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Il racconto di Tuwaiq Sculpture 2023, festival di scultura nella capitale dell’Arabia Saudita
Arte contemporanea
Nell’orizzonte monocromo di Durrat Riyadh, nel distretto Banban (circa 37 km a nord della capitale saudita), la forma regolare del recinto contiene le opere di 30 scultori internazionali selezionati per la quarta edizione di Tuwaiq Sculpture. Questa manifestazione artistica, che nel nome dichiara il suo omaggio alla catena montuosa che attraversa la zona centrale dell’Arabia Saudita, organizzata nell’ambito di Riyadh Art (il direttore esecutivo è l’architetto Khalid Al-Hazani) e curata da Marek Wolynski, è il risultato del simposio a cui, tra gennaio e febbraio, hanno partecipato artiste e artisti provenienti da latitudini e longitudini diverse, tra cui otto sauditi, selezionati tra le 650 candidature pervenute.
Ripetuto come un mantra nei video e nei pannelli informativi, il messaggio «see art in action» contiene di per sé il riferimento sia alla fase di realizzazione delle opere in situ che alla loro esposizione a Durrat Riyadh (in attesa che trovino una collocazione permanente nell’area urbana di Riyadh, all’interno di un parco di sculture o in altri spazi idonei), nonché a tutte quelle attività parallele di approfondimento della conoscenza di quest’arte tridimensionale, destinate ad un pubblico eterogeneo con visite guidate, workshop e panel che proseguono fino al 10 febbraio 2023. Tuwaiq Sculpture è un’operazione culturale fortemente voluta e sostenuta dal governo saudita attraverso la Royal Commission for Riyadh City, all’interno dell’ambizioso quadro strategico Vision 2030 di diversificazione del sistema economico con un’attenzione all’incremento di infrastrutture, cultura, turismo, istruzione e sanità. Uno degli obiettivi è quello di trasformare la capitale in una «open air gallery», con appuntamenti annuali in parte già consolidati, tra cui Noor Ryadh (l’edizione 2022 includeva la mostra From Spark to Spirit nel Ryadh Art Hub all’interno del JAX District, curata da Neville Wakefield con Gaida AlMogren, ancora visibile fino al 3 marzo) e altri in programma come Art in Transit (opere di arte contemporanea nelle stazioni della metro e dei bus), Art on the Move e Garden City.
Per Tuwaiq Sculpture 2023, un’edizione particolarmente attesa dopo la pausa forzata della pandemia, ogni artista ha declinato in maniera originale il tema «Energy of Harmony» (l’energia dell’armonia) richiesto dal bando pubblico. Memori anche della lezione di Henry Moore che sosteneva che «non puoi capire se non sei emotivamente coinvolto», le artiste e gli artisti hanno dato libero sfogo alle proprie emozioni sfidando il materiale a loro disposizione. Per la prima volta dall’edizione inaugurale del 2019, quest’anno si è trattato esclusivamente di pietra locale, arenaria e granito: in particolare, in Arabia il granito ha una gamma di sfumature che vanno dal grigio al marrone e in base alla lavorazione acquisisce toni opachi o brillanti. Una prova non da poco considerando la caratteristica della durezza di questa pietra, specie se paragonata al marmo materiale solitamente utilizzato da molti di loro. Nella sua ricerca di energia dell’armonia, l’inglese Rob Good che vive in Italia, tra Barga e Pietrasanta, è tornato ad ispirarsi alle nuvole realizzando l’opera Rain Stones dal convincente effetto scenografico con le tre superfici piatte disposte in maniera prospettica.
Come scrive Italo Calvino, «nella forma che il caso e il vento danno alle nuvole, l’uomo è già intento a riconoscere figure: un veliero, una mano, un elefante.» Soprattutto in mancanza di rappresentazione della figura umana, come per le sculture di Tuwaiq Sculpture 2023, la componente simbolica è essenziale. È così anche in Lockdown window dell’italiano Marino Di Prospero, dove il senso di dinamismo è affidato alla duplice tensione fisica e concettuale, enfatizzata dalla presenza della finestra nel suo significato di apertura verso l’ignoto. Diversamente da Di Prospero, il giapponese Tatsumi Sakai scolpisce Door of Water, una porta d’acqua in cui la ricerca dell’armonia della natura sta proprio nel considerare l’acqua nella sua valenza vitale ma anche come fonte di distruzione, con riferimento allo tsunami che ha colpito il suo paese l’11 marzo 2011. Tra incastri di geometrie, linee squadrate e superfici ondulate, l’artista marocchina Ikram Kabbaj traduce in pietra l’intangibilità dell’anima (The waves of the soul), mentre la saudita Rajaa Alshafae guarda alle radici degli alberi come esempio di comunicazione per la collettività (Let’s blossom together).
Se poi il cinese Qian Sihua in Harmony in Diversity cerca la soggettività della percezione citando Su Shi (conosciuto anche come Su Dongpo), governatore durante la dinastia Song nonché poeta e pittore-calligrafo tra i più noti della sua epoca, l’artista rumena Ana Maria Negară in The Gate of Light incide totalmente le superfici di due blocchi di pietra, separati per lasciar passare la luce, con scritte cufiche che riportano proprio un versetto del Corano sulla luce e concependo questo lavoro come ideale prosecuzione di Not just eternity, but infinity (2021) un’altra scultura da lei realizzata a Ryiadh. Quanto a Vision della saudita Noha Alsharif, richiama certamente alla memoria le “maiastre” di Brancusi per la stilizzazione con cui è rappresentata questa creatura ibrida con la testa di uccello (in Arabia quello più simbolico è il falco, ma anche il piccione che vola sui luoghi sacri dell’Islam conosciuto come “al-Haram pigeon”) e il corpo dalle morbidità femminili. Una figura che sembra arrivare dal passato per lanciarsi, finalmente, in un futuro aperto alle possibilità.