La biennale di arte pubblica SMACH da anni porta nella natura della Val Badia, in diversi luoghi attorno a San Martin de Tor – e al Museum Ladin, vicino alla sede di SMACH – opere selezionate sulla base di progetti presentati in un bando a tema. Per ogni edizione, alcune delle opere vengono acquisite e formano la collezione permanente collocata nei boschi e nei prati della “Val dl’Ert” – valle dell’arte – che è fruibile in continuità. Nell’edizione 2023 il tema scelto è Sprouting (germogliando). <<Sprouting indica l’azione in atto di germogliare, la nascita di una nuova potenziale vita vegetale, simbolo di fertilità e ricchezza ma anche germoglio da proteggere e curare>> spiegano gli organizzatori. <<Sprouting è anche un termine utilizzato per indicare, nel campo della plasticità neurale, la capacità del sistema nervoso di modificare, in base all’esperienza, e a fini di apprendimento, i propri circuiti sia dal punto di vista strutturale che funzionale. Gli artisti coinvolti non hanno avuto limiti di tecnica e contenuto e hanno lavorato liberamente sul tema proposto, ponendo sempre attenzione al contesto culturale e paesaggistico in cui sono intervenuti>>.
Son stati selezionati dieci progetti, collocando le installazioni in luoghi legati da un percorso di trekking, connessi anche in quanto simbolici ed iconici rispetto alla natura, alla storia e alla vita delle genti di questa parte della regione Ladina e, per esteso, della Ladinia tutta. Gli autori sono Stefano Caimi, Egeon, Delilah Friedman, Kg Augenstern: Christiane Prehn e Wolfgang Meyer, Anthony Ko, Collettivo LIDRIIS: Luigina Gressani, Giuseppe Iob, Paolo Muzzi e Carlo Vidoni, LOCI studios: Wolfgang Gruber, Herwig Pichler, Allegra Stucki, Jaco Trebo, Megx: Margherita Burcini, Michela Longone, Anuar Portugal: hanno seguito il tema con una delicata, minimale immedesimazione delle opere nella “logica vitale” della natura in cui sono poste, sfuggendo a definizioni di genere artistico, a favore di inserimenti e spunti riflessivi radicati nell’ambiente sebbene liricamente distopici.
Nel confronto con le opere degli anni precedenti, esposte nella Val dl’Ert, si coglie una linea di tendenza di SMACH 2023 ad approfondire progressivamente il rapporto con la natura dei luoghi, passando da installazioni più assertive e dimensionalmente percepibili (da lontano, da molteplici inclinazioni dei versanti) a opere dove la mimesi materiale e i sottili concetti evocati portano a una dimensione meditativa, ravvicinata, che trova il suo vettore nella ricerca del dettaglio costitutivo come nascente dal terreno, da un tronco, dalle foglie. Le opere vengono percepite scrutando nel folto del bosco e nelle variazioni di prospettiva durante il cammino, anche grazie ad un momento di salutare smarrimento che di per sé altera il tempo in chiave emotiva, mentre il particolare indagato diventa il nucleo della riflessione proposta dal progetto. Dettagli formali e concettuali che possono proporre delle sfide nella presentazione, da osservare anche in alcuni lavori, forse più criptici per via delle esili e contenute dimensioni e della forma assunta.
Megx, in Il popolo della corteccia, crea figure che nascono dalla corteccia degli alberi con fattezze umane, realistiche solo nella mimesi con l’albero, ma mai corrive rispetto al realismo artigianale tradizionale, evocando le favole antiche proprio con manufatti che si dilaveranno nel corso tempo dell’esposizione, sparendo come spiriti nel bosco. Delilah Friedman, in Nexus, tesse connessioni vegetali-neuronali-relazionali tra i rami degli alberi, in una sorta di tela di ragno o di antico uncinetto, con filami di essenze naturali mediterranee, che parlano di relazioni emotive umane e connessioni naturali, ed essendo alloctone (aloe) suggeriscono l’universalità del concetto. LOCI, nel progetto Head in the clouds, fa permanere sul laghetto una “nuvoletta” di vapore, prodotta senza apporto energetico esterno, utilizzando la naturale potenzialità di un dislivello idraulico: un dettaglio che segna la percezione di quella natura che “germoglia anche nell’aria”, così come la meditazione porta i suoi frutti. Una riuscita macro-installazione a più voci, che sembra cogliere quella coralità della cultura ladina, dove la natura appare amica nel segno di una dialettica e laboriosa convivenza.
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