Da non perdere a Milano, nelle prestigiose sale delle Gallerie d’Italia, (dinamico e vivace braccio culturale di Banca Intesa Sanpaolo) fino al 22 ottobre 2023, uno stimolante percorso di ampio respiro a cura di Luca Massimo Barbero, che offre una chiara sintesi delle spinte artistiche italiane e internazionali dal primo Novecento al Postmoderno. Le opere in mostra sono oltre 70, alcune solitamente non esposte e facenti parte delle più recenti acquisizioni del cospicuo patrimonio artistico di Intesa Sanpaolo tra cui la Collezione Luigi e Peppino Agrati, in dialogo con l’esposizione permanente Cantiere del ‘900, fornendo così la possibilità di compiere un intrigante viaggio cronologico nel secolo scorso con approfondimenti e valorizzazione di movimenti, temi e autori.
Una finestra inaspettata, dunque, che disvela un florilegio di sorprese sul variegato Novecento con un incipit incantevole la cui seduzione è esaltata dalla maestosità del salone: come non subire il bianco magnetismo della marmorea e monumentale Femme Paysage (opera proveniente dalla collezione Henraux e poi confluita nella ricca raccolta di sculture di Intesa Sanpaolo), astrazione organica tra il naturalistico e l’astratto, insieme donna e paesaggio, ricavata nel 1966 da Jean Hans Arp in un grande blocco di marmo di Carrara. Intorno, disposte a cerchio nove magniloquenti sculture in gesso – quasi nuvole che si spezzano e si ricompongono – di Bruno De Toffoli, formatosi a Venezia alla scuola di Arturo Martini nonché vicino a Lucio Fontana e tra i firmatari di uno dei Manifesti sullo Spazialismo.
Dopo i grandi italiani Arturo Martini con La Pisana dolcemente sensuale, Marino Marini con la Pomona dalla sensualità primigenia e Giacomo Manzù con il solenne Grande Cardinale Seduto, risultano altrettanto entusiasmanti la sala dedicata al corpus fittile di Fausto Melotti con le sue ascetiche Korai e quella che testimonia l’articolato percorso di Lucio Fontana, scultore di terracotta e ceramica e fondatore dello Spazialismo, con opere di grande effetto quale Concetto spaziale. Attese.
Dalla scultura internazionale con Fernand Léger alla monocromia nell’arte contemporanea dei primi anni Sessanta con Sol LeWitt, che con Complex form trasforma lo spazio della sala in architettura, e Robert Ryman, con Winsor 20, armonicamente confrontati con gli italiani Piero Manzoni, Enrico Castellani, Alberto Burri e Toti Scialoja. Le due ultime sezioni ricostruiscono il periodo dell’immediato dopoguerra, quando a Roma opera fino al 1951 un gruppo di artisti – aggregatisi intorno all’unico numero della rivista Forma 1 (pubblicata nel 1947) – che si oppongono con intuizioni astratte al ritorno del realismo: nasce una nuova arte italiana grazie a Carla Accardi, Pietro Consagra, Antonio Sanfilippo e Giulio Turcato ciascuno dei quali svilupperà esiti artistici diversi.
Ed è nel corridoio in cui si conclude questo singolare percorso con protagonisti di un’arte sempre più minimale come Bice Lazzari, Mario Nigro e Roman Opalka – facendo da trait d’union con il “Cantiere del ‘900” – che si staglia Abstraktes Bild di Gerhard Richter del 1984, splendida ed elegante astrazione (recentemente acquisita da Banca Intesa), punto d’arrivo di un percorso da vedere e rivedere.
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