Traffic Gallery, a Bergamo, è una galleria intraprendente, coraggiosa e curiosa. Situata all’inizio di via San Tomaso, la strada che ci accompagna all’Accademia Carrara e alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, con le sue due grandi finestre su strada e i suoi spazi binari, svolge da diversi anni un’attività di scouting e in parallelo di cura e accompagnamento di artisti più consolidati. Traffic opera secondo una linea autonoma di scelte che hanno trovato nel tempo un affinamento direzionale oltre che progettuale. Attenta alle collaborazioni, con uno sguardo sensibile alle diverse pratiche del contemporaneo, la galleria si muove su binari a volte inquieti e provocanti, altre volte su percorsi più sedimentati e pacati, ma sempre con l’entusiasmo quasi curatoriale che contraddistingue progetti, allestimenti, produzioni e relazioni.
In questa direzione il consolidamento delle sue relazioni con artisti che oggi si muovono su piattaforme nazionale ed europee e con altri, più giovani, che trovano nella galleria l’opportunità di misurazioni calibrate e accurate.
È questo secondo il caso della recente mostra “Tre: Three Rooms’ Exhibition“, a cura di Milena Becci, con le opere degli artisti Vincenzo Marsiglia, Carolina Corno e Diego Dutto, per la prima volta esposti in galleria. Una mostra aperta a fine settembre e purtroppo chiusa in anticipo per il secondo lockdown, ma che è ancora in gran parte visibile dalle grandi vetrine, dalle piattaforme digitali e che speriamo possa essere prorogata nel tempo della prossima (e speriamo vicina) ri-apertura delle attività culturali.
“Tre” è un progetto che si compone di 3 piccole mostre personali che sono a loro volta l’esito della vincita del Premio Traffic Gallery assegnato in occasione di Arteam Cup 2019 a Sanremo. Nella Project Room l’installazione site specific di Vincenzo Marsiglia (1972) dal titolo Be Reflected che, composta da specchi, fili e luce di wood, ci immerge in uno spazio variabile notturno e diurno. Accanto opere più piccole e preziose nelle quali le ricerche dell’artista (come la stella a quattro punte) trovano materiali e forme diverse nelle quali incidersi o svilupparsi con precisione. Nella Sala Principale le opere della giovane artista milanese Carolina Corno (1991) che, con determinazione da mantra e da saturazione semantica, scrive e incide il suo nome su carta, legno, sassi, plexiglass, rame e pelle. Sculture e superfici che ci ricordano gestualità essenziali e ripetitive tanto remote quanto vicine. Nella terza sala l’artista torinese Diego Dutto (1975) che, con il progetto Skeleton apre un interessante dialogo tra scultura e disegno, tra materia e immaginazione. A partire dalla memoria archeologia di ossa e reperti l’artista compone a pavimento una grande scultura, composto da moduli e ricoperta da superfici plastiche che ne variano la visibilità e riconoscibilità. A queste si collegano inediti disegni a matita tratti dalla serie scultura disegnata.
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