Il MAMC – Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di Saint-Étienne accoglie “The House of dust. Collections au féminin (1960-2020)”, una mostra tutta al femminile che ripercorre, attraverso 130 opere, le ricerche di una quarantina di artiste internazionali. Tutte in maniera diversa, queste opere esprimono preoccupazioni comuni, come linguaggio, corpo e materia, attraverso dipinti, fotografie, installazioni e design. I lavori sono provenienti per lo più dalle collezioni del museo francese, tranne una cinquantina, che vengono dal CNAP – Centre national des arts plastiques.
Alexandre Quoi, curatore e responsabile del dipartimento scientifico del MAMC+, ha introdotto la mostra parlando della necessità di migliorare la visibilità della creazione femminile anche mediante le collezioni del museo di cui, a oggi, solo il 4% delle opere sono di donne, su un totale di 20mila pezzi. Dopo un riferimento al saggio “Perché non ci sono state grandi artiste?” (1971) della storica dell’arte Linda Nochlin – la cui risposta è “Perché la storia dell’arte è stata scritta dagli uomini” – il curatore riflette sulla missione del museo, che è quella di valorizzare le proprie collezioni, come di promuovere nuove acquisizioni.
L’istituzione museale può dunque alimentare scambi tra arte e società mediante proposte artistiche audaci e favorire l’uguaglianza di genere, contribuendo a cambiare dei comportamenti ormai assunti come “tradizionali”. La creazione femminile, come di altre cosiddette “minoranze”, rappresenta una grande novità, sia in termini di contenuto e di forme, che di sperimentazione, offrendo spesso visioni più avanzate delle società e incarnando un’alternativa alle immagini precostituite che invadono massivamente il nostro quotidiano.
Chi sono le artiste? Acquisita di recente, The House of Dust (1967), che dà il titolo alla mostra, è un’installazione pionieristica di Alison Knowles, che produce poesia secondo un processo informatico aleatorio. Poetessa e artista visiva statunitense, cofondatrice del movimento Fluxus, Knowles ha realizzato una magnifica composizione di 84.672 quartine, capace di stimolare, di volta in volta, idee e concetti nuovi. Lungo il percorso non potevano mancare poster e video delle mitiche Guerrilla Girls, quelle che nel 1985 a New York ribaltarono i codici con il loro proclama: «Le donne devono essere nude per entrare al Metropolitan Museum? Meno del 5% degli artisti della sezione arte moderna sono donne, ma l’85% dei nudi sono donne».
Troviamo poi Karen Knorr, qui con Gentlemen (1981-1983), una serie di fotografie in bianco e nero che l’artista scattò nei club maschili di St James a Londra, nell’era di Margaret Thatcher, di cui denunciava lo stile di vita e la rigida gerarchia sociale. The Hero è uno scatto a colori che immortala Marina Abramović nella sua celebre performance del 2001, dove in groppa a un cavallo sventola una bandiera bianca in omaggio al padre, soldato nella seconda guerra mondiale. The Hero è anche il primo NFT dell’artista serba, lanciato quest’anno in collaborazione con CIRCA – The Cultural Institute of Radical Contemporary Art. Enfoncement d’un rayon de soleil (1969, Eure in Normandia), un set di quattro belle fotografie di Françoise Masson, documenta un’azione performativa di Gina Pane che seppellisce simbolicamente un raggio di sole in un terreno di coltura con l’ausilio di specchi.
Interessante la selezione d’arte tessile, che propone la serie Minimes di Sheila Hicks,dove coloratissimi fili di lana vengono assemblati in forme che rimandano alle costellazioni e alla natura terrestre. Marinette Cueco invece nelle sue opere celebra la natura mettendone in risalto i materiali stessi, in composizioni astratte come Entrelac: Juncus tenuis, dit Jonc grêle, un magnifico, grande pannello monocromo di questa artista-botanica francese, considerata una pioniera dell’arte tessile. C’è poi A two months story of a lady in Dusseldorf, 15.02.1969 -16.04.1969 di Dorothy Iannone, in cui si racconta, con parole e disegni, la sua relazione con l’artista Dieter Roth. Una storia d’amore descritta a tutto tondo e senza fronzoli, con personaggi nudi e disinvolti, dai tratti netti e coloratissimi. Una curiosità? Nel 1969, l’artista statunitense fu invitata da Roth a partecipare alla collettiva “Freunde-Friends-d’Fründe” presso il Kunsthalle di Berna. Il direttore del museo, Harald Szeemann, chiese a Iannone di coprire i sessi delle figure ritratte in The (Ta) Rot Pack (1968-1969). La censura e la protesta di Roth portarono Harald Szeemann alle dimissioni. Da questa vicenda nasce il racconto illustrato “The Story Of Bern”, creato dall’artista nel 1970.
In Body Parts (foto in bianco e nero, 1981), Jan Groover coglie, in ambienti urbani, parti di corpi come gambe, mani o braccia, su foto stampate al platino-palladio, restituendole in una gamma più ampia di toni, in cui l’oggetto prevale sul soggetto. Il percorso continua con l’elegante design di Nathalie Talec, le mitiche foto di Lisetta Carmi, ma anche con Laurie Anderson, Nan Goldin, Kiki Smith, Marieta Chirulescu o Jackie Winsor. Il percorso apre nuove e interessanti chiavi di lettura sulla creazione femminile, grazie a una curatela attenta alla sperimentazione artistica e ai particolari storici.
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