10 settembre 2021

Un titolo tira l’altro: 80 artisti in conversazione alla fondazione KBH.G di Basilea

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Admir Jahic e Comenius Roethlisberger hanno invitato 80 artisti a dialogare attraverso i titoli delle canzoni e ne è nata una mostra: ce ne parla Raphael Suter, direttore della fondazione KBH.G di Basilea

Installation view, MUSIC – A Conversation Through Song Titles, Kulturstiftung Basel H. Geiger, 2021 Photo: Kulturstiftung Basel H. Geiger | KBH.G

Quante cose si possono dire attraverso i titoli delle canzoni? Quali sentimenti, sensazioni, idee, suggestioni riescono a esprimere quelle poche, conosciutissime, cantate parole? Che potranno essere più o meno intonate e che, per ognuno, assumeranno una sfumatura diversa. Sono tante infatti le forme in cui è sfociato il dialogo che Admir Jahic e Comenius Roethlisberger hanno intessuto con altri 80 artisti di tutto il mondo, proprio a partire dai titoli delle canzoni. “A Conversation Through Song Titles” è il titolo della nuova mostra presentata dalla Kulturstiftung Basel H. Geiger – KBH.G, fondazione istituita nel 2018, a Basilea, dalla mecenate Sibylle Piermattei-Geiger.

Admir Jahic & Comenius Roethlisberger, 2021 Photo: Kulturstiftung Basel H. Geiger | KBH.G

Le prime conversazioni risalgono già nel 2017, quando il duo di artisti svizzeri iniziò a scrivere il titolo di una canzone su un foglio e proseguendo quindi con altri titoli, come in un dialogo immaginario, dadaista, enigmatico e anche un po’ enigmistico, simile a certi giochi di associazione di parole e pensieri. Assecondando la declinazione relazionale e anche un po’ ludica dell’operazione, Jahic e Roethlisberger hanno quindi coinvolto nel processo anche altri artisti, che hanno risposto a mano. Ne è nata una sorta di enciclopedia calligrafica d’artista composta da più di 80 conversazioni raccolte in un libro che, insieme a 15 installazioni al neon, sono in esposizione nella sede della KBH.G, nel centro di Basilea, vicino al Reno.

Tra gli artisti partecipanti, giovanissimi e nomi influenti, come Albert Oehlen, Judith Bernstein, Alicja Kwade, Richard Deacon, Jeppe Hein, Superflex, Ryan Gander, Roger Ballen, Pedro Reyes, Claudia Comte, Subodh Gupta, Erwin Wurm, Jonathan Monk, Silvia Bächli, Tobias Rehberger e Gregor Hildebrandt. Volendo concentrarsi solo sul proprio lavoro, lo studio di Gerhard Richter ha rifiutato di partecipare ma ha inviato una nota amichevole con gli auguri per il progetto.

Della mostra e delle attività della Fondazione ce ne parla Raphael Suter, direttore della KBH.G.

Portrait of Raphael Suter Director Kulturstiftung Basel H. Geiger | KBH.G, 2019

Istituita nel 2018, per volontà della compianta artista e filantropa Sibylle Piermattei-Geiger, insieme al marito Rocco Piermattei, la Kulturstiftung Basel H. Geiger | KBH.G persegue un obiettivo ambizioso: dialogare con il già ricco contesto espositivo di Basilea, proponendo una serie diversificata di progetti. Può parlarci meglio della mission della Fondazione, del suo rapporto con la città di Basilea e del suo posizionamento nei confronti del sistema dell’arte internazionale?

​​«Con la sua fondazione, Sibylle Piermattei-Geiger ha voluto consentire il miglior accesso possibile alla cultura. Per lei era quindi importante che le mostre fossero gratuite e che al pubblico interessato fosse fornito un catalogo che approfondisse il tema della mostra. La fondazione è consapevole che non è facile fondare una nuova istituzione nella città culturale di Basilea. Ecco perché la Kulturstiftung Basel H. Geiger è alla ricerca di nicchie che non siano in concorrenza con le istituzioni culturali esistenti».

La vostra prima mostra, “One month after being known in that island”, risale proprio al 2020 e già prevedeva un ricco public program di incontri e talk, che avete poi riproposto anche nelle esibizioni successive. In tempi di grandi cambiamenti, con le grandi fiere in difficoltà, le gallerie in cerca di nuove strategie di sviluppo e i musei diventati difficilmente accessibili al pubblico, come vi siete adattati a questa nuova realtà?

«Come piccola e flessibile fondazione culturale, soprattutto, finanziariamente indipendente, possiamo reagire rapidamente alle condizioni attuali nel mondo dell’arte. Allo stesso tempo, non vogliamo nuotare nel flusso con gli altri, ma piuttosto realizzare progetti che non sono possibili in altre istituzioni. A causa della pandemia, abbiamo dovuto chiudere la mostra con i poster originali di Pablo Picasso dopo soli dieci giorni. Un anno dopo, tuttavia, possiamo aprirla nuovamente senza problemi».

La pandemia ha svelato la fragilità di molti settori produttivi, compreso quello dell’arte contemporanea. Attraverso quali modalità una Fondazione può continuare a proporre i suoi progetti? Quali sono i vostri piani per il futuro? Che clima si respira nel sistema dell’arte svizzero, a pochi giorni da Art Basel?

«Art Basel è molto importante per la città di Basilea. Ma si svolge solo per una settimana e riflette solo una certa parte del mondo dell’arte. Dopo la cancellazione di Art Basel lo scorso anno, alcuni attori principali hanno lanciato il “Kunsttage Basel” per dimostrare che la scena culturale di Basilea non dipende dalla fiera d’arte. Il “Kunsttage Basel” si è svolto per la seconda volta questo giugno e dovrebbe ora svolgersi ogni autunno. La nostra fondazione sostiene molto questa iniziativa perché deriva davvero dalla scena artistica. È anche un modello per come musei, gallerie e altre istituzioni possono lavorare insieme in futuro».

“Music – A Conversation Through Song Titles” è il titolo dell’ultimo progetto in apertura, realizzato dal duo Admir Jahic e Comenius Roethlisberger. Una mostra sinestetica, più che multimediale, che propone 80 conversazioni tra artisti, sul tema della musica. Può raccontarci cosa vedremo/leggeremo/ascolteremo?

«Il duo di artisti Admir Jahic e Comenius Roethlisberger lavora da anni in modo non convenzionale e al di fuori del consueto circolo dell’arte. Con il loro progetto di libro “Ricette d’artista” i due hanno iniziato un insolito dialogo con artisti di tutto il mondo sulle ricette di cucina. Ora stanno continuando questa conversazione nella sede della Fondazione, e in modo sorprendente. Non voglio rivelare troppo qui, perché la grande sala principale della Fondazione diventerà Gesamtkunstwerk da scoprire in persona».

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