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Tania Bruguera e i processi di “non dimenticanza”. Al PAC
Arte contemporanea
Il mondo è sordo. E chi popola questo mondo — noi, fieri fautori dell’antropocene, siamo anestetizzati e assuefatti all’immagine del dolore, della sofferenza, spesso geograficamente lontana, ma vicinissima, perché “riportata” su un piccolo schermo affacciato sul globo che teniamo abilmente sul palmo di una mano. Siamo diventati immuni all’ingiustizia, sugli altri, alla privazione di libertà, altrui, alla perdita di senso di comunità e di collettività.
Tania Bruguera grida, in silenzio. L’artista e dissidente cubana non ha bisogno di “urlare”, di sbandierare un megafono che amplifichi i messaggi. Sono le opere e chi le abita a farci togliere l’impermeabile contro l’indifferenza. La mostra al PAC di Milano è spoglia, ma densissima e popolata. Il titolo “La verità anche a scapito” del mondo si riferisce a un fatto del 28 ottobre 1964 quando la filosofa e storica tedesca Hannah Arendt — tra le maggiori fonti d’ispirazione dell’artista — partecipa al talk show della televisione della Germania Ovest dal titolo Zur Person – Porträts in Frage und Antwort. Alla domanda del presentatore Günter Gaus, giornalista, celebre commentatore TV, diplomatico e per un breve periodo anche politico regionale a Berlino: “Ci sono motivi validi per tacere su alcune cose che sa?”, Arendt risponde in latino: “Fiat veritas et pereat mundus (sia detta la verità anche a scapito del mondo). Arendt aveva invertito la locuzione latina originale che diceva “Fiat iustitia et pereat mundus” per alludere ideologicamente e politicamente a una società non giustizialista bensì basata sulla verità. Una verità che, universalmente, significa libertà di esistere, di esprimersi, di conoscere, di essere. Bacone diceva: sapere è potere. Sapere però non presuppone agire o reagire. Mettere in moto una reazione. Ecco, Tania Bruguera mette in moto processi di non dimenticanza. Meccanismi di reazione. Ci sono due opere in particolare che mi hanno catturato per il rapporto tra la loro essenziale e impeccabile sintesi formale e la potenza comunicativa che incarnano. La 22.853, Crying Room (stanza del pianto), 2018-2021 e l’installazione ambientale “performata” Sin Título (Habana, 2000), 2021.
La stanza del pianto è stata originariamente presentata nella Turbine Hall della Tate Modern di Londra nel 2018. Prima di entrare si viene timbrati con un numero che indica tutte quelle persone che hanno attraversato il Mediterraneo quest’anno, comprese coloro che hanno perso la vita nel farlo. Il numero viene aggiornato quotidianamente. La stanza è algida ed è vuota, se non fosse per alcune fessure nelle pareti che rilasciano un composto organico al mentolo che induce alla lacrimazione. La luce è potente. L’artista parla di “empatia forzata” perché, in quel luogo quasi clinico, ci troviamo a condividere con perfetti sconosciuti uno spazio “intimo”, quello del pianto. Per lo spettatore frettoloso sarà solo una boccata di fresco, di odore di menta inebriante. Per chi decide di sostare, di prendersi più tempo, si troverà a confrontarsi con il pianto, seppur indotto, e condividerlo con altri. Quello che probabilmente faremmo se solo ci soffermassimo ad osservare più a lungo un’immagine straziante di un giovane migrante morto nelle acque del Mediterraneo o di chiunque si trovi a vivere in una dimensione di dolore, sofferenza o privazione di libertà.
Sin Título — che occupa tutto il primo piano, insieme a una time line dettagliata e ben congegnata — è invece una rielaborazione di un’opera realizzata per la Biennale de l’Avana e censurata dal governo cubano il giorno dell’inaugurazione. Lo spazio questa volta è quasi buio, si cammina su un tappeto di canne da zucchero in fermentazione di cui si sente il forte odore. Tre performer cubani nudi elencano a voce alta i nomi degli oltre cinquecento prigionieri politici a Cuba oggi. Molte delle incarcerazioni sono state fatte a seguito delle manifestazioni dell’11 e 12 luglio quando molti cittadini sono scesi in strada per protestare contro le insufficienti risorse sanitarie adottate per combattere il Covid-19 e ai movimenti 27N e di San Isidro in difesa della libertà di espressione. Le manifestazioni sono state represse dalla polizia di Stato e ad oggi non è certo il numero di feriti e di incarcerati, tra cui molti artisti.
Dissidente e detenuta più volte in passato, Tania Bruguera anche in questo caso ha messo in moto un processo di sensibilizzazione collettivo. A seguito di queste ingiuste incarcerazioni, l’artista ha invocato, sui social, il boicottaggio della 14° Biennale de l’Avana. Se il mondo è sordo, quello dell’arte è, molto spesso, anche cieco. Ma gli artisti hanno un’arma potente: ci fanno vedere la realtà da altre prospettive, facendo a pezzi la superficie per farci riflettere, aiutarci a capire. E Tania Bruguera lo fa, gridando, in silenzio.
La mostra Tania Bruguera. La verità anche a scapito del mondo, a cura di Diego Sileo, è in corso al PAC di Milano fino al 13 febbraio 2022.