“PROVA”, la mostra di Adrian Paci a cura di Adam Budak alla Galleria Nazionale di Arte di Tirana è una delle mostre più significative visitate negli ultimi anni. I motivi, diversi fra loro e alcuni dei quali autonomi dall’interesse specifico per il lavoro dell’artista, concorrono insieme alla realizzazione di un progetto espositivo che, senza esercizi di stile o il ricorso ad effetti speciali, aggiunge senso ad un’esperienza conoscitiva tra essenzialità, inquietudine e scoperta.
Lo spazio della Galleria Nazionale, spoglio e lineare per struttura e bellezza, raggiunge nella semplicità dell’allestimento una funzionalità in grado di restituire la singola fruibilità delle opere ma anche colpi d’occhio e interazioni di fulminea relazione. La calibrata selezione delle opere disposte sui due piani della galleria (dipinti, disegni, fotografie, sculture, installazioni e video) garantisce al visitatore tessiture autonome di senso, mai sostituite da attrattivi pannelli didascalici. In contemporanea, l’alternarsi del buio e della luce che giocano con il suono negli spazi aperti della Galleria, espande la percezione e la sensibilità del visitatore in una lunga narrazione di cui, a partire dall’ingresso, si percepisce lo svelarsi di condizioni e il disvelarsi di poetiche. Infine e soprattutto la specifica scelta delle opere, esempio straordinario di curatela lontana dalle logiche antologiche o retrospettive, che ricostruisce la pratica e il percorso di Paci dall’interno della sua ricerca, prima di possibili assonanze visuali o referenziali. Senza infatti eludere la presenza di opere cardine (come la scultura Home to Go, 2001, l’installazione video The Last Gestures, 2009 o il video The Column, 2013) la selezione arriva alle opere più recenti attraverso interruzioni che fanno capire come “l’intera produzione artistica di Paci è da considerarsi un’anatomia del desiderio politico: dal tema dello sradicamento e dell’esilio, passando per i rituali che sanciscono l’appartenenza e l’identificazione, fino ai processi che conducono all’autodeterminazione e all’emancipazione” (dal testo di Adam Budak).
È così che Adrian Paci, l’artista nato nel 1969 a Scutari, che emigra in Italia nel 1997 lasciando un’Albania devastata dalle difficoltà politiche ed economiche, torna a Tirana da vincitore con un progetto quieto e solenne, esente da quello che potrebbe essere il meritato protagonismo di un’artista che torna “a casa” dopo che, in poco più di venti anni e a partire dalla condizione di emigrante, ha partecipato e partecipa a manifestazioni d’arte e mostre personali internazionali.
Centro di questo progetto espositivo è l’opera video Prova (2019), anche titolo della mostra, che risuona in tutti gli spazi della Galleria riempiendo anche i nostri occhi: un gruppo di uomini, gli stessi che avevano partecipato al video Turn On nel 2004, sono ripresi nottetempo dall’artista in uno spazio urbano all’apparenza abbandonato. Tra momenti di azione e di riposo, questa volta non più illuminati dalle luci dei generatori di Turn On ma davanti a microfoni e strumenti di amplificazione, le loro voci si apprestano a ripetere solamente quella che diviene una non- parola che è, appunto, “prova”. Rappresentazione di una condizione di attesa, di uno spazio e di un tempo che precede ciò che non conosciamo e forse non conosceremo, alla condizione di compassata inquietudine l’opera somma la restituzione del tema dell’origine attraverso l’analisi dei volti, segnati dal tempo e dalla vita, dei suoi soggetti. Solo apparentemente anonimi, la videocamera accarezza le loro facce soffermandosi sulle espressioni, sugli occhi e sulle asperità di volti dentro i quali la parola “prova” trova infinita risonanza.
Accanto a questo, molti altri lavori che caratterizzano la mostra, in termini personali oltre che storici e sociali, come progetto site specific per la sede di Tirana, capitale dell’Albania. Tra questi una pittura rarefatta e metaforica, la presentazione dello straordinario video Interregnum (realizzato nel 2017 dopo lunghi anni di raccolta di materiali d’archivio, il lavoro racconta la morte dei grandi leader del XX secolo esclusivamente attraverso i volti e i corpi delle persone che, in ordinate code retoriche e propagandistiche quanto disperate, ne omaggiano la sparizione) o l’opera video Per Speculum del 2008 dove la metafora dell’infanzia e della bellezza si frantuma nella rappresentazione della sua stessa rappresentazione. Punto d’arrivo è forse la sala dove, al video A Real Game del 1999 – racconto della vita fatto dalla giovanissima figlia dell’artista – si contrappongono le pagine dei primi quaderni di Adrian Paci. Qui l’apprendimento della scrittura e del linguaggio rivela il passaggio obbligato dai primi segni lineari ai dettati di propaganda politica (Bukurshkrimi, 2019).
Adrian Paci, PROVA
A cura di Adrian Budak
Galleria Nazionale d’Arte, Tirana, Albania
20 settembre – 1 dicembre 2019
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