Aperta da inizio febbraio, la mostra collettiva “LNDSCP / New means for landscape”, curata da Gabriele Salvaterra, è un progetto itinerante che, partito dalla Paolo Maria Deanesi Gallery di Trento, si è spostato all’Area35 Art Gallery di Milano – dove attualmente è in esposizione – per poi concludere il suo viaggio alla CRAG Gallery di Torino. Il comune denominatore dell’esposizione è il paesaggio che non è più solo la raffigurazione del mondo che ci circonda, ma vuole anche rappresentare l’interiorità e le dinamiche delle soggettività. La mostra muta e si adatta ai diversi contesti espositivi e vede il confronto di artisti quali Oscar I. Contreras Rojas, Pietro Geranzani, Christian Macketanz, Andrea Mangione, Giacomo Modolo e Giovanni Pasini. Gli artisti, ognuno in maniera differente a seconda della propria poetica, vengono coinvolti nell’interiorizzazione del paesaggio che muta in un autoritratto, ottenendo così propositi e linguaggi visivi nuovi. La mostra è visitabile fino al 24 luglio 2021 nella sua ultima tappa torinese ed è documentata da un unico catalogo. Abbiamo raggiunto il creatore e curatore del progetto, Gabriele Salvaterra, per farci raccontare di più.
Ci racconti la genesi del progetto espositivo?
«Il progetto “LNDSCP / New means for landscape” è nato per cercare di dare forma a una sensazione o ad un approccio che riscontro con sempre maggior presenza nell’attività degli artisti, giovani e meno giovani, ovvero, l’interesse costante per il dato naturale, per un’idea, spesso personale e declinata in modo inaspettato, di paesaggio. Trovo affascinante vedere come in tempi sempre più tecnologici e legati all’urbanizzazione la natura rappresenti ancora un referente importante nella ricerca degli artisti contemporanei. La mostra è stata dunque un piccolo inventario, inevitabilmente parziale, delle possibili modalità con cui gli operatori creativi dell’oggi possono affrontare e digerire tutto quanto è esterno alla loro persona: mondo, natura, universo.
L’indagine si è quindi condensata attorno al genere storico del paesaggio nel quale si gioca più che in ogni altro una negoziazione tra un io interiore ed un ambiente esteriore. Ciò che ne risulta e che mi interessava particolarmente è che queste aspirazioni si sostanziano spesso in un paesaggismo che, paradossalmente, non parla più di ambiente tradizionalmente inteso ma che diventa pretesto per investigazioni puramente linguistiche e concettuali.
Così un Pietro Geranzani si serve di questa forma per affondare nelle referenze della storia e delle culture ancestrali o per giocare a densi cut and paste in cui dato naturale e fittizio si mescolano. Giacomo Modolo e Giovanni Pasini trasformano lo stimolo di partenza in pittura astratta, il primo legato alle periferie industriali marginali del Veneto, il secondo proiettato verso una dimensione ancora universale e neo-sublime della natura. Andrea Mangione crea invece paesaggi seduto davanti allo schermo del proprio computer attraverso i mezzi web oggi alla portata di tutti per spostarsi senza muoversi in tutto il mondo. Per Oscar I. Contreras Rojas e Christian Macketanz il genere paesaggistico è letto attraverso la lente della storia dell’arte con il riferimento, per il primo, alla grande pittura dal Cinquecento in avanti, resa astratta e senza più soggetto, e per il secondo guardando all’arte decorativa francese del XVIII secolo in una sorta di soffuso e malinconico nuovo Rococò».
Da Trento passando per Milano e, infine, a Torino. Come mai la scelta di creare una mostra itinerante?
«Spesso gli sforzi, l’impegno e il tempo profusi per un progetto o per qualsiasi attività sono incredibilmente più grandi degli effetti o dei frutti che poi si raccolgono. In parole povere si passa molto tempo a progettare mostre per vederne poi gli esiti limitati ad aperture anche di poche settimane. L’idea dell’itineranza è venuta a Elisabetta Chiono di CRAG Gallery (Torino) la quale mi ha spinto affinché proponessi un progetto che avesse un respiro più ampio, cercando una continuità tra diversi centri. Così abbiamo coinvolto Paolo Maria Deanesi Gallery (Trento) e Area 35 Art Gallery (Milano) che hanno risposto con entusiasmo. Ogni galleria ha messo a disposizione la “sua scuderia” all’interno della quale ho selezionato due artisti per ciascuna, sei in tutto.
La mostra, pur coinvolgendo gli stessi autori nelle diverse sedi, vede una rotazione di opere e un riadattamento del dispositivo-mostra nei diversi spazi, così ogni città può percepire una nuova declinazione del concept originale. Dopo la mostra trentina invernale, ora si sta concludendo la venue milanese e il 24 giugno aprirà quella torinese, appunto da CRAG Gallery».
Progetti futuri?
«La graduale uscita dall’emergenza Covid – che comunque perdura – ha creato una specie di effetto imbuto per cui molti sono gli impegni di queste settimane e dei prossimi mesi. Il 22 maggio ha aperto “Evolving SETTINGS”, personale di Elisa Grezzani al Palais Mamming di Merano (BZ) e in varie sedi della città, con presentazione critica mia e di Letizia Ragaglia. Il 5 giugno apre da Traffic Gallery di Bergamo una personale “duplice” di Ettore Pinelli a cura mia e di Milena Becci.
In estate curerò l’apparato critico di una personale della scultrice Christine Runggaldier a Ortisei (BZ), mentre a fine agosto ci sarà la doppia personale “Candide Caduche” con Giulietta Gheller e Valentina Biasetti allo spazio BACS di Leffe (BG). Infine, a settembre inaugurerà alla Kunsthalle West di Lana (BZ) una mostra lungamente rimandata a causa del Covid dal titolo “There’s a world going on underground”. Nel progetto da me curato saranno presenti Cecilia Borettaz, Renato Calaj, Massimiliano Fabbri, Igor Molin, Nicola Samorì, Thomas Scalco, Alberto Scodro e Mattia Zoppellaro. C’è sicuramente molta carne al fuoco!».
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