Storia di una collezione: parla Mauro De Iorio

di - 13 Gennaio 2022

Tra i più popolari collezionisti d’arte contemporanea in Italia, Mauro De Iorio ha aperto – lo scorso ottobre – il suo terzo spazio espositivo (due sono a Trento), stavolta a Verona.
Ma più che di un “museo” si tratta di un incrocio che mischia le due anime di De Iorio, quella dedicata alla medicina e quella dell’arte.
Lo spazio è stato ricavato in un’ex segheria risalente agli anni ’30 che ospita anche il centro
diagnostico del gruppo Tecnomed di cui De Iorio è presidente. Il collezionista però ha scelto di distribuire le opere anche nell’area dedicata agli ambulatori, negli uffici, nei corridoi, nelle sale d’aspetto, oltre che in un grande “deposito” al lato del primo edificio. Un dialogo continuo con l’ambiente, dove incontriamo opere di Petrit Halilaj, Sam Falls, Nairy Baghramian, o degli italiani Francesco Gennari, Andrea Salvino, Patrizio Di Massimo, Francesco De Grandi, o le installazioni di Nathalie Djurberg & Hans Berg. Ecco la nostra intervista, per avere un quadro più chiaro di come, cosa e perché un collezionista sceglie, nel 2022.

Partiamo dal principio: da dove comincia, e quando, la Collezione De Iorio?
Dopo anni di intenso impegno lavorativo ho sentito l’esigenza di introdurre nella mia vita qualcosa di nuovo, così ho iniziato a frequentare fiere e gallerie d’arte contemporanea, prima spinto da curiosità poi da un crescente desiderio di conoscenza che è sfociato in un’autentica passione. La prima opera l’ho acquistata nel 2002.

Mauro De Iorio

Quali sono i pezzi, le poetiche, gli artisti, che privilegi?
La ricerca del senso della mia collezione e l’individuazione delle poetiche più rappresentate dalle opere che la compongono è un lavoro che sto affrontando, anche in considerazione del desiderio di realizzare finalmente un sito web per la Collezione. Ci sono alcune tematiche a cui sono più sensibile. Il nucleo forse più significativo è quello delle opere che affrontano i molteplici aspetti del processo di individuazione e della ricerca del sé. Sono lavori che riguardano il corpo e alcune sue parti anatomiche più simboliche (volto, mani, piedi, lingua), riferimenti presenti nelle sculture di David Altmejd, Michael Dean, Mark Manders, Giulio Paolini, Alessandro Pessoli, Massimo Grimaldi o nelle fotografie di Mimmo Jodice e Lucas Blalock. Questo gruppo comprende anche opere che trattano il tema dell’identità di genere; penso a Elle Perez, Juliana Huxtable, Puppies Puppies. Un altro nucleo consistente è quello che riguarda la morte e le problematiche ad essa connesse, tema presente nelle opere di Miriam Cahn, Sanya Kantarovsky, Tang Dixin, Marc Padeu. L’ironia è un altro tema che ricorre spesso, così come la sdrammatizzazione dei miti, dei luoghi comuni, del perbenismo, dell’idea classica di bellezza: tutti aspetti un po’ irriverenti che fanno parte del mio modo di essere e di pensare, mi vengono in mente Ryan Gander, Prem Sahib, Michael E. Smith e Alessandro Pessoli. Infine, alcune opere auliche, rasserenanti, che infondono un senso di pace e inducono alla contemplazione e alla meditazione, una specie di medicina per le mie angosce: Ettore Spalletti, Oliver Laric, Rachel Whiteread, Francesco Gennari.

Hai cambiato gusti, nel corso degli anni, o sei sempre stato fedele a una linea?
Ho sempre avuto una propensione per la scultura, ma negli ultimi anni ho acquistato molte opere di pittura figurativa. L’amore per la scultura però è sempre presente.

TecnomedZai – Esterni – Ph. Marco Totè

Dopo Trento hai deciso di aprire un nuovo spazio a Verona. Che parte di collezione è raccolta qui, e cosa vorresti che il pubblico si portasse a casa da una visita alla tua raccolta?
Durante la ricerca di uno spazio per il nuovo studio diagnostico, ho individuato una struttura dotata di un nucleo centrale e una vecchia segheria risalente agli anni Trenta molto interessante dal punto di vista architettonico. La segheria è stata ristrutturata mantenendo l’aspetto originario ed è diventata il terzo spazio della Collezione, dove abbiamo allestito alcune opere di grandi dimensioni, come quelle di Petrit Halilaj, Sam Falls, Miriam Cahn, Lara Favaretto. Mi piacerebbe che il visitatore della mia raccolta portasse a casa un po’ dell’emozione che ho provato quando ho visto per la prima volta le opere, e del piacere trovato nel farle dialogare tra loro nei diversi spazi che le contengono.

Quali sono le fiere imperdibili per chi colleziona, e perché?
Pensando all’Italia direi Artissima e Miart, entrambe di altissimo livello, in occasione delle quali vengono allestite interessanti mostre nei musei e nelle fondazioni delle due città. Le fiere imperdibili all’estero sono Art Basel, sia nella sede svizzera sia a Miami, che per me resta la fiera più divertente per la location e per l’atmosfera che la contraddistingue. Inoltre, Liste, sempre molto interessante per la presenza di gallerie e artisti emergenti. La mia fiera preferita parlando di giovani è Paris International, in contemporanea a Fiac, che pure amo molto, dove trovo sempre qualche nuovo artista da aggiungere alla mia Collezione.

Petrit Halilaj, Ru, 2017

Se dovessi dare un consiglio “politico” per supportare l’arte italiana, che cosa ti viene in mente?
Uno strumento per promuovere l’arte italiana è già stato pensato, e mi riferisco all’Italian Council: probabilmente per essere più efficace avrebbe bisogno di un budget più consistente.

A quali Paesi europei, e non, dovremmo guardare – secondo te – per potenziare la “nostra” arte, e perché?
Agli Stati Uniti in primis, e poi alla Gran Bretagna con le loro società eterogenee e multietniche, aperte a nuove visioni ed espressioni, contesti in cui è possibile crescere liberamente, contaminati da differenti culture.

Miriam Cahn, o.t. 17.8.13, 2013

Che cosa consiglieresti a un giovane che inizia oggi una propria collezione?
La cosa che mi sento di consigliare a un collezionista agli inizi è quella di seguire il suo gusto, di studiare gli artisti che gli piacciono e di cercare di non farsi condizionare dal mercato e dalle mode. La collezione che gli darà più soddisfazioni sarà quella che rispecchia la sua personalità, con le sue complessità e contraddizioni. E il suo collezionare gli consentirà di conoscere meglio sé stesso.

Florian Krewer, Flying high, 2020

Ci sono pezzi che ti sei pentito di aver comprato, e altri che avresti voluto comprare ma non ci sei riuscito?
Certamente, collezionando da molti anni, credo sia normale pentirsi di qualche acquisto. Come ogni collezionista, ho dei pezzi che vorrei aggiungere alla Collezione, ma che non sono ancora riuscito ad acquistare: Jana Euler, Michael Armitage, per citarne alcuni, e alcune opere di Sanya Kantarovsky, artista di cui possiedo un dipinto e un monotipo, ma di cui vorrei avere un nucleo più significativo di lavori.

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