19 luglio 2024

Tête-à-tête con Aindrea Emelife: curatrice del Padiglione Nigeria alla 60. Biennale di Venezia

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In occasione della 60. Biennale d’Arte di Venezia, Padiglione Nigeria ospiterà fino al 24 novembre 2024, "Nigeria Imaginary", a cura di Aindrea Emelife

Installation view, Nigeria Imaginary at the Nigeria Pavilion at the 60th International Art Exhibition — La Biennale di Venezia

Nel contesto dell’arte contemporanea globale, dove le narrazioni culturali e nazionali spesso affrontano stereotipi e semplificazioni, la mostra Nigeria Imaginary, curata da Aindrea Emelife, curatrice di Arte Moderna e Contemporanea presso il MOWAA, si distingue come un tentativo coraggioso di sfidare e rinnovare le percezioni comuni della Nigeria. Attraverso l’esplorazione di nuove prospettive e immaginari alternativi, la mostra si propone di ridefinire le narrazioni dominanti e di offrire una visione più sfumata e complessa del paese, attraverso opere commissionate e site-specific di un gruppo intergenerazionale di artisti: Tunji Adeniyi-Jones, Ndidi Dike, Onyeka Igwe, Toyin Ojih Odutola, Abraham Oghobase, Precious Okoyomon, Yinka Shonibare CBE RA e Fatimah Tuggar.

Installation view, Nigeria Imaginary at the Nigeria Pavilion at the 60th International Art Exhibition — La Biennale di Venezia

Situato nelle mura del Palazzo Canal del XVI secolo, Nigeria Imaginary si presenta come il contemporaneo del Mbari Club, vivace centro culturale fondato nel 1961 a Ibadan da Ulli Beier e dai giovani scrittori come Wole Soyinka e Chinua Achebe. Conosciuto anche come The Art Society, ambiva ad essere un ‘laboratorio di idee’ nei primi anni dell’indipendenza, un luogo in cui miti, esperienze della modernità coloniale, educazione morale e fantasia utopica si intrecciavano. Credevano fermamente che l’arte dovesse essere un impegno nazionale, una questione di interesse pubblico. Ed è sulla base di questi sentimenti che la curatrice Aindrea Emelife, ha pensato il Padiglione Nigeria, contenitore di quelle innovative e stravaganti re-immaginazioni di questa nuova scuola di artisti. 

Installation Shot of Toyin Ojih Odutola’s Work

Interessati dalle modalità con le quali Aindrea sia risuscita a trattare tali delicate tematiche legate alle narrazioni culturali e nazionali africane, spesso stereotipate ed eccessivamente semplificate, le abbiamo posto alcune domande: 

La mostra si propone di riflettere sulle costruzioni culturali e sociali che definiscono la Nigeria contemporanea. Come hanno affrontato gli artisti i temi dell’identità culturale, del cambiamento sociale e della memoria storica nel contesto di “Nigeria Imaginary”, e quali sono stati i risultati più significativi o provocatori di questi approcci?

«Molti artisti usano momenti della storia come punti di partenza, immergendosi in questi passati immaginari per esplorare nuove configurazioni del passato e del presente. Entrando nella mostra, si percepisce la speranza che permea la nostra nazione. Una volta immersi in quella speranza, i suoni provenienti dal paesaggio sonoro collettivo di Precious Okoyomon ci trasportano in uno stato di sogno.

Il lavoro di Yinka Shonibare nel Padiglione spinge a riflettere su come la perdita del patrimonio artistico influenzi l’immaginario della nazione. Shonibare immagina un futuro alternativo: gli oggetti sono reclamati e esposti con audacia, non come reliquie di una cultura primitiva perduta, ma come esempi di sofisticazione e innovazione artistica.

Ndidi Dike, Blackhood, A Living Archive, 2024

Tunji Adeniyi-Jones continua una tradizione modernista di sua invenzione contemporanea, interagendo con la tradizione della pittura a soffitto, spingendoci a immaginare un pittore nigeriano patrocinato dalle scuole o confraternite di Venezia. Le figure di Toyin Ojih Odutola comunicano nell’immaginario e la casa Mbari diventa un sito e una metafora. Abraham Oghobase complica la narrazione dell’obiettività e dell’autorità nei documenti scritti e fotografici del periodo coloniale della Nigeria.

Onyeka Igwe esplora quali prospettive avrebbero potuto avere i film realizzati in Nigeria dall’Unità Cinematografica Coloniale gestita dallo Stato britannico poco prima dell’indipendenza. Ndidi Dike analizza l’intersezione tra le proteste EndSARS del 2020 e la riemergenza del movimento Black Lives Matter, collocandosi sul vettore della criticità e della speranza. Infine, con Fatimah Tuggar esploriamo il potenziale immaginativo e innovativo del nostro artigianato, riflettendo sulla pressione coloniale che ha de-prioritizzato la creazione artigianale e guardando a un futuro di ibridazione culturale.»

Onyeka Igwe, No archive can restore this chorus of (diasporic) shame, 2024

Nel contesto dell’arte contemporanea globale, come cerca “Nigeria Imaginary” di sfidare e rinnovare le narrazioni dominanti e le percezioni comuni della Nigeria esplorando nuove prospettive e immaginari alternativi? E come le tue esperienze precedenti come curatore di mostre coloniali e decoloniali hanno influenzato il tuo approccio a questa mostra?

«Gli artisti sono volutamente interdisciplinari, multigenerazionali e rifiutano una presentazione molto “maschile”, in parte per affrontare gli stereotipi ristretti solitamente attribuiti all’arte contemporanea africana. Questa diversità di approccio, memoria culturale ed emotiva e medium presenta una sorta di “manifesto” per una Nigeria nuova o immaginaria.

L’idea è di comprendere il postcoloniale e contemporaneamente andare oltre. La colonialità non è la conversazione dominante, l’immaginario lo è. Questa è la chiave per la liberazione; attraverso l’immaginario, guardiamo indietro e esploriamo strade non percorse, storie alternative e futuri ancora da realizzare.»

Fatimah Tuggar, Light Cream Pods (Excerpt), 2024

Considerando l’importanza della Biennale di Venezia come piattaforma internazionale per l’arte, quale ruolo cruciale gioca l’arte nel mettere in discussione e ridefinire le identità culturali e nazionali? Come speri che le opere esposte in “Nigeria Imaginary” contribuiscano a una comprensione più profonda e sfumata della cultura nigeriana, e quali riflessioni o risposte più profonde speri che i visitatori portino con sé?

«Il ruolo, a mio avviso, è quello di mettere in discussione. La nazionalità è costantemente in evoluzione. Presentando opere di artisti con molteplici punti di interazione con il loro paese d’origine, viene mostrata la vastità multifaccettata e la complessità. La storia della Nigeria è prioritaria e si infiltra nell’esperienza contemporanea e globale per immaginare nuovi futuri. Spero che le persone portino con sé la consapevolezza che c’è molto di più nella storia della Nigeria e del mondo di quanto ci sia stato raccontato. Che l’immaginario vive nel passato e nel futuro, e che l’arte è la memoria emotiva e il catalizzatore per sognare per il mondo.»

Aindrea Emelife
Precious Okoyomon, Pre-Sky Emit Light Yes Like That, 2024
Installation Shot of Toyin Ojih Odutola’s Work

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