cortometraggio Sarah (2016), dal cui titolo prende il nome la protagonista, interpretata dalla pittrice iraniana Sara Issakharian, è ambientato in una selva, emblema del non conoscibile. Esso si compone di scene non lineari poste in successione, i cui cambiamenti prospettici della telecamera ricreano la riflessione alienante e ricorrente del proprio vissuto.
Nel video Roja (2016), la narrazione è incentrata sulla ricerca identitaria di Neshat, attraverso la scrittrice Roja Heydarpour, anche lei un’immigrata di prima generazione in America. L’artista esplora le ansie alla radice dell’esperienza transculturale del migrante e del rifugiato, come un segmento crescente della popolazione del mondo contemporaneo.
Il cortometraggio parte da un monologo di cui si è, insieme a Roja, spettatori e approda in un’isola cretta dalla nostalgia e dalla memoria, in cui ogni impronta diventa visibile e ogni passo rilevante.

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