I tasselli di plastica della tendina antimosca, fittamente intrecciati, a definire o nascondere una partizione di realtà, ondeggiano appena, mossi da un filo di vento, producendo un leggero crepitio che suona di una presenza perfettamente immersa in quel momento, in quello spazio. È un ricordo che appartiene a molti, una madeleine del tempo condiviso. Con il senno di poi, avremmo potuto dire che quei pezzetti di plastica altro non fossero che dei pixel. Da una parte, la tecnologia all’avanguardia, gli strumenti digitali più avanzati a disposizione per il calcolo e l’elaborazione. Dall’altra, materiali dai riferimenti tradizionali, che rimandano a sensazioni dal gusto antico, a memorie analogiche. Ma, in fondo, la linea di frontiera è unica ed è su questo crinale che si può incrociare la ricerca del collettivo Numero Cromatico. Fondato nel 2011 e composto da ricercatori provenienti dal mondo delle arti visive e delle neuroscienze, Numero Cromatico ha orientato la sua pratica su un metodo di ibridazione, coinvolgendo non solo arte e scienza ma anche psicologia, letteratura, comunicazione visiva (come nel caso dell’Intelligenza Artificiale addestrata a scrivere poesie d’amore). Gli abbiamo rivolto qualche domanda in occasione della loro recente mostra alla Galleria T293 di Roma, “The future will not wait for us”, il futuro non ci aspetta.
Da dove nasce la serie Tulipani, in mostra alla Galleria T293?
«Negli ultimi anni stiamo portando avanti una ricerca che ingloba alcuni principi estetici specifici, tra cui: l’utilizzo di algoritmi per la creazione del contenuto delle nostre opere; la realizzazione di ambienti arricchiti; l’utilizzo di specifici materiali per l’attivazione percettiva e sinestetica del fruitore; la ricerca di un equilibrio tra naturale e artificiale. Nell’ideazione di questa serie di opere abbiamo tenuto conto di tali principi pubblicati nel nostro saggio “Arte falsificabile e assenza di significato. Principi estetici e fare collettivo nell’azione di Numero Cromatico” (2023). Le opere della serie tulipani sono realizzate con le tessere delle tradizionali tende antimosca, quelle che si trovano soprattutto nel sud Italia davanti alle porte delle case e di alcune attività commerciali. Il titolo delle opere deriva dal disegno a tulipano presente su ogni singola tessera».
Si tratta di opere di grandi dimensioni, intrecci visivi di immagini e testo creati utilizzando algoritmi e intelligenza artificiale che si mescolano con materiali e tecniche tradizionali. Qual è la possibile relazione tra le opere e lo spettatore?
«Le opere sono dei grandi sipari e proprio per questo motivo, nella mostra da T293, al centro della sala, è presente un grande stangone teatrale che regge due tende attraversabili: una sorta di statement, un invito a toccare, attraversare, usare le opere.
Nei nostri lavori, tecnologie all’avanguardia e strumenti tradizionali si incontrano per generare diverse chiavi di lettura nello spettatore tentando di coinvolgerlo attivamente dal punto di vista fisico e psicologico. In questo caso, la mostra è intesa come un percorso che suggerisce al fruitore di muoversi nello spazio per vivere l’incontro con l’opera su più livelli: formali, contenutistici e interpretativi. Lo spazio è studiato per avvicinarsi e allontanarsi dalle opere per cogliere nel primo caso le caratteristiche materiche, cromatiche e astratte delle opere, e nel secondo caso la componente testuale e formale. Nello spazio, inoltre, abbiamo installato alcuni ventilatori che fanno danzare e “suonare” le opere. Il pubblico, quindi, può riflettere anche su questa ulteriore caratteristica e osservare il loro movimento».
Si tratta della vostra prima personale in galleria. Com’è stato confrontarvi con questo spazio?
«Negli spazi di T293 avevamo già fatto, a giugno dello scorso anno, una prima mostra con alcune opere della serie Sempre Vivi. Una mostra più piccola per dimensioni e numero di opere, dal titolo Potrei diventare parte di te, nella project room “Also on view”. I nostri progetti sono sempre site specific, seppure poi le opere che li compongono vivono di vita propria in qualsiasi spazio. The future will not wait for us ovvero il futuro non ci aspetta è una produzione molto diversa rispetto al primo progetto da T293, con opere di grandi dimensioni e progettata per gli ampi spazi della galleria».
Come si inserisce questa serie nel vostro percorso di ricerca?
«In questo periodo stiamo lavorando su opere di grandi dimensioni e la serie Tulipani rappresenta solo una piccola anticipazione. Si tratta di una sorta di sconfinamento nello spazio costruito che abbiamo già sperimentato ma che in realtà sarà sempre più presente nei nostri progetti futuri».
A proposito di futuro, potete darci qualche anticipazione sui prossimi progetti di Numero Cromatico?
«A brevissimo abbiamo due appuntamenti importanti. A marzo inaugureremo la terza edizione di HOBIT – How Our Brain Innovates Thinking – il nostro progetto di lecture gratuite online che come di consueto si svolgerà a partire dalla settimana internazionale del cervello e coinvolgerà artisti e studiosi di caratura internazionale grazie anche al sostegno di Dana Foundation e FENS – Federation of European Neuroscience Societes. Sempre a marzo uscirà il libro fotografico che racconta la mostra Tre scenari sulla percezione del tempo, progetto espositivo in tre atti che abbiamo portato avanti lo scorso anno nel nostro spazio a San Lorenzo e che contiene al suo interno i testi di Nicolas Martino e Daniela Cotimbo, oltre al nostro. La presentazione del catalogo si terrà nel nostro studio e sarà un modo per aprire le porte della nostra wunderkammer al pubblico. Infine ci sono in cantiere alcuni progetti importanti di cui, magari, parleremo più in là».
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