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SpartiAcque, una doppia mostra tra arte e ambiente, nel cuore della Puglia
Arte contemporanea
Una doppia mostra di respiro internazionale con 17 profili di artisti per la terza stagione della rassegna in Puglia “Nucré” di Artopia Gallery di Milano, iniziativa dei galleristi Rita Urso e, suo figlio, Arechi Invernizzi che si svolge durante la loro permanenza estiva a Ceglie Messapica in provincia di Brindisi; tra gli obiettivi, raggiunti, ha di portare nel paese e in campagna l’arte contemporanea con il coinvolgimento di artisti già rappresentati dalla galleria e nuovi nomi, diversi curatori e collaboratori dal territorio, filtrando la proposta di anno in anno attorno a un tema, in virtù della bellezza autentica e del patrimonio locali ma aprendone gli orizzonti con uno scambio artistico culturale oltre confine.
Progetto sostenuto dalla regione e il comune ospitante e immancabilmente dall’istituzione che più di tutte rappresenta la Puglia nel contemporaneo, la Fondazione Museo Pino Pascali, e che quest’anno ruota intorno alla tematica dell’acqua, delle acque, presentando opere storiche novecentesche e degli anni Duemila, fino agli inediti 2024 dell’artista selezionata per una residenza nel contesto territoriale – come da programma di ospitalità attivato dalla scorsa edizione.
Lavori proposti in vivace discussione, più che in dialogo tra loro, per assonanza od ossimori in due percorsi ben diversi però raccordati ed efficacemente interagenti: parte della mostra “SpartiAcque” si svolge tra le stanze abitate del Trullo Rubina, fino al 23 agosto, parte nel pieno centro di Ceglie, al Castello Ducale nelle vecchie Scuderie e al piano nobile nella Sala dei Sindaci, fino al 31 agosto. Dove al trullo il percorso, intimo per così dire domestico, a cura di Marilena Di Tursi e Arechi Invernizzi segue coordinate temporali e prende il titolo “SpartiAcque. (Di)stanze vicine”, e al castello, curato da Antonella Marino, coordinate spaziali, denominato “SpartiAcque. Storie intorno al pozzo”.
Ne riferisce Rita Urso in catalogo: «I lavori delimitano uno spartiacque, ed aprono ad un’alternativa, parlano di divisione, di supremazia, di urgenze ecologiche ma anche di relazione, condivisione, e solidarietà».
Opere che includono una grande varietà di media che come molecole nei fluidi tendono a muoversi insieme e a disgregarsi. «L’acqua separa, continua Urso, travolge con la sua forza naturale immane, è campo dove si svolge la lotta per il potere ma è anche in grado di riunire e mettere in comunicazione». Dalle più poetiche alle più politiche e stringenti, le opere trattano di consapevolezza, delle condizioni idrica e ambientale, sociale, umana.
Lungo una ideale linea del tempo, presentati in coppie transgenerazionali in una abbinata paritetica tra protagonisti femminili e maschili, emergenti e affermati, si trovano esposti in deliziose camere sotto i coni del Trullo Rubina da un olio, smembrato da Cronache di Albisola, di Aligi Sassu del 1948, che si affianca ieratico alla composizione digitale con mezzo busto e piscina stampato da Julie Béna su un tendaggio qui giustapposto (6 Sobering questions. The swimming pool, 2015), a un quadretto in gesso incorniciato di Fausto Melotti del 1950. Passando per una tela di Giulio Turcato del ‘70 e una estroflessione, azzurro mare, di Agostino Bonalumi del 1980, pezzi dalla collezione privata della famiglia Urso Invernizzi che si confrontano uno a uno col notevole comparto di video a firma di Marzena Nowak (Water, 2002) e Rachele Maistrello (The Hidden Shapes, 2021), entrambi ipnotici, incentrati sul rapporto tra corpo, ambiente acquatico e gestualità, e di Elena Mazzi (Poç, 2023), che apre una riflessione sul senso di comunità e la storia, col racconto di una piscina costruita dai soldati della prima guerra mondiale nei boschi del Friuli. Sono presenze integrate in casa, nutrienti per la vita agreste.
Un filo blu, più che rosso potremmo dire, come un corso d’acqua lega tra titoli, contenuti o evidenze formali a maglie più o meno strette tutta la selezione del Trullo fino al Castello, dove si incontrano un’abbondanza di altri rapporti possibili, tra studi, materiali e pratiche diverse, con un altrettanto appagante corpus di video, sculture e installazioni, fotografie, finanche acquerelli.
Viene all’occhio una mappa ideale dei luoghi in cui buona parte degli artisti coinvolti ha trovato ispirazione e fatto una determinante esperienza con l’acqua, le acque: il Circolo Polare Artico, raggiunto da Maia Marinelli nel 2015 teatro delle azioni del ciclo, potente, Occupy North, il paesaggio marittimo e fluviale lettone della straniante elaborazione video digitale di Eva L’Hoest e il ghiacciaio in Islanda, scenario di un capolavoro video dei Masbedo del 2008 (Teorema di incompletezza), fino all’Antartide dove ancora Lucy + Jorge Orta sono stati in spedizione nel 2007 ideando al ritorno i loro iconici “kit di salvataggio” multi materiale Life Line, passando per l’immaginario mediterraneo evocato dalla forme stilizzate scultoree di Alessandro Vizzini, Fragile sognatore del sud (0009), 2022 e Pelagos (0007), 2021), arrivando in Puglia.
Opera di raccordo tra i due poli espositivi è infatti la serie specific di disegni su carta Neviera che Giuditta Vendrame, l’artista in residenza al Trullo Rubina, ha realizzato durante la sua peregrinazione guidata nell’area cegliese lungo un itinerario di architetture ipogee della zona, “affascinata”, dichiara, “dalla tensione tra la scarsità di acqua di superficie e la ricchezza delle correnti sotterranee”. Ritroviamo i suoi disegni “diafani, candidi, nevosi” alle Scuderie ducali.
Perno dell’esposizione in quegli ambienti è sicuramente la scultura totemica, scientificamente informata con lo stile inconfondibile di Andreco dalla serie Rain Drops, che tratta del processo evolutivo della goccia di pioggia e che simbolicamente riunisce tutti i territori succitati, facendo parte di una allargata ricerca dell’artista, anche ingegnere ambientale, che ci conduce da una visione antropocentrica a una ecocentrica, con azioni in diversi paesi del mondo. La sostenibilità ambientale e dei cambiamenti climatici è nostra responsabilità tutta umana.
Dal cielo alla terra, raccolta nelle pozzanghere di acciaio inermi di Alexander Gutke, l’elemento acqua, naturalmente vitale, è anche alla base degli acquerelli di Claire Chalet (séparé ensem, 2024) che suggeriscono una chiave di lettura, tra le altre, della doppia mostra: “Nella fluidità del segno, paiono fronteggiarsi due mondi diversi e separati ma che leggiamo nella loro relazione come uno solo”.
Il mondo naturale è uno e unico, e ci riguarda tutti, così come le dinamiche per la tutela e per le risorse. Ricongiungiamoci. “La raccolta dell’acqua, la sua riserva, il suo razionamento e l’approvvigionamento, la sua distribuzione, sono tutti stati e disposizioni che rimandano ad una comunanza di regole sociali, ad una cultura della prudenza e della previsione”, chiosa la gallerista.
Pensiamo a “un domani” come indica in dialetto l’espressione “nu-cré”. Non possono rimanere inascoltate le l’urgenze del pianeta e sociali.
La questione che pone SpartiAcque è serissima, sprovincializzando la provincia, glocalizzando la tipicità paesana e agricola, come Puglia comanda. Si va in ferie con l’arte contemporanea.