9 min e 25 secondi. Un doppio suono proveniente dalle casse, disposte ai due lati della vasta sala al piano terra del Museo Madre, si propaga alternandosi al silenzio. Il suono, o meglio, i suoni, sono stati registrati dopo un periodo di ricerche e studio in quello che è il sito più visitato d’Italia e che da sempre attira artisti da tutto il mondo per il suo fascino. Nei giorni scorsi è stato presentato al museo d’arte contemporanea di Napoli Body Double, l’opera sonora dell’artista Anri Sala (Tirana, 1974), che inaugura Pompeii Commitment. Materie archeologiche – Digital Fellowship, progetto ideato nel 2020 da Massimo Osanna e da Andrea Viliani con la supervisione di Gabriel Zuchtriegel. Si tratta del primo programma d’arte contemporanea a lungo termine istituito dal Parco Archeologico di Pompei che, attraverso le Digital Fellowship, consente a partecipanti internazionali di svolgere, per un periodo di alcuni mesi, una ricerca artistica e curatoriale sulle numerose risorse di studio che il Parco offre.
L’opera, prodotta grazie al sostegno di Gianfranco D’Amato in soli 300 esemplari, si presenta nella forma di un vinile trasparente in due parti – Side A e Side A Too – pubblicate su pompeiicommitment.org l’1 settembre e il 6 ottobre 2022, il tutto protetto da una raffinata cover disegnata dall’artista.
Nella sua ricerca, Anri Sala mette in relazione linguaggio, suono e musica intrecciando storie intime con i temi di una società che muta. Per Body Double ha voluto mettere in relazione reperti trovati a Pompei in anni recenti con altri riferibili a scavi effettuati nei secoli passati. Il risultato è un disco in edizione limitata, ascoltato per la prima volta al Museo Madre, in presenza dell’artista che, insieme al team curatoriale di Pompeii Commitment, ha raccontato l’evoluzione del progetto. «L’archeologia come strumento per comprendere il presente», ha introdotto la Direttrice del Madre Eva Fabbris che ha sottolineato, insieme alla Presidente della Fondazione Donnaregina, Angela Tecce, l’importanza della ricerca condivisa.
Dopo Pompei@Madre, Andrea Viliani, co-curatore di Pompeii Commitment che ha fatto anche le veci del direttore Gabriel Zuchtriegel, ha ricordato con le parole di Chateaubriand – «I pompeiani se ne sono andati da 15 minuti» – come il sito di Pompei, meta dei gran tour narrati da Goethe, sia con i suoi 2000 anni un luogo che fa cultura contemporanea.
Il progetto nasce con la percezione di guardare al suono, che non ha una profondità, una materialità, proprio come i numerosi vuoti presenti nel sito che hanno poi trovato una forma grazie alla tecnica scoperta da Giuseppe Fiorelli nell’Ottocento, che prevedeva di far colare del gesso liquido nei calchi.
Anri Sala in dialogo con Marcella Beccaria, curatrice ospite del progetto, ha raccontato come è stato ispirato dalla recente scoperta, nel 2020, dei due calchi che si toccano a Civita Giuliana: «Si tratta di due individui di sesso maschile, forse un padrone e uno schiavo, che danno una fotografia complessa dell’epoca. La pelle di quella che era la società. Mi ha colpito il fatto che si toccano, simile e doppio, li ho interpretati come due polmoni. Due vittime, probabilmente, della seconda eruzione»
L’artista si è interrogato con tutto il team scientifico di ricerca sulle sfide incontrate nel progetto, per interpretare la Teoria del terzo suono. Quant’aria c’è in queste cavità? Quanto tempo ci vuole per emettere quest’aria? 9 minuti e 25 secondi. Vale a dire, circa 90 litri d’acqua per riempire i due calchi.
Per immaginare un oggetto materico legato al fiato e quindi creare una nuova materia archeologica, simile a due polmoni, è stato ricreato, grazie a uno scanner 3D, un antico strumento a fiato, a doppia canna, che suonava due tonalità simili ma non uguali. «Siamo riusciti a individuare uno strumento musicale – continua l’artista – l’aulos o tibia, un unico strumento a due canne, antico e complesso, che produceva un tipo di musica, melodia e armonia»
È stato chiesto allo studioso Stefan Hagel di suonare tutti i toni che poteva, due respiri per ogni vittima, in sincronia e non, sforzo che ha richiesto la pratica della tecnica del respiro circolare, in modo da poter emettere i suoni senza fermarsi. Una performance di respiro ideale tra i due corpi, due polmoni che danno vita a un terzo suono che non esiste ma che il nostro orecchio assimila, immaginando, forse, quell’ultimo suono espirato dai corpi prima della fine. Il risultato è una composizione, un’opera d’arte sonora in cui confluiscono all’unisono passato e presente.
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