Spazi di libertà nell’arte contemporanea: il MAAAPO di Arena Po

di - 26 Aprile 2024

L’Arte Contemporanea non si presta a schematizzazioni generiche. La materia è vasta e complessa; talvolta labile o filosoficamente insostenibile. Molta arte si è presentata come un surplus, una superfetazione, il glamour di un rumore di fondo abile ad occupare la scena, che ha sottratto luce e spazio ad altri eccellenti esempi. In altri termini, un’arte pericolosamente implicata nella reiterazione di concetti e principi ideativi già ampiamente espressi nella seconda metà del secolo breve e, quindi, privi di effettiva necessità spirituale e conseguente mancanza di incisività di linguaggio. Per non parlare di quel punto toccato con la svolta “fringe” che – secondo le lucide analisi di Mario Perniola – ha portato l’arte sul crinale di un principio di indeterminatezza assoluta, dove “tutto” può essere considerato arte.

Ciò nonostante, secondo il relativo nostro punto di vista, ci si può azzardare a porre l’accento su alcuni punti salienti emersi nella ricerca artistica italiana degli ultimi tre decenni e che sono rintracciabili in quella autentica tensione, da parte di singoli o gruppi di artisti, verso la riscoperta di alcuni valori trasversali ritenuti essenziali; come ad esempio il rapporto con il territorio, con la città e il suo campo urbano e, più in generale, con il concetto di spazio umano, con la natura e con il portato simbolico ad esso connesso. Non ultimo, il discorso sulle periferie, (a questo proposito si veda l’interessantissimo contributo dato dal volume PERIFERIA@, a cura di Giorgio De Finis e Claudia Pecoraro, Castelvecchi editore, 2022).

Arena Po

Sociale e autoriale: dimensioni d’arte in dialogo

In una parola si tratta della “riscoperta” – vuoi anche a partire dalle sollecitazioni teoriche di un Nicolas Bourriaud – della dimensione sociale della coscienza, nell’accezione più ampia, anche “interstiziale”, riguardante in primis la necessità e capacità di relazionarsi con l’alterità, sia umana sia con gli enti di natura; anche quella delle risorse primarie per le quali le dinamiche della guerra in Ucraina ne sono la prova provata. È anche vero che nella coltivazione e sviluppo della dimensione sociale, ancorché nella gestione delle risorse, si gioca molto, se non tutto, del destino umano. Il che vuol dire saper convivere tra individui e Nazioni in virtù di un interesse comune che si muove, ormai inevitabilmente, tra amministrazione locale e amministrazione globale. Il “sommo bene”, avrebbe detto Baruch Spinoza.

E quindi per molta arte la scelta è stata quella di approntare programmi e pratiche correlati a questi obiettivi, molti dei quali lontani dal considerare la dimensione autoriale come prioritaria. Certamente non secondaria e mai sacrificata del tutto, piuttosto intesa come forza promotrice di energie sociali sopite, vettore di avviamento di processi di partecipazione creativa. Come è avvenuto, per fare qualche esempio, nel 1993 all’interno della mostra Forme di relazione, curata da Roberto Pinto a Orzinovi, che ha visto la partecipazione di artisti impegnati ad ampliare le relazioni e le interconnessioni tra i saperi e le discipline.

Ma si pensi pure all’importantissimo Progetto ORESTE presentato alla XLVIII Biennale di Venezia del 1999: punta di diamante di una pluralità di processi ramificati, laboratori, pagine web, riunioni, residenze estive, convegni, in cui il principale cardine – come afferma Lucilla Meloni  nel libro Le ragioni del gruppo (Postmediabook 2020)- consiste nel «Restituire centralità al dibattito, a partire dalle ragioni alla base del proprio lavoro, per riflettere sui ruoli e i significati dell’arte nel rapporto con la collettività». Un lavoro, iniziato a Paliano e portato poi a Montescaglioso, Bologna, Lecce.

E si potrebbero citare altre realtà culturali portate avanti con coerenza e rigore. Come quella di Stefano Boccalini e la comunità montana di Val Camonica; di Pasquale Campanella con Wurmkos, che da anni ha approfondito il tema dell’abitare per la Comunità di Parpagliona di Sesto San Giovanni, di Pieve San Giacomo a Cremona, e a Latronico in Basilicata.

Creatività e genius loci al MAAAPO – Museo Arte Ambiente Arena Po

E dunque emerge in molti artisti pure la necessità di radicarsi e operare in realtà territoriali distanti da city life, dagli effets de lumière, mettendo in discussione il concetto stesso di centro. Operando lontani dalla grancassa del sistema dell’arte, ridimensionandone l’eccessiva enfasi mediatica basata sul presentismo e troppo spesso sull’hype, come da tempo evidenziato da Piroschka Dossi nel suo Art Mania, per concentrarsi sui processi lenti ed efficaci del lavoro dell’arte, sia quella autoriale, sia quella volta a creare un reticolo di relazioni con le comunità locali.

Costas Varotsos, MAAAPO di Arena Po

Così come sta accadendo ad Arena Po, Borgo d’Arte convenzionato con l’Accademia di Belle Arti di Brera, con il progetto MAAAPO – Museo Arte Ambiente Arena Po, portato avanti dalla lungimiranza dell’artista Gaetano Grillo che ha iniziato, da alcuni anni, a invitare autori di chiara fama a operare su un territorio dagli altissimi gradienti paesaggistici, come quello dell’Oltrepò pavese, per un museo a cielo aperto che comprende opere di artisti come Costas Varotos, Gianni Cella, Riccardo Cordero,Gianni Asdrubali, Nicola Salvatore, Gaetano Grillo, Bruno Ceccobelli, Antonio Ievoliella, Gianfranco Notargiacomo, Igino Legnaghi Aldo Spoldi, Wal, Renzo Gallo, Michelangelo Galliani, Giuseppe Maraniello, Omar Galliani, Italo Antico, Alik Cavaliere, Marco Nereo Rotelli, Marika Ricchi, Antonio Paradiso.

Giuseppe Maraniello, MAAAPO Arena po

Insomma, energie messe in moto, in virtù delle ragioni di cui sopra e che vedranno l’annuale apertura dei lavori il prossimo 11 maggio con ArenaripArte, alla presenza del sindaco Alessandro Belforti e di Livia Pomodoro, Presidente del MAAAPO,  che inaugurerà la sede fisica del Museo che, per l’occasione, ospiterà una mostra di Riccardo Cordero.

Gaetano Grillo, Alfabeto grillico, MAAAPO di Arena Po

Nel suo saggio Dipingo dunque esisto, così si esprime Gaetano Grillo: «Se la globalizzazione sta uniformando i modelli e omologando il genere umano, avrà ancora senso in futuro parlare d’identità legata al territorio? Già oggi non si distingue più un pittore cinese da uno americano. Se i riferimenti saranno globali e se si allenterà il radicamento ai luoghi d’origine, se l’umanità sarà piuttosto uniforme in tutto il pianeta, avrà ancora senso parlare di genius loci?».

Gianni Asdrubali, MAAAPO di Arena Po

Come dire che il legame che ci unisce ai luoghi va rinsaldato, operando una riconciliazione con l’ambiente; a partire da quello umano, dalle relazioni, dalla creazione di contesti lontani dalla temporalità corrosiva odierna e che i luoghi per esprimersi e partecipare non passano unicamente per quelli canonici del “sistema dell’arte”.

La ricostruzione dell’individuo, frammentato e leso nella sua integrità da una civiltà eticamente in frantumi, passa anche, forse soprattutto attraverso queste vie, in cui l’arte, nelle sue molteplici modalità e declinazioni, torna ad avere un ruolo fondamentale.

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