24 ottobre 2019

Torino Art Week: Recontemporary è il nuovo spazio della video arte

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Tra gli appuntamenti dell’Art Week, un salto da Recontemporary, il nuovo spazio di Torino dedicato interamente alla video arte. Ce ne parla la fondatrice, Iole Pellion di Persano

A Torino mancava uno spazio culturale interamente dedicato alla video arte: ci ha pensato Iole Pellion di Persano con l’innovativo Recontemporary, uno spazio da lei stessa definito di «incontro tra appassionati ma non solo e di avvicinamento all’immagine in movimento nel mondo dell’arte». Uno spazio in continua evoluzione, che seguirà lo stile e l’arte degli artisti ospiti. La necessità di avere un “Club della Video Arte” a qualche passo proprio dalla Mole Antonelliana che ospita il Museo del Cinema, nasce dal legame sempre più profondo che abbiamo con la comunicazione immediata dei video. Non propriamente una galleria ma un’associazione e un luogo di incontro (e di confronto) che a primavera del 2020 si arricchirà di un basement, collocato nelle ex-cantine sottostanti il palazzo di via Gaudenzio Ferrari, dove saranno ospitate performance e mostre in un cornice che trasuda storia e mistero.

Figlia d’arte – suo padre gestisce la storica galleria Persano di Torino – Iole ha ideato questo progetto inizialmente come un blog, con cui, attraverso video interviste a personaggi del calibro di Achille Bonito Oliva, Michelangelo Pistoletto, Juliao Sarmento, racconta l’arte contemporanea. «Le interviste – spiega Iole – sono state realizzate per raccontare i protagonisti, in modo intimo, come in una conversazione informale. Volevo così presentare le persone che rendono questo mondo dell’arte incredibile. Il video quindi mi accompagna sin da subito, ora con questo spazio è diventato soggetto. Gli interessi restano tuttavia gli stessi, porre l’attenzione verso un linguaggio completo».

Di preciso cosa deve comunicare la video arte oggi?

Iole Pellion di Persano «L’opera d’arte deve trasmettere qualcosa, non deve solo essere estetica ma anche suscitare emozioni, una riflessione. Ad esempio l’opera in mostra con cui abbiamo inaugurato lo spazio, fa riflettere, parla di diseguaglianza e di egocentrismo di una societa che si sta perdendo. Va letta su più piani, si rifà allo scritto di Esiodo e ha tanti livelli di interpretazione».

Ecco, soffermiamoci sull’opera video in tre atti del collettivo spagnolo Democracia con cui avete inaugurato lo spazio, in mostra fino al 26 ottobre: ORDER. Act. I Eat the Rich-Kill the poor, esattamente chi sono i ricchi e chi i poveri? 

IPP «I ricchi in questo caso sono coloro che hanno il controllo della società, chi ha il potere di caplestare gli altri, i poveri sono appunto gli altri – precisa Iole -. Sono quella classe che sopravvive che vive la vita per sopravvivere al servizio di questi pochi ricchi. È un lavoro fatto sugli estremi, ovviamente. Direi che è un lavoro incentrato più sulla differenza tra il potente e il debole più che il ricco e il povero».

Collettivo Democracia «I ricchi sono l’1% che accumula e gestisce l’82% della ricchezza mondiale, i poveri sono il 99% che condivide il rimanente 8%».

È stata girata in tre città Houston, Dublino e Londra, perché proprio questi tre luoghi?

IPP «All’inizio Order fu commissionato dallo Station Museum of Contemporary Art di Houston che ci chiese un progetto contro l’“Impero”. Houston è una città che rappresenta il potere economico legato all’energia ed è la capitale dell’Opera. Inoltre, è il cuore delle direttive della privatizzazione della salute, delle politiche sulle armi libere, delle tradizionali sedi del Partito Repubblicano e delle corporazioni multinazionali come la Halliburton. è anche una zona di confine che chiaramente visualizza le direttive sull’immigrazione. Per quanto riguarda Dublino, Tallaght è una storica zona della classe operaia cattolica che oggi subisce un processo di gentrificazione dovuto all’insediamento delle sedi di diverse compagnie multinazionali che disegnano il nuovo ordine di economia globale come Google, Apple, Amazon…e che cercano dei benefit sulle tasse. In qualche modo, The Square, il centro commerciale, è la cattedrale del consumismo, dove questi due mondi si incontrano. Infine, Londra rappresenta il potere finanziario europeo e più nello specifico The Penthouse Suite al The Dorchester, di proprietà del Sultano del Brunei, è un tradizionale punto di ritrovo dei membri del Partito Conservatore inglese e dell’elite dell’Alta Società. È anche il luogo dove molti dei trattati sull’energia che affliggono il pianeta sono stati firmati».

L’opera dovrebbe essere una denuncia verso i grandi disequilibri che governano la nostra società. Nel primo atto si vede una donna dell’alta società che canta attraverso un’altoparlante e passa davanti a un gruppo di manifestanti del Huey P. Newton Gun Club, un club di armi da fuoco dedicato al fondatore del movimento rivoluzionario delle Pantere Nere che rivendicano il possesso personale di armi come difesa ai tanti casi di aggressione della polizia contro le comunità nere afro-americane. Nel secondo atto invece alcuni bambini comunicano la loro indignazione all’interno di un grande shopping center, ma le persone non sembrano turbate e non si distraggono dai loro acquisti. Infine, nell’ultimo atto il confronto diretto potremmo dire tra la società benestante e le persone del ceto medio-basso che inneggiano al caos come strumento per riportare a un equilibrio tra la popolazione. Indubbiamente sono immagini potenti, ma come dovrebbero raggiungere il pubblico? qual è il messaggio? in quale misura il caos è un bene e quando l’ordine smette di esserlo? 

IPP «Si vede come questi due mondi facciano parte di un’unica realtà. Tuttavia si stanno separando senza comunicazione. Sono due schieramenti di fatto violenti. Tutti siamo sempre più divorati dal consumismo, un vortice che ci consuma, ci fa diventare l’uno nemico e dell’altro, mentre quello che dovremmo fare è comunicare di più».

CD «Il messaggio è messo in parole da Lisa al termine dell’Act III: It’s Time to Stop. Il caos, il crollo della normalità, in un mondo sempre più controllato e repressivo, appare come una promessa di emancipazione, un luogo in cui costruire la propria casa».

Dopo il gruppo Democracia, sarà la volta dell’arista francese Camille Llobet, la cui opera sarà ospitata da Recontemporary a Torino dall’1 al 26 novembre.

Camille Llobet

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